Testi Sindarin analizzati

A cura di Alberto Ladavas

 

 


Bibliografia:

ISdA = Il Signore degli Anelli

LRIT = La realtà in trasparenza

S = Silmarillion

RI = Racconti incompiuti

RP = Racconti perduti

RR = Racconti ritrovati

 

Legenda:

me = mutamento esplosivo

mmi = mutamento misto

mmo = mutamento morbido

mn = mutamento nasale

TdM = Terra-di-Mezzo


 

In corsivo grassettato sono riportati i vocaboli elfici, ed in corsivo le traduzioni.

 

 

Introduzione

Purtroppo, sono pochi i testi in Sindarin che sono giunti fino a noi, e per la maggior parte consistono in frasi  e poesie tratte da ISdA e dal S. Questo fatto costituisce il più grosso ostacolo allo studio di questa favella elfica, poiché effettivamente manca il materiale su cui potersi esercitare. Il testo in Sindarin più esteso che abbiamo è “La lettera del Re”, una parte dell’epilogo a ISdA che poi Tolkien decise di eliminare. Questo testo è stato successivamente pubblicato nel volume “Sauron Defeated”, purtroppo non pubblicato in Italia. Analizziamo adesso singolarmente ogni testo a nostra disposizione, suddividendoli in base al libro in cui è pubblicato.

 

 

Testi da “Il Signore degli Anelli”

 

Ai na vedui Dúnadan! Mae govannen! [ISdA272; I cap 12]: l’esclamazione di Glorfindel quando incontra Aragorn sulla via per Imladris. La traduzione completa non è fornita, ma la seconda frase è tradotta in [LRIT347] con “Ben incontrato!”, per cui la traduzione di tutta l’esclamazione dovrebbe essere “Ah, finalmente, Uomo dell’Ovest! Ben incontrato”.

La prima frase è composta da Ai, probabilmente un evocazione traducibile con “Ah”, dalla preposizione na = “a”, dall’aggettivo vedui < mmo di medui = “ultimo” e Dúnadan = “Uomo dell’Ovest”. La seconda frase è formata dall’avverbio mae = “bene” e govannen = “incontrato”, participio passato del verbo govad- = “incontrare”. La traduzione letterale dovrebbe quindi essere “Ah, all’ ultimo Uomo dell’Ovest! Ben incontrato!”.

 

Noro lim, noro lim, Asfaloth! [ISdA276; I cap 12]: l’incitamento di Glorfindel al proprio cavallo mentre subivano l’assalto dei Nazgûl al guado del Bruinen. Anche in questo caso la traduzione non è fornita, ma dovrebbe essere “Corri veloce, corri veloce, Asfaloth!”.

La frase è formata da noro = “corri”, imperativo del verbo nor- = “correre, rotolare”, lim, non noto ma probabilmente traducibile con “veloce”, e dal nome del cavallo Asfaloth.

 

A Elbereth Gilthoniel / Silivren penna míriel / O menel aglar elenath! / Na-chered palan-díriel / o galadhremmin ennorath, / Fanuilos, le linnathon / Nef aear, sí nef aearon! [ISdA302; II cap 1]: la canzone che Frodo ascolta nel Salone del Fuoco di Imaldris, tradotta in inglese nel volume “The Road Goes Ever On”, non pubblicato in Italia. La mia traduzione dall’inglese è “O Elbereth che accendi le stelle (Starkindler in originale) / (bianche) faville che digradano  scintillanti come gioielli / dal firmamento [la] gloria della volta stellata! / A remote distanze contemplando lontano / da [i] paesaggi intessuti di alberi della Terra-di-Mezzo / Semprebianca, a cui va il mio canto / da questa riva dell’oceano, qui da questa parte del Grande Oceano!”. Analizziamo ogni singolo verso separatamente

Il primo verso si apre con il vocativo a = “o” (da non confondere con la congiunzione a = “e”), seguono poi il nome proprio Elbereth = “Regina delle Stelle” l’appellativo Sindarin per Varda, sposa di Manwë, e l’appellativo Gilthoniel = “[Colei] che Accende le Stelle”.

