Sindarin - Appunti di lavoro di Helge k. Fauskanger - traduzione di Gianluca Comastri |
i tratta di alcune note interessanti di Helge Fauskanger, presenti nelle versioni precedenti dell'articolo sulla lingua Sindarin in Ardalambion e non più riproposte come tali nell'edizione attualmente pubblicata, delle quali si ritiene utile mantenere evidenza. Va comunque specificato che taluni concetti inerenti le mutazioni consonantiche sono stati riveduti e ridiscussi, e di essi invitiamo a prendere visione diretta alla pagina sopracitata.
Il malintesoVa menzionato che Tolkien per circa quarant'anni fraintese la storia del Sindarin e tenne in considerazione un'idea totalmente erronea circa le sue origini. Egli pensava che questo fosse il linguaggio, non dei Sindar, ma dei Noldor! Questo è il motivo per cui i vocaboli Sindarin sono marcati con "N" per "Noldorin" ne Le Etimologie (LR:347-400). Più tardi, Tolkien deve aver preso a domandarsi come gli Elfi di Valinor potrebbero aver sviluppato due linguaggi tanto differenti quanto il Quenya ed il "Noldorin" quand'essi vivevano fianco a fianco, gli Elfi essendo immortali e tutto il resto. Alla fine, Tolkien sistemò [la faccenda, N.d.T.]: nelle sue origini, il Sindarin non ebbe nulla a che fare coi Noldor e non era affatto un linguaggio Valinóreano; esso fu sviluppato dai Sindar nella Terra di Mezzo. PM:78 documenta come Tolkien finalmente realizzò questo mentre scriveva le Appendici a SdA. Naturalmente, il malinteso era affatto comprensibile, dato il fatto che i preminenti parlatori di Sindarin nei racconti della Terra di Mezzo erano di fatto i Noldor. In quel senso, il Sindarin fu invero un linguaggio "Noldorin".
LA STRUTTURA DEL SINDARINNella seguente discussione della struttura del linguaggio Grigio-elfico, tratteremo delle complesse regole per la variazione delle consonanti iniziali durante la discussione dei sostantivi, sebbene anche altre parti dell'idioma siano affette da tali inconsueti fenomeni fonologici.
I SOSTANTIVIOriginariamente, il sostantivo Sindarin aveva tre generi: singolare, plurale e duale. Tuttavia, si era detto che la forma duale divenne al principio obsoleta eccetto che nelle opere scritte (Lettere:427). D'altra parte, si sviluppò una cosiddetta classe plurale; vedere sotto. Come nella maggior parte dei linguaggi, la forma singolare è quella elementare, non inflessa del sostantivo. Il plurale è nella maggior parte dei casi formato dalla modifica delle vocali del vocabolo invece dell'aggiunta di desinenze: Amon "colle", emyn "colli", aran "re", erain "re" [questa in italiano non rende! N.d.T.]. Vi sono pochi sostantivi inglesi che formano i loro plurali in una simile maniera: man pl. men, woman pl. women (pronunciato "wimen"), goose pl. geese, mouse pl. mice etc. [Per contro vi sono parecchi sostantivi italiani che invece si comportano proprio così, N.d.T.]. Ancora l'inglese usualmente fa affidamento sulla desinenza plurale -s. In Sindarin, il trucco di cambiare le vocali è l'usual modo di formare i plurali. Da ultimo, ciò risale ai fenomeni di umlaut. Il primitivo linguaggio aveva una desinenza plurale *-î, ancora presente in Quenya come -i (come in Quendi, Atani etc). Quando la forma plurale di, diciamo, tulus "pioppo" è tylys, ciò è in quanto le u erano affette dall'antica desinenza plurale *-î mentre quest'ultima era ancora presente. La forma plurale di tulus deve essere stata qualcosa come *tulus(s)î (o pure il più antico *tyulussî, cfr. LR:395); quindi le u furono assimilate alla finale *î e divennero y: *Tylys(s)î. Ancora più tardi, la vocale finale responsabile dell'assimilazione fu perduta, ma lasciò il suo marchio sulla forma plurale del vocabolo: la y rimasta. Le vocali con umlaut erano in effetti divenute l'indicatore di pluralità, dacché la desinenza era sparita. Modelli plurali SindarinQui vi sono alcuni dei modelli plurali Sindarin, sebbene quanto segue non sia in nessun modo tutto ciò che vi è da dire circa tale