a Custodia è il segno distintivo dei Sovrintendenti di Gondor.
Sono guardiani, custodi, depositari di una fiducia antica riposta
in loro da una dinastia regale che, alla fine della terza Era, non
esisteva più. I Sovrintendenti Regnanti di Gondor sono un
curioso esempio di come l’autorità combinata alla tradizione
possa produrre una sottile ironia nel potere e nella posizione.
La parola elfica per Sovrintendente è Arandur, “servo
del Re”. Il nome implica che i Sovrintendenti hanno cominciato
la loro carriera come qualcosa di meno di funzionari di governo.
Forse erano i servitori personali dei primi re di Gondor. Ad un
certo punto durante la storia di Gondor, gli Aranduri potrebbero
aver assunto speciali incarichi che portarono ad un’ascesa
in status ed autorità. Alla fine, vennero a succedere all’autorità
regale, benché non si sostituissero alla Casata di Elendil
nel governo formale di Gondor.
Alcuni hanno notato un parallelo fra la storia di Gondor e quella
della Francia alto-medievale. I Major-Domo delle prime
dinastie Franche alla fine si sostituirono ai re ed assunsero autorità
regale. Carlo Martello, rinomato come il Major-Domo che
sconfisse i mori nel sud della Francia, fondò una nuova dinastia.
Ma il problema nel paragonare i Major-Domo Franchi ai Sovrintendenti
Regnanti di Tolkien è che la loro storia fornisce un modello
Franco. Tolkien non amava molto la Francia, né il francese.
In effetti, pochi dei titoli o dei nomi importanti del Signore
degli Anelli derivano da parole francesi.
Per esempio, il termine Major-Domo si traduce in genere
come “maggiordomo, maestro di palazzo” dagli storici
che discutono sulla dinastia Pipinide (alcuni credono che Carlo
Martello discendesse da Pipino di Landen, che divenne il maggiordomo
a Metz sotto re Clotario II di Neustria). I Major-Domo
Franchi erano sotto certi aspetti simili ai Sovrintendenti di Tolkien,
in quanto governavano le nazioni Franche in nome dei loro re, ma
i Major-Domo alla fine divennero essi stessi re. Erano
uomini potenti che controllavano denaro, eserciti, e nomine regali.
I re che nominavano i Major-Domo avevano ben poco potere
effettivo. Fu solo una questione di tempo prima che i Pipinidi rimpiazzassero
i discendenti di Clodoveo come signori dei Franchi.
Tolkien non usa nulla di simile a “maestro di palazzo”
o Major-Domo nella Terra di mezzo. Il Sindaco (Mayor) di
Pietraforata è forse l’unico esempio di carica il cui
titolo derivi dal francese. Il termine Steward (sovrintendente),
invece, è una buona e antica parola anglosassone che sta
per sty warden, il custode degli animali. Come uno stalliere
sia finito per diventare un importante funzionario reale (ed infine
Re di Scozia, come nella casata degli Stuart/Stewart) è un
interessante pezzo di storia.
La ragione dell’importanza degli Steward si pone
nell’architettura utilizzata dagli antichi popoli del Nord
Europa. Vivevano in lunghe costruzioni (questo avveniva migliaia
di anni fa) che alla fine si evolsero diventando i palazzi delle
leggende e dei poemi Norreni e germanici. H_orot, il palazzo d’oro
di Hrothgar, Re di Danimarca (nel poema Beowulf) è
un tipico, per quanto idealizzato, palazzo nordico. Il custode del
palazzo doveva essere il più importante servitore del signore,
quello che badava agli animali e si occupava degli affari del padrone
in sua assenza.
Il custode del palazzo e quello della stalla erano virtualmente
la stessa persona, visto che gli animali in genere erano tenuti
all’interno delle case. Col crescere del potere dei capitribù
nordici che divennero re dei primi popoli anglosassoni d’Inghilterra,
i loro guardiani della stalla assunsero incarichi più importanti.
Alla fine, gli Steward erano importanti per i re anglosassoni
quanto i Major-Domo per i re Franchi. Ma i re anglosassoni
riuscirono a mantenere il loro potere.
Walter Fitz-Alan, cavaliere normanno, fondò il clan Stewart
che alla fine salì al trono di Scozia. Servì Re Davide
I di Scozia nelle guerre contro i Vichinghi. Il bisnipote di Walter,
Alexander, divenne Lord High Steward (Stewart) di Scozia. Sir John
Stewart, un discendente, sposò Marjory, unica figlia di Robert
Bruce. Loro figlio divenne Roberto II, Re di Scozia, e gli Stewart
Re di scozia ed Inghilterra discesero da lui.
Quindi, una delle prime apparenti ironie salta fuori dal fatto che
la scelta di Tolkien per il titolo dei governanti “provvisori”
di Gondor, cioè Steward, deriva dal cognome anglosassone
di una famiglia scoto-normanna. I Normanni furono i responsabili
della distruzione dell’antica nobiltà inglese, oltre
che della soppressione della letteratura e lingua Anglosassone che
Tolkien tanto amava.
