The Lord of the Music di Paolo Gulisano e Luisa Vassallo |
l corrispondente inglese del verbo “giocare” è play, che tuttavia nella lingua britannica ha anche altri significati, come quello di “suonare”, o anche “mettere in scena, rappresentare”. Un verbo che indica varie modalità di divertimento, che vanno dal gioco al recitare- o raccontare- fino al suonare musica. Il tutto descritto da un'unica parola e quindi vissuto col medesimo spirito. Non si può parlare dunque di gioco senza dedicare un po' di spazio a questo tipo di “play” che per J.R.R. Tolkien era tanto importante: la musica. Lo scrittore di Oxford, parlando in una lettera della sua opera scriveva: “Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d'insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma.” ? La musica è un gioco, uno dei più belli che l'uomo abbia mai inventato. Ma siamo proprio sicuri che si tratti di un'opera meramente umana? Nell'armonia, nel gioco sottile di silenzi e suoni, di pause e di note, Tolkien intravedeva l'infinita sapienza di Dio, l'unico in grado di realizzare una tale meraviglia, e insegnarla poi alle sue creature. Il Silmarillion si apre con la creazione dell'universo da parte di Dio, Illúvatar, che utilizza la musica, e più esattamente la polifonia, un canto cioè a più voci, quando insegna agli Ainur, le sue prime creature, i Santi, a cantare in parti, per poi aggiungere una terza parte egli stesso, il Terzo Tema col quale genera gli Uomini. Il canto degli Ainur rappresenta la forma più avanzata di musica dell'intera opera Tolkieniana, un modello che non ha eguali nell'intera storia della Terra-di-Mezzo.Esempi storici e letterari La potenza buona della musica è visibile anche nel Racconto di Beren e Luthien, contenuto sempre nel Silmarillion, che rappresenta uno dei massimi vertici del genio artistico di Tolkien. I due innamorati devono affrontare Sauron in una sfida pressoché impossibile, e la musica è un conforto ma anche una magnifica arma contro l'Oscuro Signore: “Proprio in quella giunse Lùthien e, stando sul ponte che conduceva all'isola di Sauron, intonò un canto che nessun muro di sasso poteva attutire. Beren lo udì e credette di sognare; le stelle infatti splendevano sul suo capo, e tra gli alberi cantavano usignoli. E in risposta intonò un canto di sfida che aveva composto in lode delle Sette Stelle, la Falce dei Valar che Varda aveva sospeso sopra il Nord, come segno della caduta di Morgoth. Poi le forze lo abbandonarono affatto ed egli cadde privo di sensi. Ma Lùthien ne udì la voce in risposta, e intonò allora un canto di ancor maggior potere. I lupi ulularono e l'isola tremò.” ? Risalendo le ere tolkieniane per arrivare alle vicende narrate ne Lo Hobbit e nel Signore degli Anelli, troviamo la presenza costante della musica, che da narrazione e canto epico diventa gradualmente, presso popoli come uomini o hobbit, l'occasione per far festa, per divertirsi, danzare, giocare insieme. Il tipo di musica che incontriamo nella Terra di Mezzo è simile a quella del nostro Medioevo, dove con l'accompagnamento di strumenti a corda, a fiato e percussioni si proponevano narrazioni d'amore o si celebravano imprese eroiche. Le ballate che troviamo nel Signore degli Anelli ci ricordano questi antichi canti, e addirittura certi ritmi e certi stili ricordano il Canto Gregoriano, il canto religioso tipico del Medioevo. “Canto funebre per Théoden” e “Canto dei Tumuli di Tumulilande” sono esempi di questo tipo di canto e per analogia possono essere presi a rappresentare le primitive forme di musica umana nella Terra-di-Mezzo. “Il Canto dei Tumuli”, in particolare, svolge la tradizionale funzione di registrazione storica, con la lista di persone importanti cadute in battaglia. Se è vero che molto spesso nel Signore degli Anelli le canzoni erano eseguite senza l'accompagnamento di strumenti musicali, troviamo tuttavia una serie di episodi in cui viene eseguita buona musica con diversi tipi di strumenti. Circa gli strumenti