complicato soggetto. Gli esempi comprendono alcuni aggettivi; gli aggettivi si accordano nel genere e formano i loro plurali secondo gli stessi modelli dei sostantivi. (Alcuni obsoleti modelli plurali "Noldorin" possono essersi insinuati in tale lista.) Le radici cui ci si riferisce (SMAL, PAN etc.) si trovano nelle Etimologie in LR:347-400. La lunga â diviene al plurale ei, almeno in "Noldorin": mâl "polline", pl. meil (SMAL)Nel Sindarin in stile SdA, dovremmo probabilmente leggere *mail, *pain. È in ogni caso chiaro che una singola corta a seguita solamente da una consonante diviene ai: tal "piede, gamba" pl. *tail(vedere l'Appendice del Silmarillion per tal, mentre il pl. lenito dail si trova in in tad-dail [WJ:388]. Nelle Etimologie troviamo tâl pl. teil [TAL], cfr. sopra.) La a breve usualmente diviene e quand'è seguita da due consonanti: lalf "olmo", pl. lelf (ÁLAM)...ma quando tali due consonanti sono nt, la vocale può divenire invece ai: cant "sagoma, forma", pl. *caint. (Il plurale è attestato nel composto morchaint, "ombre", lett. "forme oscure"; vedere l'Appendice del Silmarillion, voce gwath. La modifica c > ch seguendo r è regolare.) In un caso attestato, a diviene ei: alph "cigno", pl. eilph (UT:265). La lunga ê diviene al plurale î: hên "occhio", pl. hîn (KHEN-D-E)La corta e diviene ei quand'e seguita da una sola consonante: cef "suolo", pl. ceif (KEM)...ma i prima di un gruppo di consonanti: fern "morto", pl. firn (PHIR)Cfr. anche l'elemento finale in muinthel, pl. muinthil ("cara sorella", muin + thel; vedere THEL, MOY) e muindor "caro fratello", pl. muindyr (TOR). Radici in o hanno plurali in y; similmente, radici in ô hanno le forme plurali in y^ (per qualche ragione è del tutto inconcepibile per molti elaboratori che qualcuno possa effettivamente voler piazzare un circonflesso su di una Y): orch "Orco" pl. yrch (ÓROK)Anche la combinazione io diviene y (per *iy): hniof "cappio", pl. hnyf (SNEW)Per hniof pl. hnyf dovremmo probabilmente leggere *niof pl. *nyf; il suono hn (n afona) è a stento valido in Sindarin maturo. (In SdA Appendice E, apprendiamo che le nasali afone "erano d'assai rara occorrenza nei linguaggi interessati".)
Nel "Noldorin" delle Etimologie, radici in au (compitato aw alla fine) formano i loro plurali in ui: naw "idea", pl. nui (NOWO)Notare, comunque, che l'eminente Sindarinista David Salo pensa che questo sia un obsoleto modello "Noldorin" Ed assume che in Sindarin maturo, tali sostantivi avessero plurali in oe: *noe, *rhoe, *soe, *gwoen.). In WJ:187, Neben-naug "Nanerottolo" sembra avere la forma plurale Nibin-noeg (forma plurale anche in UT:148). Radici in ei- formano i loro plurali in î: feir "mortale" (sostantivo), pl. fîr (PHIR, WJ:387) Evidentemente geil "stella", pl. gîl, appartiene alla medesima categoria, sebbene nell'edizione pubblicata delle Etimologie si abbia l'impressione che gîl sia il singolare e geil la forma plurale (radice GIL). Christopher Tolkien nota che le voci sotto G "presentano praticamente la stessa apparenza di quelle sotto la E", le quali a loro volta descrisse come "particolarlmente confuse e difficili" (LR:357, 355). Pertanto, non è in alcun modo inverosimile che egli fraintendesse l'originale manoscritto di suo padre. In proposito, geil dovrebbe probabilmente essere gail nel Sindarin in stile SdA.
Radici con le vocali A-A formano plurali in E-AI: aran "re", pl erain (3AR)(Nelle Etimologie vi è un certo numero di esempi di a-a che pluralizzano in e-ei invece di e-ai; tali forme sono apparentemente rese obsolete da una revisione che Tolkien operò più tardi. Vi sono anche esempi di a-a che diviene e-e al plurale; alcune di tali forme possono essere valide. Vedere sotto.) Radici del modello A-O hanno plurali in E-Y: annon "porta" pl. ennyn (AD)Cfr. anche Olfannor e Gulfannor, epiteti Sindarin dei Valar Mandos e Lórien, noti al collettivo come i-Fennyr (o Fennir, ma non vi sono altri esempi di A-O che divengono E-I).