Nonostante tutti gli esempi storici, Tolkien chiaramente voleva
che i suoi Sovrintendenti stessero al loro posto. Non erano destinati
a prendere il trono di Gondor, sebbene almeno un membro della famiglia
avesse aspirazioni regali. Boromir, figlio maggiore di Denethor
II, chiese una volta al padre quanto tempo dovesse passare perché
un Sovrintendente diventasse Re. “Pochi anni, forse, in luoghi
ove la regalità è di rango inferiore, ” rispose
Denethor. “A Gondor non basterebbero diecimila anni.”
Il commento sembra una frecciata ai Pipinidi, che soppiantarono
i legittimi eredi di Clodoveo come Re dei Franchi.
Boromir ovviamente scalpitava per i limiti che la tradizione (e
la legge) gli imponevano. Crescendo, poteva solo aspettarsi di diventare
il fedele Sovrintendente di una dinastia regale da tempo estinta.
Indubbiamente sentiva che la sua famiglia stava sprecando il proprio
tempo, nell’attesa dell’impossibile ritorno di un re
che non poteva più esistere. Di contro, i Pipinidi scalpitavano
sotto il dominio dei deboli re Merovingi (Meroveo era il nonno di
Clodoveo, e da lui prese nome la dinastia). I Merovingi ad un certo
punto tentarono di diminuire i poteri dei loro Major-Domo,
ed alla fine i Major-Domo semplicemente se ne liberarono.
I Sovrintendenti di Tolkien quindi si mostrarono più affidabili
dei Major-Domo Franchi.
Quando Boromir raggiunse la maturità, divenne il servo del
padre. Sappiamo dalla sua testimonianza a Gramburrone e dai commenti
di Faramir e Denethor che Boromir era un capitano di Gondor. Tolkien
usa la parola Captain (un termine francese derivato
dal latino) in vari modi nel Signore degli Anelli. Gli
unici titoli specifici attribuiti a Boromir sono Alto Guardiano
della Torre Bianca e Capitano Generale (di tutte le forze di Gondor).
“Capitano Generale” è un titolo effettivo della
monarchia Britannica, e denota lo status del monarca come Comandante
in capo.
Benché possa sembrare imprudente o perfino ipocrita per i
Sovrintendenti l’assumere un tale titolo, in “The
Peoples of Middle Earth” si dice che “gli Húrinionath
non erano discendenti in linea diretta di Elendil, [ma] erano in
ogni caso di origine regale”. Boromir, quindi, era un discendente
di Elendil, un fatto non segnalato nel Signore degli Anelli.
La discendenza da Elendil potrebbe aver provocato le ambizioni di
Boromir, ma potrebbe pure essere stata la base della gelosia di
Denethor per Aragorn, che in gioventù aveva conosciuto come
Thorongil. In ogni caso, necessitando Gondor di un comandante in
capo, l’incarico ed il titolo furono presi dai Sovrintendenti
(e presumibilmente conferiti ai figli o ai nipoti destinati ad assumere
la sovrintendenza più avanti negli anni).
Húrin di Emyn Arnen era il Sovrintendente di Minardil, Re
di Gondor dal 1621 al 1634. Minardil morì in battaglia a
Pelargir, combattendo contro i corsari di Umbar (comandati dai suoi
cugini Angamaitë e Sangahyando). Minardil distava venti generazioni
da Meneldil, figlio di Anárion. Non ci sono indicazioni nei
testi pubblicati sul punto in cui il ramo della famiglia di Húrin
da Emyn Arnen si separò dal tronco genealogico dei Re. Lui
stesso poteva essere figlio di una principessa di sangue.
Una possibile antenata di Húrin potrebbe essere la figlia
di Eldacar, il Re di Gondor mezzo dúnadan/mezzo nordico che
fu scacciato dal trono per dieci anni da Castamir l’usurpatore.
Il figlio maggiore di Eldacar, Ornendil, fu ucciso durante la lotta
fratricida, e ad Eldacar successe il figlio minore Aldamir. Ma Aldamir
era il terzogenito di Eldacar. Minardil era nipote di Aldamir, quindi
Húrin di Emyn Arnen potrebbe essere stato il pronipote di
Aldamir e cugino in secondo grado di Minardil. Húrin non
poteva essere un parente più stretto di Minardil, e forse
il grado di parentela era ancora più lontano.
La discendenza da Eldacar avrebbe impedito ai Sovrintendenti di
vantare una linea di sangue più pura dei re. Comunque il
sangue non è importante per Tolkien quanto per molti dei
suoi personaggi più meschini. In altre parole, la lotta fratricida
fu combattuta da Gondoriani che credevano che la casata reale dovesse
conservarsi pura, contro altri Gondoriani che credevano che il mescolare
il sangue reale con altre stirpi di uomini non avrebbe prodotto
danno. Quindi non è necessario per Tolkien mostrarci da chi
discendessero i Sovrintendenti. Tuttavia, Eldacar rimane, a mio
giudizio, il miglior candidato come loro prossimo antenato regale.
Come minimo, è l’unico re di cui si dica o si implichi
l’esistenza di una figlia (in “gli eredi di Elendil”,
un capitolo di Peoples of Middle-Earth che fornisce molte
più informazioni sulle case regnanti di Gondor rispetto al
Signore degli Anelli).
Il punto di vista di Boromir sarebbe stato formato, almeno in parte,
dall’esperienza storica della sua famiglia. Mentre i re discendevano
solo dalla linea maschile della casata di Anárion, i Sovrintendenti
erano più liberali nella scelta. Almeno un Sovrintendente
discendeva da linea femminile. Denethor I (2435-77) era figlio di
Rían, sorella di Dior (2412-35), il nono Sovrintendente Regnante.