Il secondo verso si apre con l’aggettivo silivren = “(bianco) sfavillante”, seguito dal presente penna = “digrada” (derivato dal verbo penna- = “digradare”) e dall’aggettivo míriel = “scintillante come gioielli” (derivato da mîr = “gioiello”).

Il terzo verso inizia con la preposizione o = “da”, seguita dal sostantivo menel = “cielo”, e dalla costruzione genitiva aglar elenath = “gloria delle stelle del firmamento”, formata da aglar = “gloria” e dal plurale collettivo elenath = “le stelle del firmamento” (formato da elen = “stella” con il suffisso collettivo –ath).

Il quarto verso ha la preposizione na = “a” seguita dal sostantivo chaered < mmo di haered = “remote distanze” e dal gerundio passato palan-díriel = “avendo contemplato lontano”.

Il quinto verso inizia con la preposizione o = “da” seguita dalla costruzione genitiva galadhremmin ennorath = “paesaggi intessuti di alberi della Terra-di-Mezzo”, formata dal aggettivo plurale galadhremmin = “intessuti di alberi” (singolare galadhremmen), vocabolo costituito da galadh = “albero”, rem = “rete, maglia” e dal suffisso aggettivale plurale –in, e dal plurale collettivo ennorath = “le Terre-di-Mezzo”, costituito da ennor = “Terra-di-Mezzo” con il suffisso collettivo –ath.

Il quinto verso si apre con l’appellativo di Varda Fanuilos = “Semprebianca”, seguito dal pronome le = “a te, ti” e dal futuro linnathon = “canterò” (derivato dal verbo linna- = “cantare”).

L’ultimo verso inizia con la preposizione nef = “da questa parte”, seguita dal sostantivo aear < mmo di gaear = “mare”, dal avverbio = “qui”, ancora dalla preposizione nef = “da questa parte” e dal sostantivo aeron < mmo di gaeron = “grande mare”, cioè aear con il suffisso –on.

La traduzione letterale dovrebbe perciò essere: “O Elbereth che accendi le stelle / sfavillante digrada scintillante come gioielli / dal cielo la gloria delle stelle del firmamento! / Avendo contemplato lontano a remote distanze / dai paesaggi intessuti di alberi delle Terre-di-Mezzo / a te canterò, Semprebianca / da questa parte del mare, qui da questa parte del grande mare!”

 

Naur an edraith ammen! Naur dan i ngaurhoth! [ISdA375; II cap 4]: l’incantesimo di Gandalf contro i lupi mannari che li assalirono di notte all’accampamento lungo la strada per Moria. La prima frase è tradotta nel volume “The Treason of Isengard” (non pubblicato in Italia) e dovrebbe tradursi con “Che il fuoco sia per la nostra salvezza!”; la seconda frase non è tradotta ma il suo significato dovrebbe essere “Fuoco contro l’orda di lupi mannari!”.

La prima frase è formata dal sostantivo naur = “fuoco”, dalla preposizione an = “per”, da edraith, non noto ma forse traducibile con “salvezza” e dal pronome ammen = “per noi”.

La seconda frase è formata dal sostantivo naur = “fuoco”, dalla preposizione dan = “contro” e da i-ngaurhoth < mn di in-gaurhoth, composto dall’articolo in = “i” e dal plurale collettivo gaurhoth = “orda di lupi mannari”, formato da gaur = “lupo mannaro” con l’aggiunta del suffisso collettivo –hoth = “orda, schiera” usato spesso in senso dispregiativo. Si noti l’uso dell’articolo plurale in, poiché la parola gaurhoth è effettivamente un plurale, traducibile semplicemente con “lupi mannari”.