Le vocali I-O divengono I-Y: ithron "stregone", pl. ithryn (UT:388, 390) Radici con le vocali A-E hanno plurali in E-I: angren "ferreo [agg]", pl. engrin (ANGÂ) Radici del modello E-E hanno plurali in E-I: elen "stella" pl. elin (WJ:363)Cfr. anche penedh "Quende, Elfo", pl. penidh (KWEN[ED]). Ma tale termine dalle Etimologie non è evidentemente valido in Sindarin maturo (WJ:362 afferma che nessun affine del Quenya Quendë era usato in Sindarin). La e finale diviene i anche nel caso di radici del modello I-E o Í-E: Lindel "Elfo Nandorin" pl. Lindil (WJ:385) Radici del modello O-E cambiano pure la finale e in i, ma la o è mutata in oe: Morben "Elfo Scuro" pl. Moerbin (WJ:376)Riguardo a composti di tale modello, comunque, Tolkien nota: "La forma normale del primo elemento era spesso ripristinata quando la natura della composizione rimaneva evidente" (WJ:376). Perciò rochben "cavaliere" (roch "cavallo" + pen, -ben "persona") potrebbe avere il plurale rochbin così come roechbin. (Se il primo elemento aveva la vocale a, tuttavia, essa era usualmente soggetta ad umlaut in e: arphen "un nobile", pl. erphin.) Radici del modello O-O hanno plurali E-Y, OE-Y o (raramente) E-E: golodh "Noldo", pl. gelydh (vedere Golodhrim nell'Indice del Silmarillion) OPPURE goelydh (WJ:379)La variazione oe vs. e (goelydh o gelydh) può essere facilmente armonizzata. Sembra che oe tendesse a divenire e; nelle Etimologie troviamo sia arnoediad che arnediad per "innumerevole" (NOT), ed anche forme doppie come doelio o delio "celare" (DUL) od hoeno o heno "iniziare improvvisamente" (KHOR - a proposito, questo è indubitabilmente un travisamento per *hoerio ed *herio). Così il pl. di nogoth potrebbe essere negyth così come noegyth (la forma negyth è effettivamente attestata in WJ:338: Athrad-i-Negyth, "Guado dei Nani"). Popoli della Terza Era che scrivevano in Sindarin dovevano probabilmente pluralizzare O-O in E-Y piuttosto che secondo l'arcaico modello OE-Y. Le vocali U-U divengono Y-Y: tulus "pioppo", pl tylys (TYUL) Modelli plurali di dubbia autorità: nelle Etimologie vi sono alcuni modelli plurali che non sono probabilmente validi in Sindarin maturo; Tolkien effettuò revisioni. Affermavo sopra che il regolare plurale di radici A-A è E-AI, ma in Etim vi sono esempi di A-A che diviene invece E-EI: adar "padre" pl. edeir (or eder) (ATA)Ritengo che tutti questi possano essere innocentemente ignorati da popoli che scrivevano in Sindarin maturo. Nel Silmarillion, il plurale di Balan è affermato essere Belain, non Belein o Belen (vedere val- nell'Appendice del Silmarillion). Delle forme nawag pl. neweig, neweg possiamo accettare nawag pl. neweg come valida, cfr. WJ:209. Nondimeno, il normale vocabolo Sindarin per "nano" è Nogoth pl. Noegyth o più tardi Negyth (WJ:388, 338), e tali forme sono da preferire. Le forme hebeid e teleif furono evidentemente rese obsolete dalla medesima revisione che mutò belein im belain. Il modello A-A > plurale E-AI è assai ben attestato in Sindarin maturo, così gli scrittori dovrebbero probabilmente ignorare i plurali hebeid e teleif ed utilizzare invece *hebaid, *telaif. Pure nelle Etimologie, il pl. di aran "re" è dichiarato essere erain, non **erein. La radice in questione è 3AR, e destanto interesse, Christopher Tolkien ci informa che "le poche voci sotto l'iniziale retrospirante 3 furono depennate e rimpiazzate più leggibilmente" (LR:361). Forse tale rimpiazzo fu eseguito dopo che la prima versione delle Etimologie era stata completata, e Tolkien ebbe effettuato la revisione E-EI > E-AI nel frattempo. Vi è anche un esempio di o-o avente una forma plurale in e-ei: orod pl. ered o ereid (ÓROT). Ered è altrove la forma usuale, sebbene appaia anche eryd; regolarmente, dovremmo aspettarci che un sostantivo con le vocali o-o abbia una forma plurale in e-y. Nelle Lettere:224, Tolkien dà enyd come il pl. di onod "ent" ed afferma che ened potrebbe essere una forma adoperata in Gondor. Orod pl. ered può essere un caso simile, ma sembra che ereid dovrebbe essere ignorato. Nelle Etimologie troviamo anche pochi esempi di A-A che pluralizza in E-E invece di E-AI: adab "edificio, abitazione", pl. edeb (TAK)e potremmo aggiungere belen oltre a belein (BAL). Le forme belen, neweig ed edeir possono essere innocentemente ignorate, per le ragioni discusse sopra. Anche Eder può essere ignorato (la forma edair "padri" è ben attestata in Sindarin maturo). Tuttavia, feles, edeb, neweg e seleb possono reggere come forme lievemente irregolari, invece delle attese *felais, *edaib, *newaig, *selaib. Il Sindarin è inteso come un linguaggio naturale, non costruito, così poche irregoarità sono da aspettarsi. Il Plurale di Classe Accanto al normale plurale, il Sindarin ha anche un cosiddetto plurale di Classe, o plurale collettivo. In RGEO:74, Tolkien afferma che "il suffisso -ath (originariamente un suffisso sostantivo collettivo) era adoperato come un plurale di gruppo, abbracciando tutti gli oggetti del medesimo nome, o quelli associati in qualche speciale disposizione od organizzazione. Così elenath (come plurale di êl, pl. [irregolare] elin) significa 'la moltitudine delle stelle': sc. (tutte) le stelle (visibili) del firmamento. Cfr. ennorath, il gruppo delle terre centrali, che integrano la Terra di Mezzo. Notare anche Argonath, 'la coppia di pietre reali,' all'ingresso per Gondor; Periannath, "gli Hobbit (come una razza)," come pl. collettivo di perian, 'halfling' (pl. periain)." La Lettera al Re fornisce più esempi: sellath dîn "le sue [di lui, N.d.T.] figlie" ed ionnath dîn "i suoi [di lui, N.d.T.] figli", riferendosi a tutti i figli e le figlie di Sam come gruppi. In alcuni casi, -ath sembra avere una forma più lunga -iath. WJ:387 dà firiath come il plurale di classe di feir "un mortale" (normale plurale fîr); cfr. anche la forma "pl. collettiva" giliath in LR:358 radice GIL (come in Osgiliath, "Fortezza delle Stelle" [l'originale riporta "Cittadella" in luogo di "Fortezza", N.d.T.]). Sembra che la i in più prima di -ath sia un residuo di un primevo y che qui è preservato (l'iniziale firya "mortale", gilya "stella").
