ndiana Jones. Il Capitano Kirk. Han Solo. Il Guerriero della Strada. Conan il Barbaro. Questi sono gli eroi che hanno popolato il grande schermo per gran parte della mia giovinezza. Li ho amati tutti. Ancora li amo.
Ma, ora come ora, non sono un conforto per me.
Capite, sono tutti eroi “d’azione”. Sono irrimediabilmente mascolini, nel senso più ovvio del termine. Sono fisicamente forti, traboccanti di sicurezza e di spavalderia. Le loro sfide sono quasi impossibili, il loro coraggio senza tentennamenti... e non si dubita mai che alla fine vinceranno. Come potrebbero non vincere, con tutta quella sicurezza di sé, quell’atletismo e quella battuta pronta?
Di rado soffrono, anche se possono cedere alla tentazione dei liquori forti quando la loro nemesi personale uccide la loro amata o il loro compagno...
... Indiana Jones è seduto in un bar del Cairo, davanti a una bottiglia di whisky e un bicchiere. Marion, lui crede, è appena esplosa in mille pezzi. Entro pochi minuti affronterà il suo arcinemico in un tagliente botta e risposta e poi tornerà al suo compito di trovare l’Arca perduta.
Spesso, la morte del proprio amore o del compagno è solo una scusa per giustificare la vendetta dell’eroe.
... Conan si allontana dalla pira funebre di Valeria e va a demolire Thulsa Doom. Non ha pianto per la sua amata guerriera. E’ il suo amico Subatai a farlo, dicendo: “Lui è Conan. Lui non piangerà. Così piango io per lui”. Ma Conan può diventare molto violento quando è lacerato interiormente. Questo può farlo...
A volte, la dipartita della persona cara lascia l’eroe sofferente, ma in un modo emotivamente represso che ne fa un eroe solitario, ferito, rabbioso, “grilletto-facile”.
E ricordate “Mad Max”?
D’altro canto le donne vengono raramente ritratte come eroine, a meno che non assumano attributi “maschili”. Si pensi a Xena, la bella e indomabile Principessa Guerriera. E che mi dite di Sarah Connor di “Terminator”? Non appena capisce cosa ci riserva il futuro, si trasforma dalla “bella ragazza che serve ai tavoli” in una “muscolosa, armata e spietata combattente”. E mi piace vederla fare questo. Ma...
Io sono una donna. Ho quarantatre anni. Sto combattendo contro grandi dolori, così come molte altre intorno a me. Un’amica soffre di orribili, psicologicamente devastanti flashback a causa di due brutali stupri; un’altra ha appena scoperto che sua nipote ha ereditato il difetto genetico di cui lei è portatrice sana; e un’altra ha dovuto reimparare a camminare dopo uno spaventoso incidente a una gamba che la lascerà menomata per tutta la vita. E per quanto mi riguarda, mi hanno appena detto che il mio figlio minore è “nel campo dell’autismo”, in buono stato, ma permanentemente in pericolo.
Anche se imparassimo il kung-fu, ci sarebbe di ben poco aiuto.
Molti di noi sono genitori di figli piccoli. Tutti noi dobbiamo attraversare (restando interi) alcune delle angosce più profonde che si possano immaginare.
In realtà, questa è la natura della maggior parte delle sofferenze umane.
Prendersi cura di un genitore affetto da Alzheimer, cercare di affrontare la perdita di una persona cara, vivere con un compagno violento, sopravvivere in zona di guerra o in povertà, persino alzarsi ogni giorno per andare a fare un lavoro che si odia solo per dar da mangiare ai propri figli... E se possono avere un’origine chiara, queste esperienze non mostrano una fine altrettanto chiara. Così dobbiamo sopportare per mesi ed anni un peso enorme, mentre andiamo avanti con il duro lavoro di vivere, con la nostra esperienza di dramma, quando non di dolore. Per di più ci è spesso impossibile confrontarci con i nostri "nemici". Sono troppo grandi, come i conflitti geopolitici o l'economia globale. Oppure troppo piccoli, come le cellule cancerose, i difetti genetici e i neurotrasmettitori che corrono impazziti.
Perciò ben poche delle nostre umane battaglie somigliano a quelle che vediamo nei film. La Grande Crisi. Il Nemico Tangibile. La Battaglia Finale. L'Eroe vince o muore gloriosamente. Tributo d’onore. Dissolvenza. Fine.
Il che ci riporta agli eroi d'azione. Schwarzenegger. Willis. Segal.