 

 

Ennyn Durin Aran Moria: pedo mellon a minno. Im Narvi hain echant: Celebrimbor o Eregion teithant i thiw hin [ISdA383; II cap 4]: la famosa iscrizione in Ithildin sulle Porte di Moria. Tradotta nel testo con “Le Porte di Durin, Re di Moria. Dite, amici, e entrate. Io, Narvi, le feci. Celebrimbor di Eregion tracciò questi segni”, ma l’originale inglese porta ad una traduzione diversa e più fedele all’originale Sindarin, da me qui riportata:  “Le Porte di Durin, Re di Moria. Parla, amico, e entra. Io, Narvi, le feci. Celebrimbor di Eregion tracciò questi segni”.

Analizziamo una frase alla volta.                                                                                                                                                             

La prima frase è costituita da due costruzione genitive, formate da ennyn = “cancelli” (singolare annon) dal nome proprio del Nano Durin, da aran = “re” e dal nome proprio di Moria, e si traduce quindi con “Cancelli di Durin, Re di Moria”.

Segue poi la seconda frase, formata dall’imperativo pedo = “parla!” (derivato dal verbo ped- = “parlare”), dal sostantivo mellon = “amico”, dalla congiunzione a = “e” e da un altro imperativo, minno = “entra!” (derivato dal verbo minna- = “entrare”); la sua traduzione è quindi: “Parla, amico, e entra!”. In effetti mellon, come oggetto del verbo pedo, dovrebbe subire il mmo e diventare vellon, ma spesso il mmo m > v non è usato. Questo mancato mmo è oggi molto dibattuto, perché secondo molti studiosi di Sindarin, è il motivo per cui Gandalf non comprende subito quale sia la parola da pronunciare per aprire le Porte di Moria, e fu consciamente voluto da Celebrimbor e Narvi.

La terza frase è formata dal pronome im = “io”, dal nome proprio del Nano Narvi, dal pronome hain = “loro, essi” e dalla terza persona passata echant = “feci” (derivato dal verbo echad- = “fare”), e va quindi tradotto letteralmente con “Io, Narvi, feci loro” cioè “Io, Narvi le feci”.

La quarta e ultima frase è formata dal nome proprio del Noldo Celebrimbor, dalla preposizione o = “da, di”, dal nome proprio geografico Eregion, dalla terza persona passata teithant = “tracciò, scrisse” (derivata dal verbo teitha- = “tracciare, scrivere”), dal mn i thiw < in tiw, con l’articolo in = “le” e tiw < tîw = “lettere” (singolare têw) e dall’aggettivo hin = “queste” (singolare invariato), posto dopo il sostantivo a cui si riferisce come usuale; la traduzione è quindi: “Celebrimbor di Eregion tracciò le lettere queste” o correttamente “Celebrimbor di Eregion tracciò queste lettere”. In effetti hin, come aggettivo, dovrebbe subire il mmo e diventare chin.

 

Annon edhellen, edro hi ammen! Fennas nogothrim, lasto beth lammen! [ISdA384; II cap 4]: l’invocazione di Gandalf per far aprire le Porte di Moria. La traduzione non è fornita ma dovrebbe essere “Cancello elfico, apriti adesso per noi! Via d’acceso del popolo dei Nani ascolta la parola della nostra lingua!”.

Questa invocazione è formata da due frasi che analizziamo separatamente.

La prima è formata dal sostantivo annon = “cancello”, dall’aggettivo edhellen = “elfico”, dall’imperativo edro = “apriti!” (derivato dal verbo edra- = “aprire”), hi = “ora, adesso”, e dal pronome ammen = “per noi”, ed è quindi traducibile con: “Cancello elfico, apriti adesso per noi!”.