Se non c’era bisogno di discendere dalla linea maschile per
essere Sovrintendente Regnante, perché non potevano essere
re? A quanto pare Boromir sentiva che gli Húrinionath si
erano guadagnati il posto sul trono, e in ogni caso non è
che non discendessero da Elendil.
La risposta di Denethor II al figlio può apparire sgarbata
e poco avveduta. “Taci, figliolo, e comportati come hanno
sempre fatto i tuoi antenati”. Ma i Sovrintendenti si erano
effettivamente eliminati dalla successione. Era facoltà del
Consiglio di Gondor promulgare nuove leggi, non abolire quelle antiche.
Nell’anno 1944, Re Ondoher ed entrambi i suoi figli caddero
in battaglia contro i Carrieri. Nessuno dei figli lasciava eredi
maschi. Gondor si trovava in un bel pasticcio, poiché in
quel periodo la casata reale era caduta vittima dei propri sospetti.
Gli uomini di sangue puro della casata reale o avevano abbandonato
la propria eredità e preso moglie fuori della comunità
Númenoreana, oppure, avendo attirato la gelosia dei re, erano
scappati ad Umbar.
Arvedui, principe di Arnor, aveva sposato Fíriel, figlia
di Ondoher, nel 1940. Reclamò il trono di Gondor in nome
di Fíriel, ma il Consiglio, guidato dal Sovrintendente Pelendur,
rifiutò la rivendicazione. Volevano solo un principe discendente
in linea maschile da Anárion. Nemmeno il figlio di Arvedui,
Aranarth, sarebbe stato accettabile, sebbene fosse figlio di Fíriel
e discendente di Anárion. Escludendo gli eredi di Isildur
dal diritto al trono, Peledur di fatto escludeva anche se stesso
ed i suoi eredi come pretendenti. Mille anni dopo, il discendente
di Pelendur Boromir, figlio di Denethor II, avrebbe chiesto perché
non era destinato ad essere Re di Gondor. La risposta era che Pelendur
aveva reso impossibile alla propria famiglia di ascendere al trono.
Pelendur aveva però almeno un buon candidato rimasto della
linea di Anárion. Eärnil II, che aveva condotto l’esercito
meridionale di Gondor alla vittoria contro i Carrieri, reclamò
il trono nel 1945. Era di sangue puro quanto poteva esserlo qualsiasi
discendente di Eldacar. Come capitano vittorioso, era molto popolare
e quindi ben accetto dal popolo. Sfortunatamente, Eärnur figlio
di Eärnil non prese mai moglie. Quando scomparve nel 2050,
Gondor rimase senza più pretendenti al trono accettabili.
I Sovrintendenti venivano quindi lasciati in uno stato particolare.
Eärnur non aveva lasciato istruzioni sul da farsi nel caso
non fosse tornato. Mardil Voronwë governò in suo nome
per anni, e benché il Consiglio probabilmente abbia discusso
su come scegliere un nuovo re, il timore di un'altra guerra civile
impedì loro di scegliere un nuovo monarca. Tecnicamente,
non c’è motivo di credere che la linea di Anárion
si sia davvero estinta con Eärnur. Ci saranno stati uomini
discendenti dal ramo maschile i cui antenati avevano sposato donne
provenienti da famiglie non númenoreane. Ma i loro antenati
avevano abbandonato la propria eredità, ed i tradizionalisti
Gondoriani non avrebbero permesso a queste famiglie di ripudiare
le decisioni dei padri.
La base di questo ferreo attaccamento alla tradizione deve trovarsi
nelle scelte fatte da Elrond ed Elros all’inizio della Seconda
Era. Quando Elros decise di essere mortale, legò i suoi discendenti
a questa scelta per sempre, anche se alcuni di loro più tardi
avrebbero preferito essere Elfi. I Númenoreani Fedeli che
fondarono Arnor e Gondor desideravano giovinezza eterna ed immortalità,
ma accettavano la scelta di Elros (in effetti, la maggior parte
di loro non discendeva da Elros, ma i loro capi sì). I Fedeli
si sarebbero dunque portati dietro la convinzione che le scelte
dei padri si trasmettessero a tutti i discendenti. Quindi, in ambito
di legge, il destino di una famiglia era deciso dalla generazione
corrente. Alle generazioni non ancora nate non erano concesse scappatoie.
Questa era la verità che Boromir dovette affrontare, quando
suo padre gli fece notare che non era regale abbastanza per essere
re. Non che fosse considerato un uomo meno degno, sia per sangue
sia per azioni. Piuttosto, un antenato di Boromir aveva fatto una
scelta che condizionava tutte le future generazioni della famiglia.
Boromir potrebbe essersi rammaricato di quella scelta. In una lettera,
Tolkien si riferisce a Boromir come al “fratello autoritario”
di Faramir. L’autoritarismo di Boromir si rivela in numerosi
passaggi del testo. Per esempio, quando la Compagnia dell’Anello
è intrappolata fra le nevi sul Caradhras, è Boromir
a prendere l’iniziativa e a decidere che lui ed Aragorn praticheranno
un sentiero per gli altri attraverso la neve. Quando gli hobbit
disperano di poter seguire la stessa strada, Boromir decide che
lui ed Aragorn li porteranno in spalla.