Quando mi sento inadeguata, col cuore spezzato e disperata, non trovo alcuna ispirazione negli exploit di questi macho "so-tutto-io": troppa della mia energia mi serve semplicemente per riuscire ad arrivare alla fine della giornata. Né riesco a sentire vicine quelle stupide storie da "Film della Settimana" in cui la gente supera la malattia, il disastro o il crimine del giorno. Sono troppo lacrimevoli, troppo noiose e troppo avulse da qualsiasi sistema di riferimento un po' ampio.
Un solo eroe è la mia fonte di ispirazione, adesso. Il suo nome è Frodo Baggins.
L'eroismo gentile: la Cerca di Frodo
A una prima occhiata sembrerebbe che gli Hobbit scapoli e le banali madri di famiglia del 21° secolo abbiano molto poco in comune. Ma nei miei momenti bui - i momenti più bui e disperati che come essere umano mi capita di sperimentare - non c'è nessuno che io senta più vicino di Frodo. Nessuno.
Conoscete Frodo, vero? Quello del "Signore degli Anelli" di J.R.R. Tolkien.
Frodo è un Hobbit, un membro di una razza di esseri piccoli e dai piedi pelosi, abitante in un idilliaco angolo della Terra di Mezzo. Il suo compito è distruggere l'Unico Anello. L'Anello è un oggetto trasudante pura malvagità, che opererà su di lui il proprio effetto corruttore, mentre egli lotta per resistere fisicamente, mentalmente e spiritualmente abbastanza a lungo da portarlo fino alla Voragine del Fato, l'unico luogo in cui esso può essere annichilato. In un certo senso è una gara: riuscirà ad arrivare al Monte Fato prima che la sua anima venga distrutta?
Portare l'Anello è un fato orribile, un destino che Frodo si sente tropo piccolo e spaventato per accettare. Eppure, nessun altro può farlo. Egli deve accettarlo... o rifiutarlo e lasciare che la Terra di Mezzo cada sotto il dominio dell'Ombra.
Egli non si sottrae al suo fato. Piange per la paura, vacilla per lo sfinimento, ma non si arrende mai. Il vile Anello gli lacera l'anima, ma lui non fugge in preda al terrore, né si stende a terra per morire. Pur consapevole del fatto che il maledetto oggetto lo sta distruggendo, si costringe a fare un altro passo... poi un altro. Alla fine si ritrova letteralmente a strisciare. Il suo amato amico Sam deve prenderselo in spalla e trasportarlo.
Frodo è tutto tranne che macho. E' un maschio, ma è un Hobbit, ed essi non nascondono i propri sentimenti, parlano a cuore aperto. I buoni amici si toccano l'un l'altro senza imbarazzo, si abbracciano apertamente, sorridono e versano lacrime con uguale facilità. A volte possono essere provinciali e ignoranti, ma non c'è alcuna arroganza, nessuna boria nel nostro eroe e nei suoi più cari amici, Sam, Merry e Pipino. Essi sono schietti, autentici. Rappresentano una mascolinità premurosa e affettuosa che mostra tratti solitamente ritenuti "femminili". Quando Frodo è esausto, affamato, terrorizzato... si vede.
Forse è per questo che certe persone non lo sopportano.
"Quell'Hobbit è una pappamolla": i detrattori di Frodo
Non tutti amano Frodo Baggins. Alcuni lo detestano decisamente. Dicono che è "lagnoso". Mugugnano perché alla fine si è arrogato l'Anello, quella pappamolla! Insinuano che sia "gay" (se Frodo Baggins può essere scambiato per gay, allora i gay dovrebbero essere orgogliosi di sé).
I detrattori di Frodo lo vorrebbero privo di dubbi. Vorrebbero che fosse forte e silenzioso. Vorrebbero che fosse vittorioso.
Vorrebbero che fosse un eroe d'azione.
Ho l’impressione che lui li spaventi a morte. Ma perché?
Gli eroi d'azione non esprimono mai dubbi.
La sicurezza è una parte dell'attrattiva di un eroe d'azione. A volte sembra che C3-PO o il Sig. Spock facciano notare le difficoltà dell'impresa solo affinché Han Solo o il capitano Kirk possano audacemente sfidarle!