La seconda frase è formata dalla costruzione genitiva di fennas = “via d’accesso” e nogothrim = “Nani”, dall’imperativo lasto = “ascolta!” (derivato dal verbo lasta- = “ascoltare”), dal sostantivo beth < mmo di peth = “parola” (come giusto essendo l’oggetto di un verbo) e da lammen, vocabolo apparentemente composto da lam = “lingua” con l’aggiunta del suffisso aggettivale men = “del nostro” (formato dal suffisso pronominale –m = “noi” e dal suffisso aggettivale –en, come in ammen = “per noi”). La traduzione è quindi: “Via d’accesso dei Nani, ascolta la parola della nostra lingua!”.

 

Edro! Edro! [ISdA384; II cap 4] : l’esclamazione di Gandalf incollerito, mentre colpisce le Porte con il suo bastone. Tradotto nel testo con “Apriti! Apriti!”. Letteralmente, edro = “apriti!” è l’imperativo del verbo edra- = “aprire”.

 

A Elbereth Gilthoniel / o menel palan-diriel, / le nallon sí di’nguruthos! / A tiro nin, Fanuilos! [ISdA879; IV cap 10]: l’ispirata invocazione di Sam nella tana di Shelob in Cirith Ungol, tradotta nel volume “La realtà in trasparenza”: “O Elbereth figlio delle stelle / che dal cielo guardi lontano, / io ti invoco ora dall’oscurità della (paura della) morte! / Guarda verso di me Semprebianco!”. La traduzione italiana appare però differente dall’originale inglese, riportata nel volume “Letters” da me qui tradotta: “O Elbereth che accendi le stelle (Star-kindler nell’originale) / che dal cielo guardi lontano, / io ti invoco ora dall’ombra della morte! / Guarda verso di me Semprebianco!”. Analizziamo ogni singolo verso separatamente

Il primo verso si apre con il vocativo a = “o” (da non confondere con la congiunzione a = “e”), seguono poi il nome proprio Elbereth = “Regina delle Stelle”, l’appellativo Sindarin per Varda, sposa di Manwë, e l’appellativo Gilthoniel = “[Colei] che Accende le Stelle”.

Nel secondo verso si ha la preposizione o = “da”, il sostantivo menel = “cielo” e il participio presente palan-diriel = “che guardi lontano”, derivato dal verbo palan-dir- = “guardare lontano e vasto” (formato da palan = “lontano e vasto” e dir < mmo di tir- = “guardare”).

Il terzo verso inizia con il pronome le = “a te, ti”, seguito dal presente nallon = “invoco” (derivato dal verbo nalla- = “invocare”), dall’avverbio = “qui”, dalla preposizione di = “sotto” (usata qui con il significato di “nella”) e dal vocabolo nguruthos < mmo di guruthos derivato da gur(u)th = “morte”. Non è chiaro da dove provenga la traduzione “oscurità” o “ombra”, forse la parola guruthos indica il concetto di “ombra della morte”.

L’ultimo verso inizia ancora con il vocativo a = “o”, seguito dall’imperativo tiro = “guarda!” (derivato dal verbo tir- = “guardare”), dal pronome nin = “me stesso, nei miei riguardi” e da un altro appellativo di Varda, Fanuilos = “Semprebianca”. Si noti che non si ha nessun vocabolo Sindarin per “verso”, ma questo dovrebbe essere inglobato nel verbo tir-, assumendo il significato di “vigilare, sorvegliare”.

 

Cuio i Pheriain anann! Aglar’ni Pheriannath! … Daur a Berhael, Conin en Annûn! Eglerio! … Eglerio! [ISdA1138; VI cap 4]: l’esclamazione con cui furono salutati i Portatori dell’Anello, Sam e Frodo, sul campo di Cormallen, tradotta in [LRIT347] con“Possano i Mezzi-uomini vivere a lungo! Gloria ai i Mezzi-uomini! … Frodo e Sam, Principi dell’Occidente! Sia loro gloria! … Sia loro gloria!”.