Riafferma il suo ruolo quando la Compagnia è fuori del cancello
occidentale di Moria. Quando appare chiaro che Gandalf non ha idea
di come entrare a Moria, Boromir ordina a Sam di non mandare ancora
via Bill il pony. Aragorn tace in entrambe le occasioni. Perché?
Sembra che Boromir fosse un uomo dal forte carattere, forse un individuo
molto carismatico. La sua gente lo amava, compreso il severo padre,
il fratello studioso, ed i coraggiosi soldati che prestavano servizio
in guerra sotto di lui. Aragorn pare che rispettasse l’opinione
di Boromir quanto basta per non litigarci. Forse lo stesso Aragorn
era leggermente intimidito da Boromir, che dopotutto era l’erede
del governante di Gondor. Aragorn era il legittimo Re, ma il suo
diritto non era stato riconosciuto da Gondor. Boromir a volte appare
un po’ tirannico, ma probabilmente stava solo mostrando chi
era: un capo, che prende decisioni veloci e ragionevoli (nei limiti
della propria esperienza). A volte dava dei consigli certamente
giusti. Per esempio, fu Boromir a suggerire alla Compagnia dell’Anello
di portare fascine di legna su per la montagna.
Da parte sua, Aragorn si affidava all’autorità di Gandalf
fintantoché questi viaggiava con la Compagnia. Ma forse stava
anche cercando di guadagnarsi la fiducia di Boromir. Questi era
nella posizione di spingere il popolo di Gondor in favore alla rivendicazione
del trono da parte di Aragorn, ma perché avrebbe dovuto farlo?
Quando Frodo disse a Faramir (nell’Ithilien) che Boromir era
soddisfatto dalle affermazioni di Aragorn, Faramir fece notare che
Boromir ed Aragorn non erano ancora divenuti rivali nelle guerre
di Gondor. Aragorn doveva farsi amico Boromir. Aveva bisogno che
Boromir si fidasse di lui, almeno fino al punto di non fare obiezioni,
quando Aragorn avesse affermato il suo diritto. Nel caso che Boromir
lo avesse denunciato dopo aver raggiunto Minas Tirith, le cose per
Aragorn non si sarebbero messe bene.
Ma Boromir, da parte sua, aveva accettato la compagnia di Aragorn
durante il viaggio. Per di più, aveva riconosciuto il dovere
di permettere ad Aragorn di presentare la sua istanza a Gondor.
Dopo che Elrond aveva presentato a Boromir Aragorn, questi aveva
chiesto subito: “Vuoi che la Casa di Elendil ritorni alla
terra di Gondor?”. Boromir aveva immediatamente negato una
simile richiesta: “Non fui mandato ad implorare dei doni,
” aveva risposto, “bensì a scoprire il significato
di un enigma.” Nondimeno, aveva rapidamente aggiunto: “Eppure
le pressioni sono forti, e la Spada di Elendil sarebbe un aiuto
insperato … se tale oggetto potesse effettivamente emergere
dalle ombre del passato.”
La concessione di Boromir è quantomeno riluttante. Non sta
dicendo “Sì, sei l’erede di Elendil, vieni pure
a reclamare il trono.” Piuttosto dice “Il trono aspetta
il ritorno di un vero re, come ha sempre fatto da mille anni.”
Boromir ancora non crede che Aragorn sia davvero l’erede di
Elendil. Sa che Elrond è un antico signore fra gli Elfi,
ma le sue parole non possono suonare abbastanza veritiere ad un
uomo la cui famiglia ha aspettato il ritorno di un re come una mera
formalità per così tanti secoli.
L’opinione di Boromir su Aragorn cresce leggermente durante
il resto del Consiglio. Aragorn parla per sé, ed i dettagli
del viaggio da Brea a Gramburrone vengono discussi a lungo. Alla
fine, Boromir suggerisce di utilizzare l’Anello contro Sauron,
ma Elrond respinge l’idea, e sia questi che Gandalf rifiutano
nettamente di prendere l’Anello. Dopo un simile rimprovero,
Boromir è mortificato. Non si limita a chinare educatamente
la testa, quando dice “Sia dunque così. A Gondor dovremo
quindi affidarci alle armi che già abbiamo.” Piuttosto,
la sua umiltà gli permette di confessare, “quantunque
io non chieda aiuto, ne abbiamo bisogno.”
Boromir è abbastanza onesto da riconoscere le sue debolezze.
Un buon comandante deve saperlo fare. Quindi le parole di Faramir,
molti mesi dopo, quando scopre che Boromir ha cercato di prendere
l’Anello a Frodo, rivelano un’osservazione particolarmente
amara: “Ahimé, povero Boromir! Fu una dura prova!”
Ma perché la prova è stata troppo dura per Boromir,
e non per Faramir? Da parte sua, Faramir ammette che la sua stessa
promessa l’ha fortificato: “Le rare volte che ci vantiamo,
facciamo di tutto per dare una dimostrazione, o moriamo nel tentativo,”
ricorda a Frodo e Sam. “Io non m’impadronirei di
quell’oggetto, anche se lo trovassi lungo la strada,
dissi qualche tempo fa.” Boromir non aveva fatto una simile
promessa. Sarebbe stato meglio per lui se l’avesse fatta.