Frodo ha dubbi, montagne di dubbi. Non è sicuro di farcela. In realtà, è piuttosto sicuro di non farcela, e non si vergogna di dirlo apertamente. Nel libro "Le due Torri", Sam esprime la propria preoccupazione sul fatto che il cibo potrebbe durare fino al Monte Fato, ma non abbastanza da permettere loro di tornare. Frodo dice:
"Ma Samwise Gamgee, mio caro Hobbit - anzi, Sam, mio più caro Hobbit, mio adorato amico - non credo sia necessario riflettere su ciò che accadrà dopo. Che speranza abbiamo di finire il nostro lavoretto, come dici tu? E se vi dovessimo riuscire, chissà quali ne saranno le conseguenze? Se l'Unico Anello cade nel Fuoco e noi siamo nelle vicinanze? Credi, Sam, che potremmo ancora aver bisogno di pane? Non penso. Se riusciremo a sorreggere le nostre membra sino al Monte Fato, avremo fatto del nostro meglio. Incomincio già a pensare che io non vi riuscirò".
Gli eroi d'azione non si arrendono mai al fato.
Gli eroi d'azione hanno il controllo della situazione. Essi non si piegano al fato, casomai lo piegano alla loro volontà. E poiché sono in grado di farlo, sono anche in grado di ridurre le loro sofferenze. Perché soffrire, se si ha il potere di cambiare le cose? Anche se affrontano il fato, lo fanno in un modo talmente esaltato, che alla fine sono comunque loro a uscirne vincitori.
Frodo non è passivo. Egli lotta, resiste, mostra misericordia, compie le sue scelte. Eppure è coinvolto in un dramma mito-storico molto più grande di lui. A ciò egli si inchina, arrivando poco a poco ad accettare lo spaventoso fardello che gli costerà assolutamente tutto. Anche se di tanto in tanto deve affrontare il male esteriore, il suo compito principale è resistere alla lenta tortura della sua stessa anima, mentre striscia lentamente sempre più vicino a Mordor. La sua sofferenza è terribile, e c'è ben poco che lui possa fare per alleviarla. Può solo sopportarla.
Gli eroi d'azione non esprimono apertamente il loro dolore.
Essi non parlano dei loro problemi. Non piangono e non hanno bisogno di rassicurazioni. Non fanno niente che possa apparire troppo femminile. In una società misogina e omofobica, noi richiediamo ai nostri eroi d'azione di essere stoici, eccetto quando si tratta di rabbia ("ardente" o "gelida" che sia). L'amore può essere la loro motivazione, ma solo attraverso la vendetta. Quando perdono il loro compagno, la moglie, il figlio, per colpa di qualche odioso malvagio, il loro dolore si esprime attraverso la retribuzione violenta.
Frodo è sempre riluttante all'uso della violenza. E' un sognatore, un introverso studioso, non un guerriero, ed osa esprimere il proprio dolore. Non è mai "lagnoso", bensì esprime tristezza e rimpianto, paura e disperazione.
Mi torna in mente il Frodo del film, ritto sulle rive dell'Anduin, con l'Anello sulla mano aperta. Le lacrime gli striano il viso. Sta cercando di decidersi ad andare avanti da solo con l'Anello - l'unica cosa che può fare per proteggere i suoi amici. Pensa: "Vorrei che l'Anello non fosse mai venuto da me. Vorrei che niente di tutto questo fosse mai successo". Chi può biasimarlo per questo terrore e questa sofferenza?
Frodo va avanti, con il fedele Sam come suo unico compagno. Marcia a piedi attraverso paesaggi desolati con poca speranza nel cuore e poco cibo nello stomaco. Dell'orribile battaglia che infuria dentro di lui, parla appena. Solo quando Sam gli chiede se ricordi un pasto speciale gustato in tempi migliori, Frodo ammette:
"No, temo di no, Sam. O piuttosto, so che sono cose accadute, ma non riesco a vederle. Né il sapore del cibo, né il gusto dell'acqua, né il rumore del vento, né il ricordo di erba, albero o fiore, né l'immagine della luna e delle stelle sopravvivono in me. Sono nudo nell'oscurità, Sam, e non vi sono veli tra me e il turbine di fuoco. Comincio a vederla anche ad occhi aperti, e ogni altra cosa scompare".
Questo non è essere lagnosi. Questo è dire le cose come stanno.
Gli eroi d'azione vincono sempre.
Non c'è nemmeno bisogno di dirlo, no? Gli eroi d'azione emergono vittoriosi. E inoltre la loro vittoria è irreprensibile e totalmente merito loro.
Frodo non vince, non esattamente. Riesce ad arrivare al Monte fato, grazie ai suoi instancabili sforzi e al benedetto aiuto di Sam, ma non getta l'Anello nel Fuoco. Dopo aver speso tutta la sua forza fisica e spirituale per arrivare lì, non può opporsi a un Anello reso onnipotente dalla vicinanza al suo nefasto luogo di nascita. Egli fa ciò che era stato avvertito di non fare mai e ciò contro cui ha lottato per mesi. Lo indossa. Soccombe. "Fallisce".
