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Dell'errare navigando

di Elisabetta "Elenwen" Biondi 

Il Marinaio per definizione è una figura raminga, emblema della fatica e della sfida umana nei confronti del mistero e delle avversità, legata alla realtà dal tenue miraggio di un porto sicuro. Ed è proprio quest'accezione metaforica a giustificare l'appellativo del protagonista, Erfëa, paladino di Númenor: Uomo assediato dalla marea degli eventi, in un'epoca tumultuosa e scarsamente descritta dal suo stesso creatore, J. R. R. Tolkien. Gli scenari, gli eventi e i personaggi, nati dalla penna dell'esordiente Domenico Francesco Antonio Elia, si inseriscono infatti senza attriti nel solco appena abbozzato della storia della Terra di Mezzo nel volume nella Seconda Era: seguiamo così l'intero arco della vita di Erfea, come in un romanzo del realismo francese di fine '800, dalla nascita nel palazzo paterno a Númenor fino alla morte, ormai agli albori della Terza Era.

L'affresco che ne esce è senza dubbio affascinante: il protagonista, viaggiando per tutta la Terra di Mezzo, vedrà infatti il suo cammino incrociarsi con quello di molti personaggi più o meno noti al lettore dell'opera tolkieniana: Ereinion Gil–Galad, Galadriel, Elrond Mezzelfo, gli ultimi re di Númenor, Elendil, Anárion e Isildur, i Naugrim di Moria, gli Uomini del Nord e molti altri. 

Tempi torbidi, si diceva: dalla guerra civile dei tempi di Tar–Palantír, passando per l'usurpazione del nipote Pharazôn, l'ascesa di Sauron, l'Atalantë fino all'inizio dei Regni in Esilio: tempi di lotte intestine, guerre sanguinose, gesta eroiche e grandi uomini, primi fra tutti i signori di Andúnië, ultimo baluardo contro la follia e l'Oscurità.

Erfëa, principe di Hyarrostar, è annoverato tra questi “uomini magni”: nulla tuttavia gli sarà regalato, ogni briciola di valore sarà conquistata a caro prezzo. Come si può intuire dal suo stesso nome e appellativo, non è un vincente, o uno spensierato ottimista. Lotta, sconta amaramente la fede nei propri ideali, spesso rimane inascoltato e vede perire la propria terra e gli esseri a lui più cari: eppure non cede alle tempeste, ricordando il passato e imparando dai propri errori.

Riguardo allo stile, palesi sono i riferimenti alle opere della classicità, supportati anche da una lingua ricercata e preziosa, in controtendenza rispetto alle semplificazioni sempre più ricorrenti nel parlare e scrivere contemporaneo, uno stile perfino ostico per un lettore non particolarmente preparato. Pur penalizzando a volte un immediato coinvolgimento emotivo, questa scelta è in definitiva coerente con l'elevato livello di dialoghi (molto numerosi e complessi) ed argomenti.

A differenza dell'opera tolkieniana per eccellenza, Il Signore degli Anelli, dal fondo della storia di Erfëa emergono infatti messaggi precisi che vanno direttamente al cuore del lettore: la necessità di sviluppare una coscienza critica nei confronti della realtà con cui ognuno di noi deve fare i conti giorno per giorno, l'importanza dello studio, dell'ascolto e dell'onestà, prima di tutto con sé stessi; in sostanza, un forte richiamo per un cambiamento, non inculcato dall'alto ma che parte dal profondo dell'individuo, per la realizzazione di un fine che trascende egoismi spiccioli e fazioni frantumate e miopi.

Indice
Intervista
Prefazione
 
 
           
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