Ma in verità, la prova di Boromir non era stata facile come
per Faramir. Questi era stato in effetti tentato dall’Anello,
una volta scoperto che questo era in sua presenza. Faramir ebbe
un breve momento di intensa reazione alla scoperta, poi superò
la prova e proseguì. Ma per Boromir la prova non durò
tanto poco. Espresse un immediato interesse ad usare l’Anello
al consiglio di Elrond, e sebbene fosse rimproverato, non rinunciò
a tale desiderio. “Sia dunque così” non è
la stessa cosa che “Non ho il coraggio di prendere l’Anello
per nasconderlo. Non voglio prendere l’Anello per adoperarlo,”
che è ciò che dice Elrond. “Nemmeno io”
gli fa eco Gandalf, anche se lui aveva già rifiutato l’Anello
a casa Baggins.
Anche Aragorn aveva già rifiutato di prendere l’Anello.
“Se fossi alla caccia dell’Anello, lo potrei avere…
e subito!” aveva dichiarato al Puledro Impennato,
mentre cercava di persuadere Frodo ad accettare la sua compagnia.
Era seguito un breve momento in cui Aragorn alzandosi aveva spaventato
gli hobbit col suo aspetto severo e imponente. Come quando altre
persone maneggiavano l’Anello, o ne erano tentate, una luce
gli lampeggiava negli occhi. Ma il momento era passato ed Aragorn
aveva affermato di essere chi diceva di essere, ed aveva giurato
di salvare Frodo.
Quando Boromir dice “Sia dunque così” in risposta
ad Elrond, non sta rinunciando all’Anello o ad ogni pretesa
a riguardo. Né si pone in diretta opposizione al potere ed
al fine dell’Anello. Piuttosto, si lascia aperta l’opzione,
e questo si dimostra un errore fatale. Ma è il tipo di errore
che ci si aspetterebbe da un maestro di tattica. Boromir è
abituato a pensare al modo di vincere le battaglie, e di persuadere
gli altri a seguire i suoi voleri. La sua esperienza nel trattare
i conflitti indubbiamente comprende il lavoro col consiglio di suo
padre. “Sia dunque così” è una risposta
sicura e senza impegno. Tradisce Boromir perché questi non
capisce con cosa sta trattando.
E Boromir non va biasimato per questo. L’Anello per lui rappresenta
un’opportunità, e Boromir guarda a queste, non ai rischi.
È un ottimista che non permette a sé stesso di lasciarsi
intrappolare. Pianifica in anticipo e reagisce rapidamente ai pericoli.
Non solo Boromir consiglia la Compagnia di portare altra legna sul
Caradhras, ma cambia immediatamente idea riguardo all’entrare
dentro Moria, quando la Compagnia dell’Anello si rende conto
che i Lupi li stanno braccando nell’Eregion. Boromir non è
semplicemente un ottimista, è pragmatico. Non solo crede
che per ogni problema esista una soluzione, è disposto a
tutto pur di finire l’opera. Qualunque cosa funzioni, fintantoché
serve a completare il lavoro, per lui va bene.
E se c’è una cosa che l’Anello del potere può
fare, è fornire ad un comandante un buon margine di vittoria
in guerra. Boromir non ambisce a governare il mondo o a conquistare
altre terre. Vuol solo trovare il modo di sconfiggere Sauron. L’Anello
sembra essere un mezzo che può dare a lui ( o ad un altro)
tale vittoria. È difficile credere che la vittoria giungerebbe
ad un tale costo che nessuno la vorrebbe. In effetti, per Boromir
è impossibile credere ad una cosa simile. Nulla nella sua
esperienza gli permette di accettare l’idea che certe vittorie
non andrebbero cercate.
La sapienza di Boromir è saldamente radicata nel senso comune
del popolo di Gondor. È pratico, non meditativo. Le soluzioni
si presentano da sole a Boromir. Non è lui a cercarle. Quando
Boromir condivide alcune delle cose che ha appreso a Gondor, le
prende dalle conoscenze popolari, non da quelle esoteriche. Ad esempio,
quando Gandalf spiega che Isildur “dopo la guerra a Mordor,
non tornò immediatamente via, come è stato detto da
alcuni,” Boromir risponde: “Da alcuni qui al Nord. Tutti
a Gondor sanno che egli si recò prima a Minas Anor ove visse
qualche tempo col nipote Menedil, istruendolo prima di affidargli
il timone del regno del sud.”
E più tardi, quando la Compagnia dell’Anello sta faticando
sul Caradhras e la neve cade pesante, Boromir dice ad alta voce
“Non so se si tratta di un’ingegnosa trovata del Nemico.
Nel mio paese corre voce che sia in grado di comandare le tempeste
nelle Montagne d’Ombra che si ergono ai confini di Mordor.
Ha strani poteri, e molti alleati.” Nell’esprimere il
suo pensiero ai suoi compagni, Boromir indubbiamente parla per tutti
(o quasi). Ma rivela una conoscenza od una familiarità col
nemico, che è il segno di un buon comandante.