I sostantivi Sindarin, tanto quanto altre parti dell'idioma, sono spesso soggetti a certe regolari modifiche delle consonanti iniziali. A queste dobbiamo ora volgere la nostra attenzione.
LenizioneLa lenizione, "ammorbidimento", è una preminente caratteristica della fonologia Sindarin (e gallese!). Essa è anche denominata "mutazione blanda". In certi contesti, la consonante iniziale di un vocabolo è alterata. Le esplosive afone p, t, c sono volte nelle loro controparti foniche b, d, g; similmente, lh ed rh vengono sonorizzati l ed r. Le esplosive foniche b e d sono volte nelle spiranti v e dh, mentre la g sparisce del tutto. La m, come la b, è lenita in v. Talvolta la lenizione prodotta da m è compitata mh, sebbene sia evidentemente pronunciata v nella Terza Era; tempi più antichi mh era una v distintamente nasale. (Confrontare SdA Appendice E, nella discussione delle Rune: "Per il Sindarin (arcaico) era necessario un segno indicante una m aspirata (o una v nasale).") La lenizione di m in v e di g in nulla è talvolta ignorata. Talvolta sembra anche che la lenizione di d in dh sia ignorata, ma ciò può essere dovuto a inaccurate trascrizioni da parte di Tolkien: osserva Christopher Tolkien, "mio padre originariamente alterò la forma fonica di th (come nel moderno inglese then) nei nomi Elfici in d, dacché (com'egli scrisse) dh non è usato in inglese e pare naturale. In seguito egli cambiò la sua opinione sul punto," prevalendo l'accuratezza linguistica (UT:267). Nondimeno, l'inaccurata trascrizione persiste in molti testi pubblicati. Elenchiamo Dor Dhínen come un esempio della lenizione d > dh sotto, il secondo elemento essendo dínen quand'è isolato - ma la forma inaccurata "Dor Dínen" è utilizzata nell'edizione pubblicata del Silmarillion.
Vi sono esempi di varie lenizioni: p > b - la frase "e Samvise (Perhael)" è in Sindarin a Berhael (a = "e", sebbene ar sia usato nel Sindarin dall'influenza Quenya della Lettera al Re). La tradizionale interpretazione è stata che è la congiunzione che innesca la lenizione del vocabolo seguente, ma nuovo materiale dimostra che la congiunzione non causa lenizione. (Una migliore spiegazione sembra essere che Perhael sia lenito in quanto è inteso qui come l'oggetto di un verbo; vedere sotto.) t > d - e.g. palan "lungi" tiriel "avendo fissato" = palan-diriel "avendo fissato da lungi" (RGEO:73, cfr. Lettere:427). Cfr. anche A Tolkien Compass p. 195, ove Tolkien spiega che Nindalf "Striscia umida" è un composto di nîn "umido" e talf "campo pianeggiante". c > g - comparare calen "verde" con galen nel nome Tol Galen "Isola Verde" (Silm. capitolo 14). d > dh - e.g. dínen "silente" divenendo dhínen in Dor Dhínen "Terra Silenziosa" (WJ:333, 338; inaccurata trascrizione "Dor Dínen" in molti altri punti.) b > v - e.g. i Varanduiniant per "il ponte di Baranduin" nella Lettera al Re. g > nulla, talvolta marcato da ' ad indicare che una g è stata lenita a zero: Curunír "Saruman" + *glân "bianco" = Curunír 'Lân "Saruman (il) Bianco" (UT:390). m > v - confrontare Eryn "Bosco" + Morn "oscuro" = Eryn Vorn "Bosco Scuro" (UT:436, 262); cfr. anche Elvellyn "Amici degli Elfi", che è El + mellyn (WJ:412) lh > l - e.g. aer "sacro" + lhinn "canto" = aerlinn "inno, canto sacro" (RGEO:70, in scrittura Tengwar) rh > r - e.g. mith "grigio" + rhandir "pellegrino" = Mithrandir "Grigio Pellegrino" (MITH, RAN, SdA passim) s > h - e.g. calen "verde" + sad "luogo, posto" = Calenhad "Spazio Verde" (UT:425)
Da questi esempi ed altro materiale, qualche regola può essere addotta: Una quarta regola sembra essere che un sostantivo è lenito quando occorre come l'oggetto di una proposizione. Confrontare l'invocazione di Gandalf dinanzi alle Porte di Moria: Lasto beth lammen, "ascolta la parola della mia lingua" (beth essendo la forma lenita di peth "parola"). Cfr. anche una linea della Lettera al Re: ennas aníra i aran...suilannad mhellyn în, "là il re desidera... salutare i suoi amici", mhellyn essendo la forma lenita di mellyn "amici" (ortografia variante di vellyn come in Elvellyn "Amici degli Elfi" sopra?) Il verbo può pure essere inteso: al Campo di Cormallen, i Portatori dell'Anello sono appellati come Daur a Berhael "Frodo e Samvise", una frase lenita che evidentemente rappresenta Taur a Perhael; tali nomi erano evidentemente intesi come l'oggetto di un verbo omesso, come "lodate". NOTA: Tolkien rivide le regole di lenizione ripetutamente. Una regola obsoleta può essere menzionata. Come notato sopra, il genitivo può essere espresso dal solo ordine dei vocaboli in Sindarin: Ennyn Durin Aran Moria, "Porte (di) Durin Signore (di) Moria". Secondo una regola che Tolkien più tardi rigettò, il secondo sostantivo di una tale costruzione è lenito. Pertanto, il primo abbozzo dell'iscrizione sul Cancello di Moria aveva la lezione Ennyn Dhurin Aran Voria, con Durin e Moria leniti. Confrontare Ar Vanwë, Ar Velegol, Ar Uiar per "Giorno di Manwë", "Giorno di Belegol (Aulë)", "Giorno di Guiar (Ulmo)" in LR:369 (b ed m lenite in v e g a zero). Dopo la revisione, le forme dovrebbero presumibilmente essere *Ar Manwë, *Ar Belegol, *Ar Guiar. Le spiranti f, th, ch non subiscono lenizione di sorta, cfr. muinthel "cara sorella" (muin + thel); normalmente il secondo elemento di un composto dovrebbe essere lenito. Vedere MOY, THEL nelle Etimologie.
