Sui Nani
di MorBrannon, adattamento e cura di Gianluca Comastri

nani furono creati da Aulë nell'oscurità della Terra di Mezzo, in un'aula sotto le montagne, poiché egli aveva un forte desiderio di insegnare la sua dottrina ad esseri diversi da sé stesso e non voleva aspettare il compimento del disegno di Ilùvatar; non proferì parola con nessuno dei Valar, ma Ilúvatar poté leggere nel suo intimo ciò che accadeva, ma attese finché Aulë non completò la sua opera: e cominciò a parlargli.

Eru lo rimproverò, facendogli capire che le sue creature sarebbero state influenzate solo dalla sua volontà, incapaci di intendere e di volere, e avrebbero fatto solo ciò che egli pensasse, restando in ozio quando la sua mente fosse stata lontana da tali pensieri.

Perciò, sentendosi Aulë triste e umiliato, confessò di aver creato i Nani per amarli ed addestrarli, e per far loro ammirare lo splendore di Eä; perché in Arda c'era posto a sufficienza per far vivere numerose creature.

Ma triste e sconsolato e per farsi perdonare della sua presunzione, Aulë offrì le sue creature a Eru. Allora prese un martello, lo levò in aria piangendo pronto a fare a pezzi il suo lavoro, ma Ilùvatar lo fermò, spinto da compassione dell'umiltà del figlio. E i Nani alla vista del martello si impaurirono rannicchiandosi e implorando pietà.

Così Ilùvatar, mostrando ad Aulë l'atto dei Nani, disse di aver accettato sin dal primo momento la sua opera; nei Nani infatti c'erano già la vita e la parola.

Aulë, felice, chiese la benedizione del suo lavoro.

Ma nonostante la felicità per quello che era successo, Ilùvatar parlò dicendo che l'impazienza del figlio non doveva essere premiata: decise allora che i Nani avrebbero vissuto nell'oscurità della roccia, e non sarebbero stati i primi abitanti di Arda.

Aulë non parlò a nessuno dei Valar di ciò che creava, nessuno tranne Yavanna, che rinfacciò ad Aulë la bontà di Eru, nel perdonare e premiare anziché punire.

Ma Yavanna non era pienamente d'accordo sui nani, poiché con le loro asce avrebbero abbattuto gli alberi, e avrebbero scavato nella terra, rovinando sì le sue creazioni.

Ma Aulë le fece presente che anche i figli di Ilùvatar avrebbero costruito e si sarebbero nutriti, ma ringraziando dei doni fatti.

Così Yavanna si recò al cospetto del signore di Arda, Manwë, e senza tradire il segreto di Aulë chiese se anche le sue opere sarebbero state rovinate dai figli di Ilùvatar, e che non avrebbero avuto una libertà. Manwë allora domandò quali opere, a lei care, avrebbe voluto salvare, ma egli sapeva che tutto ciò che ella creava avesse un'importanza: gli domandò allora che gli alberi potessero parlare e difendersi, ché quando Manwë e Ulmo crearono le nuvole e la pioggia, gli alberi cantavano ringraziamenti.

Così Manwë accolse la sua domanda e la espose ad Eru, il quale acconsentì, donando agli alberi la vita, e dando vita nei boschi ai Pastori degli alberi.

Yavanna tornò da Aulë a riferire che i Nani dovevano temere gli alberi, perché essi si sarebbero difesi se attaccati o in pericolo.

Ed Aulë rispose solo che nonostante ciò, i Nani avrebbero pur sempre avuto bisogno di legname.

I Nani: le loro caratteristiche

Aulë creò i nani in modo da consentir loro di resistere alle intemperie: forti, perché dovevano essere pronti a combattere duramente le schiere di Melkor: il loro corpo era duro come la roccia, più robusto di quello degli Elfi e degli Uomini.

Nella battaglia in cui i Nani affrontarono Glaurung Padre di Draghi, Azaghâl venne calpestato, ma nonostante tutto, con le sue ultime forze riuscì a piantargli un coltello nel ventre.

Nell'appendice F a Il Signore degli Anelli si descrivono i Nani «al tempo stesso simili e diversi dagli Elfi», probabilmente perché furono le prime creature ad essere generate insieme agli Elfi e avevano perciò un'aria piuttosto “misteriosa”, sebbene la loro corporatura e le loro usanze fossero lontane dalla grazia e dalla bellezza angelica degli Elfi.