E tuttavia, la sapienza di Boromir ha i suoi limiti. Quando Celeborn
avvisa la compagnia di evitare la foresta di Fangorn, Boromir dice
“Corrono effettivamente strane voci su Fangorn da noi a Minas
Tirith. Ma a me sembrano piuttosto favole della nonna, come quelle
che narriamo ai nostri bambini.” Celeborn allora lo ammonisce:
“Non disprezzare i racconti tramandati per lunghi anni; potrebbe
darsi che le nonne rammentino alcune cose che in passato i saggi
era bene conoscessero.”
Boromir non sa che farsene delle favole della nonna. Necessita di
informazioni solide, credibili, su cui basare le sue decisioni di
capo. Il suo atteggiamento quindi appare ad alcuni arrogante. Ma
a modo suo è sincero, e persegue un fine che ritiene nobile
e degno. È il Capitano Generale dell’unica nazione
che si ponga fra Sauron ed il dominio completo della Terra di Mezzo
(o almeno così crede). È l’erede del Sovrintendente
regnante di Gondor, destinato a diventare un giorno lui stesso sovrintendente.
Valuta naturalmente ogni situazione e giunge alle sue conclusioni,
ed è abituato ad esprimere le sue opinioni ed a comandare.
Come dice Tolkien, è autoritario, ma perché è
stato cresciuto in tal modo.
Le pecche di Boromir riflettono quelle dei Sovrintendenti. Egli
legittima i loro valori. Anche Denethor è testardo e rapido
nel giudicare sia le persone che le situazioni in cui è coinvolto.
Piuttosto che aspettare una conferma alle sue conclusioni, per esempio,
dopo aver visto la flotta di navi che risalgono l’Anduin,
Denethor cede alla disperazione e si uccide. Denethor ha trasmesso
la sua natura risoluta e determinata al figlio maggiore. Ma ad un
certo punto durante la loro storia, i Sovrintendenti hanno perso
la loro vera saggezza. Non sono più maestri di conoscenza.
Fra gli elfi, i più rinomati studiosi sono re e principi.
Tolkien non lo dice esplicitamente, ma parrebbe che anche gli studiosi
númenoreani provenissero dalle fila di re e principi. I Sovrintendenti
sono quindi incaricati di preservare e comprendere le antiche nozioni
ereditate dai re. Ma non basta avere il controllo sull’antica
sapienza. Ci si deve assicurare che questa non resti affidata alle
cure di vecchie comari o, peggio, sepolta ad ammuffire in qualche
biblioteca dove sia dimenticata da tutti.
Come Boromir disprezza i racconti delle nonne, Denethor lascia nella
sua biblioteca delle pergamene mai lette finché Gandalf non
viene a cercarle. Pare che, quando Gandalf ritorna a Minas Tirith
con Pipino Tuc, Denethor abbia cominciato a mettere insieme gli
indizi che gli erano disponibili. Ha ponderato a lungo i versi che
hanno disturbato i sogni di entrambi i suoi figli e che hanno infine
portato alla morte di Boromir. Ha probabilmente decifrato la pergamena
di Isildur, per scoprire cosa cercava Gandalf. Ha compreso che il
suo vecchio rivale, Thorongil, era probabilmente l’Erede di
Isildur, capo dei dúnedain del nord. Così, Denethor
raggiunge infine la conoscenza, ma non la saggezza. Lo stesso vale
per Boromir.
Come Denethor si rende conto che Aragorn intende rivendicare il
trono di Gondor, e che Gandalf ha inviato a Mordor l’Unico
Anello, così Boromir alla fine capisce che la sua unica possibilità
di grandezza è compiere qualcosa che nemmeno Aragorn possa
fare. Mentre Boromir ed Aragorn viaggiano insieme, Boromir ha le
stesse opportunità di valutare Aragorn che questi ne ha di
valutare Boromir. Aragorn si fida del giudizio di Gandalf, ed è
rispettato dagli Elfi, che a Boromir devono apparire creature uscite
dalla favole della nonna. Aragorn aspetta e non si oppone ai comandi
immediati di Boromir, ma quando la vera guida della Compagnia è
messa momentaneamente in dubbio dalla perdita di Gandalf, Aragorn
dice immediatamente “Vi condurrò io, adesso.”
Non lascia a Boromir nessuna opportunità di affermarsi come
successore di Gandalf.
Non che Boromir esiti nel momento cruciale. Piuttosto, quello semplicemente
non è il suo momento. Ciò che interessa a Boromir
non è guidare la compagnia, ma tornare dal suo popolo. Boromir
spesso guarda avanti, ma trascura i compiti immediati che si trova
di fronte. È così preoccupato dai sogni che lui e
Faramir hanno avuto che mette da parte i suoi doveri a Gondor e
parte per un viaggio eroico alla ricerca del significato di un enigma.
Boromir ammette al Consiglio che la situazione di Gondor è
disperata. È già stato sconfitto in battaglia. Non
ha un piano per battere il nemico quando arriverà l’ultimo
assalto.
Però a Gondor piacciono i capitani vittoriosi. Può
darsi che il popolo si stringa attorno ad un capo che dica solo
“Abbiamo fatto del nostro meglio, e combatteremo con coraggio
sino alla fine.” Ma se arrivasse qualcun altro a parlare di
speranza e di sconfiggere Sauron, la carriera di Boromir avrebbe
termine. Specialmente se quel “qualcuno” dichiarasse
di essere il legittimo Re di Gondor. Simili preoccupazioni, benché
lontano da Gramburrone, dovevano essere ben chiare a Boromir. Durante
i mesi seguenti il consiglio di Elrond, i pensieri di Boromir devono
essere stati in conflitto. Da una parte, egli ha dei doveri verso
il proprio popolo. Dall’altra, il Consiglio ha deciso di abbattere
Sauron una volta per tutte. Se il piano avesse successo, tutta la
Terra di Mezzo sarebbe salvata. Ma Gondor potrebbe essere chiamata
a compiere un terribile sacrificio. E cosa farà Aragorn?