Mutazione nasale"Mutazione Nasale" può suonare come qualcosa tratto da un film orrorifico (o da Pinocchio). Si riferisce, comunque, ad un altro importante fenomeno nella fonologia Sindarin, spesso visto in connessione con l'articolo in, "il" prima di un sostantivo plurale. Tolkien ci dice che "la mutazione nasale... appare dopo l'articolo plurale in: thîw, i Pheriannath" (Lettere:427 - sembra che Humphrey Carpenter nella cura editoriale di tale lettera ritenne che "in" fosse la preposizione inglese piuttosto che l'articolo Sindarin in, dacché non usa corsivi!) La frase i thiw "le lettere" nell'iscrizione sul Cancello di Moria all'apparenza non contiene in, sebbene "rune" sia un sostantivo plurale. Un'altra anomalia sembra essere che "rune" è dato come thiw, mentre SdA Appendice E (sezione II, "Scrittura") dà invece tîw: "il Tengwar o Tîw, da me tradotto in 'lettere'..." La lunga î diviene una corta i in quanto il vocabolo non è più un monosillabo quando l'articolo è prefisso, ma perché l'iniziale t diviene th? Effettivamente i thiw rappresenta *in tiw! In qualche punto nell'evoluzione dal Telerin Comune al Sindarin, la n fu assimilata alla seguente t, così emerse una forma come *it tiw. Più tardi, la doppia tt fu mutata nella spirante th, producendo i thiw (confrontare th per tt negli affini come il Quenya quetta = Sindarin peth "parola"). Similmente, la n fu assimilata ad una seguente p o c, producendo pp e cc, che posteriormente divennero ph (= f) e ch. Quando il vocabolo successivo iniziava in un'esplosiva fonica, come b, d, g, la nasale n si fuse nel vocabolo successivo producendo mb (per *nb), nd, ng, ma queste combinazioni non mutarono in seguito:
Sembra che n + h produca ch; cfr. i chîn "i figli" (come in Narn i Chîn Húrin), presumibilmente per *in hîn. Tolkien è incoerente nela sua compitazione di n + g. Per "sotto le Stelle", uno degli esempi qui sopra, non troviamo soltanto nui Ngiliath (LR:249), ma anche semplicemente nuin Giliath (LR:378). Egli è anche incoerente circa n + d. "Tumulo di Massacro" (dengin) è variamente Haudh-i-Ndengin (LR:374) e la forma con doppia N Haudh-in-Ndengin (Silm cap. 20). Vi è anche Bar-en-Danwedh invece dell'atteso *Bar-e-Ndanwedh (UT:100, Silm cap. 21). La regola rigidamente corretta pare essere che n + d fornisca propriamente l'iniziale nd, ma Tolkien talvolta adoperò un'ortografia che riteneva dovesse parere meno inconsueta ai suoi lettori: come Bar-en-Danwedh invece dell'effettiva forma Sindarin *Bar-e-Ndanwedh. Dopo tutto, la pronuncia dovrebbe essere virtualmente la stessa. La forma Haudh-in-Ndengin sembra essere supercompleta [brrr! N.d.T.]; la lezione Haudh-i-Ndengin da LR:374 è da preferire. (In SdA Appendice A troviamo Haudh in Gwanur *"Tumulo dei Gemelli" invece di *Haudh i Ngwanur. Cfr. anche Annon-in-Gelydh invece di *Annon-i-Ngelydh per "Porta dei Noldor" in UT:18 e nel Silmarillion.) Un'altra incongruenza non è colpa di Tolkien. Nei Racconti Incompiuti, leggi Narn i Chîn Húrin per Narn i Hîn Húrin. In LR:322, Christopher Tolkien confessa: "Narn i Chîn Húrin... è così compitato a tutte le occorrenze, ma è impropriamente modificato da me in Narn i Hîn Húrin (in quanto non volevo che Chîn fosse pronunciato come nel moderno inglese chin.)" La mutazione nasale sembra essere innescata soltanto dagli articoli e preposizioni che terminano in n. Essa non appare se accade che un vocabolo che finisce in n sia seguito da un vocabolo con una iniziale esplosiva: cfr. un nome come Emyn Beraid, non **Emy Mberaid. Ciò ha valore anche nei composti: nelle Lettere:427, Tolkien fa notare che palan "lungi" + tíriel "avendo fissato" non produce **pala-thíriel "avendo fissato da lungi", ma palan-díriel con la normale lenizione t > d. Sostantivi Sindarin inflessi Qui ci sono alcuni esempi di come i vari sostantivi Sindarin possono essere inflessi, elencati secondoo il loro suono iniziale. Non ho asteriscato alcuna di tali forme, sebbene la maggior parte di esse sia costruita da me secondo i modelli di Tolkien invece d'essere effettivamente attestate nel nostro assai ridotto corpus. Al singolare do le forme lenite dopo l'articolo; la forma lenita dovrebbe anche apparire quando il sostantivo è un oggetto che segue il suo verbo e dopo congiunzioni come a "ed", pure se nessun articolo è presente (e.g. *a rass "ed un precipizio [rhass]", *a chaudh "ed un tumulo [haudh]", *e teithant gerth "egli scrisse una runa [certh]").