Differenze fra i popoli della Terra di Mezzo e i Nani

I Nani avevano un forte senso combattivo - si pensi alla furia e a un certo qual divertimento di Gimli nel tagliare le gole ai nemici [quantunque il principe Nano, come tutti gli eroi della Terra di Mezzo, desse la morte ai nemici solo quando le circostanze non ammettevano altre vie d'uscita, N.d.C.], e alla sfida con l'elfo Legolas. Il Silmarillion narra anche dell'usanza di indossare maschere orribili, spaventose, che atterriscono i nemici.

Anche l'arte di lavorare pietre e caverne è una particolarità dei Nani, i quali amano costruire immense fortezze litiche (cosa che non si riscontra in nessun'altra razza, dato che solitamente invece di costruire nelle caverne vi ci si insediava senza curarsene più di tanto, come ad esempio gli Orchi di Moria) e subiscoono il fascino delle grotte così come sono in natura.

Ne Il Signore degli Anelli Gimli viene irresistibilmente attratto dalle grotte visitate durante il viaggio ed invita Legolas a tornare ad ammirarle semmai fossero passati di nuovo di lì.

La lingua Nanesca è segreta, come anche i nomi di persona che non vengono inciso neanche sulle tombe. Le uniche parole che si conoscono sono quelle del grido di battaglia di Gimli: «Baruk Khazâd! Khazâd ai mênu!». Nessun altro popolo ha una lingua segreta a tal punto da non essere citata neanche sulle pietre tombali [per ulteriori approfondimenti linguistici si veda l'articolo su Ardalambion, N.d.C.].

Gli Anelli minori dati loro da Sauron non corruppero il loro animo, ma li fecero diventare solo più avidi di ricchezza, cosa che li portò alla ricerca di tesori nascosti nelle profondità della roccia: nella poesia “Il TESORO” (riportata ne Le avventure di Tom Bombadil) si narra di un tesoro custodito da un nano che rappresenta l'avidità e la fame di ricchezza dei nani; la poesia recitava:

In una buia grotta un nano viveva,
dall'oro e l'argento le dita mai staccava,
sì forte batteva incudine e martello
che sulle sue mani si formò più di un callo;
e monete coniò ed anelli forgiò:
di comprare il potere dei re pensò.
Ma gli occhi s'offuscarono, l'udito s'indebolì
E la pelle sulle ossa del suo cranio ingiallì;
le pietre dure dalle dita ossute
con un pallido splendore scivolaron, non vedute.
Non sentì i passi ma la terra tremò quando il giovane drago la sua sete appagò:
un fiume infuocato fumò alle sue porte
e nel fuoco il nano trovò, solo, la morte:
sibilaron le fiamme sul pavimento inumidito
in quel fango bollente ogni osso fu incenerito.

Oltre alle gemme ed altri tesori, il mithril era il materiale preziosissimo da loro più cercato: esso era leggero, ma resistente come la roccia, il che costituiva per i Nani occasione di forgiare e sfoggiare oggetti preziosi ed armamenti più pregiati di quanto non fossero già in grado di fare. Un esempio della proprietà degli artefatti in mithril lo si può trovare ne Il Signore degli Anelli, nell'episodio in cui Frodo viene colpito assai duramente, ma rimane illeso grazie alla cotta di maglia del prezioso metallo detto anche vero-argento.

Molti altri popoli erano bramosi di ricchezze e potere ma, diversamente dai Nani, non andavano in cerca di tesori pregiati con la stessa determinazione. Sovente questi bottini si trovavano nelle profondità della terra: a Khazâd-dûm i Nani scavarono troppo a fondo, risvegliando così un Balrog, temibile creatura di fiamma ed ombra che divenne noto in seguito come il Flagello di Durin.


Bibliografia

Il Signore degli Anelli, J. R. R. Tolkien, Ed. Rusconi, tradotto da Vicky Alliata di Villafranca;

Il Silmarillion , J. R. R. Tolkien, Ed. Rusconi, tradotto da Francesco Saba Sardi;

Le avventure di Tom Bombadil , J. R. R. Tolkien, Ed. Rusconi, tradotto da Bianca Pitzorno e Maria Teresa Vignoli.

 

           
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