Può vantare un diritto al trono più legittimo della
Casa di Húrin.
Se Boromir utilizzasse l’Unico Anello contro Sauron, priverebbe
Aragorn della possibilità di guadagnarsi l’acclamazione
popolare. La decisione riguardante il ritorno della Casa di Elendil
verrebbe rinviata indefinitamente. Nonostante indubbiamente Boromir
nel suo cuore non stia perseguendo un simile piano, l’Anello
sembra offrirgli esattamente questo. La determinazione di Boromir
si sta indebolendo a Lothlórien, la notte prima che la Compagnia
dell’Anello dica addio agli Elfi. Boromir accenna che sarebbe
una follia gettar via l’Anello. Appare anche più admantino
nel tentativo di persuadere la Compagnia ad andare con lui a Minas
Tirith, benché tutti sappiano che Minas Tirith non si trova
sul percorso che l’Anello deve prendere.
È un’ambizione irrealistica, ed una falsa speranza.
Nondimeno, il tormento di sapere che il suo popolo è condannato
se la missione del Portatore fallisce, o se dura troppo a lungo,
deve essere frustrante per Boromir. Come ogni giorno si fa sempre
più evidente il fatto che nessuno è davvero abbastanza
potente da sfidare direttamente Sauron, la disperazione ogni giorno
logora la mente di Boromir. La disperazione conduce alla fine suo
padre a concludere che tutto è perduto, e che non c’è
più motivo di vivere. La disperazione porta Boromir a credere
di poter prendere l’Anello ed usarlo. Solo dopo aver fallito
la prova e non essere riuscito ad impossessarsi dell’Anello,
Boromir è infine libero dal tormento, e comprende che cosa
ha fatto.
In effetti, Boromir eredita il fardello di un migliaio di anni passati
ad aspettare un futuro che più nessuno credeva che sarebbe
mai giunto. I Sovrintendenti sono divenuti compiacenti della propria
situazione. Non aspettano più che salti fuori un pretendente
al trono. Ai loro occhi, Gondor è loro, ma non possono rivendicarla.
Generazioni di figli di Sovrintendenti devono aver fatto la stessa
domanda, ciclicamente: “Perché non siamo re, se siamo
noi a governare?” L’antico giuramento di servizio, in
cui si dice che il Sovrintendente si assume il governo del regno
“fino al ritorno del re”, improvvisamente suona reale
all’orecchio di Boromir. Ha il dovere di esaminare le affermazioni
di Aragorn, e di presentarle a Gondor, se appaiono legittime. Alla
fine, questo compito tocca a suo fratello Faramir, che succede a
Denethor come ultimo Sovrintendente Regnante di Gondor.
Faramir ha bisogno di tempo per riconciliarsi con le rivendicazioni
di Aragorn. Quando per la prima volta sente parlare di questi da
Sam e Frodo, è dubbioso. “Una tale pretesa dovrà
essere verificata, e saranno richieste chiare prove,” sottolinea,
prima che Gondor consideri la petizione di Aragorn. Da quel momento
in poi, finché non viene risvegliato dalla malattia da Aragorn,
Faramir non ha un’opportunità di incontrare e valutare
l’uomo che sarebbe stato re. E tuttavia, Faramir riconosce
immediatamente Aragorn appena si sveglia. Ha avuto certamente abbastanza
tempo per ponderare la storia di Frodo. In effetti, Faramir conosce
la storia di Gondor meglio di Boromir. Laddove Boromir casualmente
riporta ai suoi compagni ciò che la gente comune sa o crede
di sapere sul passato, Faramir dà a Sam e Frodo una concisa
lezione sulla storia di Gondor. Può darsi che Faramir abbia
avuto il tempo di pensare a Thorongil, il misterioso guerriero dúnadan
che aveva servito Ecthelion, suo nonno, per alcuni anni.
Quando Aragorn giunge a Minas Tirith, pare che tutti, tranne Denethor,
siano pronti e disposti a riconoscere le pretese di Aragorn. Il
Principe Imrahil, il cui feudo giace al di là dell’autorità
dei Sovrintendenti, si dichiara apertamente a favore di Aragorn.
E anche Faramir fa lo stesso. Anche Éomer, Re di Rohan, sostiene
la richiesta di Aragorn, benchè i Rohirrim non abbiano il
potere o l’autorità di intervenire negli affari di
Gondor. Il riconoscimento comunque aumenta la reputazione di Aragorn.
Ma l’unica prova certa che Aragorn fornisce sulla sua identità
può essere la sua spada, la stessa che Elendil aveva portato
e che si era infranta sotto di lui. Tutti gli altri legati ereditari
sono stati perduti, trattenuti, o dati via.