Vocaboli che iniziano nelle spiranti f, th apparentemente non subiscono mutazioni; la n dell'articolo plurale in scompare (cfr. i-Fennyr per *in-Fennyr in LR:387, radice SPAN). Vocaboli che iniziano in n si comportano allo stesso modo, cfr. i Negyth per *in Negyth "i Nani" (WJ:338). La n non può essere lenita. Il comportamento dell'"articolo genitivale" en "del" e della sua più corta variante e è alquanto confuso. Talvolta esso è visto innescare mutazione blanda (lenizione), talvolta no. David Salo pensa che possa avere qualche sorta di senso dall'assunzione che en discenda dall'antecedente *ina, ma non vogliamo entrare in una discussione sulle complessità fonologiche qui. La conclusione fa più o meno così:
Ripristino dei primitivi gruppi inizialiAbbiamo già menzionato alcuni degli effetti di tale fenomeno. Nell'Appendice E di SdA, Tolkien nota che "le combinazioni nd, mb, ng ,[erano] particolarmente frequenti nei primi idiomi Eldarin [la frase originale inglese è alquanto differente da quella pubblicata, N.d.T.]". Inizialmente tali gruppi erano semplificati in d, b, g in Sindarin: *ndîse > dîs "sposa", *mbundu > bund "naso", *ñgolodô > Golodh "Noldo". Tuttavia, la nasale di questi gruppi è risorta (o non fu mai perduta) seguendo gli articoli i "il" o e "del" (sg), così "la sposa, il naso, il Noldo" sono presumibilmente i ndis, i mbund, i Ngolodh. (Notare che le vocali lunghe dei vocaboli monosillabici divengono corte quando l'articolo è prefisso, perciò dîs > i ndis, non **i ndîs - sfortunatamente, la forma erronea occorreva nelle versioni iniziali di tale articolo. Ma lo stesso Tolkien non è interamente coerente circa questo; cfr. i chîn piuttosto che *i chin per "i figli" in LR:322. Può essere che l'articolo genitivale en, e "del" non causi alla vocale di divenire corta; cfr. en·Êl, non **en·El, per "della Stella".) Un esempio attestato di una primitiva nasale che viene ripristinata è *gaurhoth "stuolo di mannari" > i ngaurhoth *"lo stuolo di mannari" nell'incantesimo di fuoco di Gandalf (la forma normale gaur "lupo mannaro" è menzionata nell'Appendice del Silmarillion). NOTA: Tale fenomeno non deve essere confuso con i gruppi iniziali nd, mb, ng che derivano dalla n che è assimilata ad una d, b, g seguente, siccome "i nasi" è probabilmente *i mbynd (per in bynd). Se bund discendeva da **bundu invece di *mbundu, "i nasi" dovrebbe ancora essere i mbynd, ma il singolare "il naso" dovrebbe essere stato **i vund (con la normale lenizione della b in v) invece di i mbund. Qui segue la maggior parte dei vocaboli noti coinvolti in tale fenomeno. Presumo che un verbo che segue la i quand'essa è usata come un pronome relativo ("quello, che") si comporta nella medesima maniera di un sostantivo che segue la i quando usata come un articolo determinativo ("il"). 1: B > MB bachor "venditore ambulante" > i mbachor "l'ambulante"La coppia "sventura" da MBARAT: barad "destinato" > i mbarad "il destinato"La coppia "pane" da MBAS: bast "pane" > i mbast "il pane"Il gruppo "costrizione" da MBAD e MBAW:
Il gruppo "festivo" da MBER: bereth "festa, festival" > i mbereth "la festa" (but mereth > i vereth o semplicemente i mereth può essere più usuale, cfr. Mereth Aderthad, non *Bereth Aderthad, nell'edizione pubblicata del Silmarillion) Miscellanea: bar "patria, terra" > i mbar "la patria" (radice MBAR, ma tale vocabolo non è dato in Etim) 2: D > ND daen "cadavere" > i ndaen "il cadavere"Il gruppo "martellante" da NDAM: dam "martello" > i ndam "il martello" La coppia "capo" da NDOL: dôl "capo" > i ndol "il capo" (abbrevio la vocale, ma ciò può essere discrezionale)(Questi possono essere alquanto incerti; David Salo argomenta che dôl si comporta come un normale vocabolo in D, perciò *i dhol. Comparare il nome del monte Fanuidhol.) Miscellanea: dûn "ovest" > i ndun "l'ovest" (NDÛ)3: G > NG La coppia "arpeggio" da ÑGAN: gandel, gannel "arpa" > i ngandel, i ngannel "l'arpa" Il gruppo "lupo" da ÑGAR(A)M e ÑGAW: garaf "lupo" > i ngaraf "il lupo"Il gruppo "saggio" da ÑGOL: golw "tradizione" > i ngolw "la tradizione" ed infine il vocabolo per "morte": gûr "morte" > i ngur "la morte" (anche guruth, i nguruth) (ÑGUR)Se l'articolo genitivale en "del" ha una forma alternativa e, dobbiamo presumere che e·mbar "della casa" (UT:54, MR:373) sia un esempio dell'originale mb che viene ripristinato piutttosto che la n di en che viene assimilata alla b di bar "casa".