E' solo umano, Hobbit o meno che sia.
Quando l'Unico viene distrutto, ciò non avviene solo grazie agli sforzi di Frodo. Il suo obiettivo è raggiunto e la Terra di Mezzo è salvata, ma il suo ruolo in questo trionfo è solo parziale. E benché abbia sacrificato tutto ciò che aveva - corpo, mente, volontà, anima - non gli viene assicurata nemmeno una vittoria assoluta, né una morte gloriosa.
E naturalmente, quando tutto è finito e può tornare a casa, non è più lo stesso.
Non per questo crolla in preda alla disperazione. Lavora sul Libro Rosso, ad esempio, stendendo la cronaca della sua cerca e della Guerra dell'Anello. Dà il suo sostegno a Sam, incoraggiandolo a sposarsi e invitando lui e sua moglie a vivere a Casa Baggins. Eppure non riesce a trovare la pace. E' tormentato da incubi e altri sintomi di disagio psichico, per non parlare delle conseguenze spirituali di aver trasportato il maledetto Anello. Le sue ferite non guariscono. La sua "malattia" peggiora. Alla fine, arriva ad accettare di dover dire addio a tutti coloro che ama e cercare guarigione al di là della Terra di Mezzo.
Il "vero" eroismo
Dolore. Dubbio. Impotenza. Fragilità umana. Una fine che sembra così ingiusta.
Frodo è troppo reale per certa gente, e i loro tentativi per ridicolizzarlo riflettono il livello del loro disagio. La sua sofferenza è terrificante, troppo simbolicamente vicina a ciò che essi sopportano, o potrebbero sopportare, lungo il cammino della vita. Preferiscono paragonarsi ai vincitori, ai manipolatori del fato, a quelli che hanno il controllo, a quelli che non possono essere feriti. Vogliono eroi d'azione e una fine che lasci un buon sapore in bocca.
Ma questi eroi d'azione... non somigliano a nessuno che conosciamo, meno che mai a noi stessi. E quei dolciastri, hollywoodiani "e vissero felici e contenti"... sono un imbroglio, ben lontani da ciò che la maggior parte di noi si aspetta dalla vita.
Che ironia. "Il Signore degli Anelli" è stato spesso snobbato da alcuni come una "fantasia escapistica", eppure Frodo Baggins è più "reale" degli eroi del cinema contemporaneo, del tipo di Martin "Arma Letale" Riggs o John "Die Hard" McLane. E' piccolo. Ha paura. Il suo cuore è pesante. Non vince sempre. Quando le cose diventano troppo dure per lui, riesce a esprimere il suo dolore e a versare lacrime.
E' come noi.
Quanto lo amo per questo, per tutto questo. E' Frodo il "vero" eroe. Si inchina al Fato, ma non è passivo. Si sacrifica, ma non è una vittima. Piange, ma non è un debole. Trema, ma non si arrende mai.
Anche i miei amici ed io - e molte altre persone che attraversano la vita portando un pesante fardello - ci sentiamo piccoli e spaventati, e ancor di più se siamo privi di potere a causa della nostra classe o ruolo sociale, del nostro colore di pelle, del nostro sesso. Ogni giorno è duro. Non c'è alcuna sicurezza di vittoria, nessuna fine chiara, e sì, ci sono giorni in cui non riusciamo a fare altro che sederci e piangere.
Cosa hanno da offrirci i macho, gli eroi d'azione? Niente di vero. Niente di duraturo.
Frodo, d'altro canto, ci ispira e ci rende più forti. Per quanto possa essere fantastica la sua situazione, posso paragonarmi a lui. Lui è stanco e spaventato, come me. Non gli è stato promesso alcun premio, alcuna gloria. Nemmeno a me. L'amore lo spinge a continuare anche quando il suo cuore si spezza, e questa è una cosa che io riesco a comprendere.
Quando sono disfatta, quando sono così esausta e piena di disperazione che non credo di riuscire a proseguire nemmeno un altro secondo, quando sono tentata di arrendermi, io penso a Frodo. Frodo su quella riva del fiume. Frodo nelle Paludi Morte. Frodo a Mordor.
E allora, in qualche modo, trovo in me stessa la forza di fare un altro passo.
Con Frodo ad ispirarmi, so che la troverò sempre.