È necessario il riconoscimento da parte del Sovrintendente
percvhè Aragorn diventi Re di Gondor. Un Sovrintendente deve
giudicarlo e proclamarlo degno davanti al popolo di Gondor. Questo
sarebbe stato il compito di Boromir, e lui conosceva Aragorn molto
meglio di Faramir. Ma cosa avrebbe fatto Boromir? La domanda non
ha risposta. Boromir era in conflitto, e trovò pace solo
sacrificando la propria vita per gli altri. Era guidato dalla sua
ambizione, e fino ad un certo punto anche i suoi antenati erano
stati guidati da simili ambizioni.Quando Gandalf chiese a Denethor
come avrebbe voluto che andassero le cose, se avesse potuto deciderlo,
Denethor rispose: “Vorrei che ogni cosa tornasse ad essere
com’era durante tutta la mia vita, ed ai tempi dei miei avi:
essere il signore di questa Città e governare in pace, e
lasciare il mio seggio a mio figlio, padrone di se stesso e non
allievo di uno stregone.”
I Sovrintendenti non si vedevano come custodi. Erano signori e principi.
Anche Faramir la pensava così, quando incontrò Frodo
e Sam nell’Ithilien. Quando Frodo disse che solo Aragorn avrebbe
potuto reclamare per sé il Flagello di Isildur, sempre che
qualcuno avesse il diritto di farlo, Faramir chiese “Perché
lui e non Boromir, principe della Città fondata dai figli
di Elendil?” Poco dopo, quando Sam affronta infuriato Faramir
sul modo in cui interroga Frodo, Faramir risponde “Ho l’ordine
di uccidere chiunque si trovi in questo territorio senza il permesso
del Sire di Gondor.”
Per un migliaio di anni, il Sovrintendenti sono stati signori di
Gondor. Scoprire allimprovviso che un pretendente al trono sta arrivando
è un po’ snervante. E forse ci sono stati altri falsi
pretendenti al trono in passato. Il loro modo di vivere verrebbe
assolutamente ed irrevocabilmente cambiato qualore un nuovo re sedesse
sul trono. E cosa rimarrebbe ai Sovrintendenti dopo un simile evento?
Quando Faramir accoglie Aragorn nella processione ufficiale davanti
alla città di Minas Tirith, si dimette dall’incarico
di Sovrintendente. Tecnicamente, non esiste legge che imponga ad
Aragorn di riconfermare a Faramir il titolo. In effetti, non esiste
neppure una legge che imponga a Faramir di riconoscere Aragorn come
re. Come Aragorn altera leggermente la sua richiesta, definendosi
erede di Elendil piuttosto che di Isildur (visto che la rivendicazione
da parte degli Isildurioni era già stata respinta), così
Faramir evita di chiamare Aragorn Erede di Isildur. Nomina Isildur
nel lignaggio di Aragorn, ma lascia per ultimo il nome di Elendil.
Faramir avrebbe potuto facilmente dire “Bene, la Linea di
Isildur è già stata considerata e respinta. Gondor
non tornerà sulla questione.” Invece, accettò
l’asserzione che solo un Erede di Elendil potesse essere accettato
da Gondor. Ciò implicava che la rivendicazione di Aragorn
avrebbe riunito Gondor ed Arnor. La decisione di Faramir quindi
assicurava che il potere di Gondor si sarebbe esteso di molto a
nord.
Se i Sovrintendenti discendevano davvero da Anárion, allora
il riconoscimento di Aragorn da parte di Faramir fu l’ultimo
atto della famiglia. Aragorn discendeva infatti da Anárion
attraverso Fíriel moglie di Arvedui, ma le ultime vestigia
della Casata avevano cessato di esistere legalmente. Tutte le rivendicazioni
erano state abbandonate in favore della Casa di Elendil. A tutti
gli effetti, Faramir mise a tacere antichi conflitti che, come i
Morti di Dunclivo, avevano dovuto aspettare secoli per essere liberati
da un Erede di Isildur. Pose termine all’antica questione
della successione, e facendo questo onorò gli ultimi impegni
del suo ufficio. Il ruolo peculiare dei Sovrintendenti nella storia
di Gondor terminò in un modo molto più gradevole di
come era iniziato.
Se Tolkien avesse modellato davvero i suoi Sovrintendenti sui Pipinidi
storici, Faramir avrebbe respinto la rivendicazione di Aragorn,
e si sarebbe preso il trono per sé. Ma alla fine Gondor sarebbe
stata divisa fra i suoi discendenti, e l’antico reame che
era stato affidato alla sua famiglia non sarebbe più esistito.
Ovviamente questo è ciò che era in effetti avvenuto
ad Arnor. La Regalità era stata abbandonata ed il regno del
nord diviso in tre reami più piccoli. La risposta di Denethor
a suo figlio rigiardo ad “altri luoghi ove la regalità
è di rango inferiore” era quindi un sottile rimprovero
verso i re del nord che avevano abbandonato la loro eredità.
Ma sottolineava anche il fatto che, nonostante tutte le sue tribolazioni,
Gondor era sopravvissuta. Si era dimostrata degna del legittimo
re, se questi fosse tornato a reclamare il trono. E l’aveva
fatto sotto il governo dei Sovrintendenti. Erano fieramente rimasti
umili, trattenendo le lor ambizioni. E l’avevano fatto perché
erano Sovrintendenti, non aspiranti re.
Bibliografia
http://www.suite101.com/article.cfm/tolkien/92091