I PARTICIPIIl nome Talath Dirnen "Piana Vigilata" fornisce un esempio di un participio passato, *tirnen "vigilato", qui lenito in dirnen come ogni altro aggettivo che segue il sostantivo che descrive. La radice è tir- "osservare, guardare" (cfr. Minas Tirith "Torre [di] Guardia, Vedetta), così la desinenza corrispondente all'inglese -ed sembrerebbe essere -nen. Una più lunga forma -annen è vista in mae govannen "benincontrato" (Lettere:308). Secondo LR:388, radice SUK, il participio passato di sogo "bere" è sogennen; ciò può essere un travisamento per *sogannen. Cfr. prestannen "influenzato" come il participio passato di presto "influenzare" (LR:380, radice PERES). Le Etimologie elencano anche pochi participi passati in -en: dannen "caduto", dolen "celato" (DAT, DUL in LR:354-355). Il participio presente (o attivo) sembra avere varie desinenze, tutte corrispondenti all'inglese -ing. Una desinenza è -l, vista in chwiniol "turbinoso" da chwinio "turbinare" (LR:388, radice SWIN). Cfr. anche glavrol "balbettio" da glavro "balbettare" (GLAM). Vi è anche la più lunga desinenza -iel, forse usata su radici verbali "elementari" o prive di desinenza: cfr. *tiriel "contemplando" (lenito diriel in palan-diriel "contemplando lontano", RGEO:72). Secondo Tolkien, palan-díriel con una radice vocale lunga (í) significa "avendo contemplato da lungi", mentre palan-diriel con una vocale corta indica "contemplando lontano": perfetto vs. presente (RGEO:73).
I VERBIIl sistema verbale Sindarin non è completamente compreso - proprio l'opposto. Possono farsi alcune osservazioni generali. Per iniziare con qualcosa di semplice, l'imperativo ha la desinenza -o. Ve ne sono molte attestazioni; cfr. per esempio l'iscrizione del Cancello di Moria (pedo mellon a minno, "dite amici ed entrate") o il grido di battaglia degli Edain del nord: Lacho calad! Drego morn! "Fiammeggia Luce! Fuggi Notte!" (UT:65). Il presente ha la desinenza -a in alcuni esempi attestati, come penna "che digradano" nell' inno A Elbereth Gilthoniel, o thia "pare" in LR:392 (evidentemente il presente di thio, glossato "sembrare"). Cfr. anche guinar come il presente plurale di cuino "essere vivo" alla voce KUY in LR:366 (la lenizione c > g è incidentale ed irrilevante). Ma tûl "giunge" nell'esclamazione di Húrin tûl acarn "giunge la vendetta" (WJ:301) non ha desinenza. Tûl fu emendato da Tolkien da tôl, e quest'ultima forma occorre nelle Etimologie (radice TUL), ove è glossata "egli viene" - in altri vocaboli, essa è la forma di 3. persona singolare. Le Etimologie elencano altre due forme presenti di tal fatta, sôg *"beve" e tôg *"porta", dalle radici SUK, TUK. In conformità con la modifica di Tolkien tôl > tûl, tali forme dovrebbero evidentemente essere emendate in *sûg, *tûg in Sindarin maturo. Il nostro solo ed unico esempio di un perfetto mostra la desinenza -i: ú-chebin estel anim, "non ho conservato alcuna speranza per me" (dal linnod di Gilraen; la desinenza -n indica "io"). Quando ci portiamo sull'infinito, le cose si fanno un po' più complicate. Nella Lettera al Re, diverse forme in -ad sono tradotte come infiniti: tírad "vedere", suilannad "salutare". Quest'ultimo vocabolo sembra incorporare il termine per "dare" (lert. *"dare saluto"?), ma in LR:348 troviamo anno "dare" con un infinito in -o. Le forme -o delle Etimologie sono realmente infiniti; abbiamo già menzionato thio "sembrare" vs. la sua forma presente thia "pare, *sembra" e [c]uinar come il presente (con la desinenza plurale -r) di cuino "essere in vita" (THÊ, KUY). Ciò indica che Tolkien modificò la desinenza infinita "Noldorin" -o in -ad in Sindarin maturo (anno > annad)? Nelle Etimologie, vi è anche un'altra desinenza infinita -i, affine del Quenya -ië. Sotto TIR "ossevare, guardare", tiri (o tirio) è dato come l'infinito di tale verbo, ma nella Lettera al Re troviamo invece tírad. Ciò può supportare la teoria per cui Tolkien rivisitò il sistema verbale e decise per -ad come la desinenza infinita. In opere antecedenti, -ad appare già come una desinenza sostantiva verbale, e non vi è grande salto semantico dal sostantivo verbale all'infinito. (Invero potremmo teorizzare che tale modifica accadde entro i miti, -o e -i essendo le desinenze infinite preferite nella, diciamo, Prima Era, ma posteriormente esse furono spiazzate da -ad!) Ma vi è anche un'altra interpretazione che permette di accettare tutte le forme nel corpus: gli autentici infiniti sono le forme in -o (-io) ed -i che sono note dalle Etimologie. Le forme in -ad sono realmente gerundi. Questa è l'interpretazione che io ora come ora penso sia quella giusta (e David Salo concorda). Il passato spesso apparentemente ha la desinenza -ant.