musicali in uso nella Terra-di-Mezzo, i Nani suonano “piccoli violini”, “flauti”, “clarinetti”, “viole”, “tamburi” e l'”arpa”. Ne “La canzone della locanda”, un gatto suona il “violino”. Il “Canto di Durin” fa menzione di “arpe” e di “trombe”. Nel Medioevo, l'arpa era lo strumento base, suonato tra i versi dei lài germanici. Il violino era strumento a corda, suonato a spalla o arma, ma spesso retto verticalmente, appoggiato sul grembo, come la viola. La viola consisteva in una versione più larga del violino, suonata verticalmente sul grembo. Non la si deve considerare però, né un'antenata della viola rinascimentale, né del violino. Il flauto era quasi certamente flauto dritto o “blockflute”, il flauto più comunemente usato nel Medioevo per l'accompagnamento di danze e canti. Il clarinetto era probabilmente, leggermente più grande del flauto e dotato di ancia. Le trombe non erano strumenti musicali giacché, come le trombe militari, potevano produrre un limitato numero di note, erano quindi utilizzate essenzialmente per le fanfare. Strumento a percussione poteva essere qualunque oggetto potesse essere battuto, i primi strumenti a percussione furono appunto le batterie di pentole.La musica e il Professore Infine, per sottolineare quanto fosse stata importante la musica nella vita e nell'opera di Tolkien, vale la pena ricordare questo piccolo episodio biografico: in una piccola sala riservata del Merton College, il 22 marzo 1966 John Ronald Reuel ed Edith Tolkien festeggiarono pubblicamente la ricorrenza delle loro nozze d'oro assieme a familiari, amici e a un folto numero di accademici. Durante la festa un giovane compositore di musicals fece un particolare dono agli sposi: eseguì dal vivo versioni musicali di alcune delle più celebri canzoni composte da Tolkien per la sua Terra di Mezzo. Il musicista si chiamava Donald Swann e accompagnato dal tenore Michael Flanders lasciò letteralmente a bocca aperta i partecipanti alle celebrazioni. I brani erano stati composti originariamente con l'accompagnamento di un gigantesco piano a coda ed erano state arrangiate “in uno stile che è un misto fra la musica colta, la ballate e il folk – come confessò più tardi lo stesso Swann - I poemi di Tolkien sono molto affascinanti e carichi di emozioni che riescono a tenere benissimo il ritmo anche al di fuori dei libri. Buone poesie di epoca georgiana che sembravano solo aspettare una musica che le colori”. “Le parole non sono all'altezza della musica” confessò timidamente Tolkien al musicista, vivamente commosso dall'esecuzione alla quale aveva assistito. I due iniziarono a frequentarsi, Tolkien cercava di spiegare a Swann la pronuncia elfica, mentre il compositore continuava a fargli ascoltare le nuove melodie da lui composte e cercava di aggiustarle seguendo i consigli del professore inglese. Ben presto nacque l'idea di produrre un disco e un libro insieme: nacque così il volume di canzoni The Road Goes Ever On : A Song Cicle che uscì nel 1967 edito da Allen & Unwin e assieme alla Houghton Mifflin, mentre la Caedman editò nel 1968 l'album The Road Goes On (“La strada prosegue”) al quale partecipò lo stesso Tolkien nelle vesti di lettore. La strada prosegue senza fine, piena di musica e di gioco. Inevitabilmente, quando una musica si fissa nella nostra mente, ci si ritrova a canticchiarla. Donald Swann, avendo colto la musicalità dei canti di Tolkien, ne propose una sua versione ma non è necessario essere musicisti professionisti per lasciarsi attrarre dal fascino di una melodia o dai segreti racchiusi in un pentagramma: nell'immenso coro degli Ainur c'è ancora spazio per ugole desiderose di vibrare. Oltre la grande melodia struggente o drammatica, maestosa e solenne che risuona nei cieli infiniti, si può fare musica anche tra le pieghe del creato. Bastano pochi strumenti e la voglia di liberare dal cuore quella musica primordiale che è stata impastata con la nostra carne.
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