In LR:391 troviamo teitho "scrivere" (di nuovo un infinito
in -o!), e l'iscrizione sul Cancello di Moria ci fornisce
il passato teithant "scrisse". Il passato di tiri,
tirio "guardare" (> tírad) è dato in Etim
come tiriant (LR:394, radice TIR), ed il passao di ortho
"sollevare" è dato come orthant (LR:379, ORO). Tale modello
può probabilmente essere applicato a tutti i verbi in -o
ed -io in Etim (sebbene damna- "martellare", con ogni
possibilità un travisamento per *damma-, abbia il passato
dammint invece di *dammant - LR:375 radice NDAM).
Vi sono anche alcuni passati che sono formati per infissione
nasale. Il passato di sogo "bere" è dato come sunc,
formato direttamente dalla radice SUK (cfr. il Quenya *suncë,
non attestato). Notare che l'infissione di n avviene prima
che la c divenisse g seguendo una vocale come in sogo,
e qualunque sia la forma da cui sunc discende (prob. qualcosa
come *sunkê), la vocale finale perduta evidentemente
non aveva la stessa qualità di quella che causò alla u l'umlaut
in o, come in sogo. Parimenti, il vocabolo arphent
*"e disse" sembra indicare che il passato di ped- "parlare"
sia *pent (qui -phent seguendo una r). Confrontare
il Quenya quentë "detto" (il ramo dell'Eldarin cui il
Sindarin appartiene volse qu/kw in p). Ancora una
volta, l'infissione avvenne prima che la T divenisse D seguendo
una vocale (radice KWET > Sindarin ped-); la T di *pent
così come la c di sunc fu "salvata" dall'intrusione
n che le protesse dalla precedente vocale, e così non divennero
d, g. Il vocabolo echant "feci" (lett. "incisi",
di lettere) nell'iscrizione sul Cancello di Moria è ancora un altro
esempio di un passato formato da infissione nasale. Questa non è
una radice *ech- con la desinenza passata -ant, come
si può pensare (e come agli inizi gli studenti inevitabilmente pensavano).
Echant è un passato formato per infissione nasale dal primitivo
*et-kat, "tagliare" (*et-kant > echant).
L'infinito è dato in LR:363 come echedi, con la normale modifica
di t > d seguendo una vocale (la a della
sillaba precedente diviene e in quanto ha umlaut causato
dalla finale i). Tuttavia, pare che alcuni passati formati
per infissione nasale fossero stati rimpiazzati dalla più frequente
desinenza passata -ant. Sotto WED (LR:397) il passato di
gwedi "legare" (leggi *gwedhi?) è dato come gwend,
formato per infissione nasale prima che la d divenisse dh
seguendo una vocale (è anche menzionata la forma assimilata gwenn).
Ma "più tardi" il passato divenne gwedhant, formato dall'infinito
con la desinenza -ant discussa sopra. Questa è «analogy at
work». Il futuro ha la desinenza -tha; cfr. anglennatha "si avvicinerà" nella Lettera al Re o linnathon "io canterò" nell'inno A Elbereth Gilthoniel (*linnatha "canterò" + la desinenza -n "io", che per qualche ragione causa il fatto che la a della precedente sillaba divenga -o). Non è chiaro come -tha sarebbe aggiunta a radici terminanti in una consonante. I verbi sembrano accordarsi in numero (sotto la radice SUK, sôg è definita una forma "3 sg.", evidentemente indicante "terza persona singolare" ed implicante il fatto che la 3. persona plurale differisca). Nella relativa clausola della frase gyrth i chuinar "morto che vive" (Lettere:417), il verbo è visto assumere la desinenza plurale -r. Confusamente, -r sembra essere una desinenza passiva nella Lettera al Re: Perhael (i sennui Panthael estathar aen), "Samwise (che avrebbe dovuto essere chiamato Fullwise)". Forse essa è realmente una forma in terza persona pl.: *"che essi (= persone in generale) avrebbero dovuto chiamare Samwise".
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