Questa esclamazione è divisa in quattro parti che analizziamo separatamente.

La prima parte è formata dall’imperativo (impersonale) cuio = “vivano!” (dal verbo cuia- = “vivere”), dal mn i Pheriain < in Periain formato da in = “i” e Periain = “Mezziuomini” (singolare Perian), e dalla probabile proposizione anann, formata da an = “per” e ann = “lungo”, e traducibile quindi con “per lungo [tempo]”; la traduzione letterale dovrebbe quindi essere “Vivano i Mezziuomini per lungo [tempo]!”.

La seconda parte e formata dal sostantivo aglar = “gloria”, dal mn ‘ni Pheriannath < an in Periannath, costituito dal preposizione an = “per”, dall’articolo in = “i” e dal plurale collettivo Periannath = “Mezziouminit”; la traduzione letterale dovrebbe  quindi essere: “Gloria per i Mezziuomini!”.

La terza parte è formata dal nome proprio Daur (Frodo), dalla congiunzione a = “e”, dal nome proprio Berhael (Samvise), dal sostantivo conin = “principi” (singolare cund), dalla preposizione en = “del”, e dal sostantivo Annûn = “Occidente”; la traduzione è quindi: “Frodo e Samvise, principi dell’Occidente”.

La quarta e ultima parte è formata dalla ripetizione dell’imperativo eglerio = “glorificate!”, derivato dal verbo egleria- = “glorificare”, ed è quindi traducibile letteralmente con “Glorificate[li]! … Glorificate[li]!”.

 

Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim [ISdA1266; App A]: il linnod, o lamento, che Gilraen disse a suo figlio Aragorn l’ultima volta che lo vide, tradotto in una nota a piè di pagina con “Ho dato la speranza ai Dúnedain, non ne ho conservata per me [stessa]”.

Questo linnod è formato da due parti che analizziamo separatamente.

La prima è formata da onen, probabile prima persona passata irregolare del verbo onna- = “generare, causare” (quella regolare sarebbe onnen), traducibile quindi con “generai, causai”, e dalla costruzione genitiva costituita da i = “il”, dal sostantivo estel = “speranza” e dal sostantivo Edain = “Uomini (delle Tre Case)” (singolare adan); la traduzione dovrebbe quindi essere: “Generai la speranza degli Uomini”.

La seconda parte è formata dal presente ú-chebin = “non conservo”, costituito dal prefisso negativo ú- e da chebin < mmo di hebin = “tengo, conservo” (derivato dal verbo heb- = “tenere, conservare”), dal sostantivo estel = “speranza” e dal pronome anim = “per me stesso”; la traduzione dovrebbe quindi essere: “non conservo speranza per me stessa”.

 

 

Testi da altre fonti

 

Gurth an Glamhoth! [RI63]: l’imprecazione di Tuor rivolta ad un accampamento di Orchi, tradotta nella nota 18 a pag 82 con “Morte all’orda assordante!”.

Questa esclamazione è formata dal sostantivo gurth = “morte”, dalla preposizione an = “per” e dal sostantivo collettivo glamhoth, tradotto nel testo con “orda assordante”, ma la traduzione sembra in effetti essere un’altra.  In [RP404] si trova il vocabolo Noldorin (Antico Sindarin) glâm = “odio”, per cui, l’aggiunta del suffisso collettivo -hoth = “orda, schiera”, darebbe come significato “orda dell’odio”. In effetti non c’è nessun articolo davanti a Glamhoth e se lo si volesse aggiungere, bisognerebbe porre l’articolo plurale in = “i”, ottenendo semplicemente: Gurth an in Glamhoth! o in forma accorciata “Gurth ‘nin Glamhoth!”.

 

Alae! Ered en Echoriath, ered e-mbar nín! [RI65]: l’esclamazione di Voronwë quando scorse le pareti degli Echoriath dietro le quali si trovava Gondolin, parzialmente tradotta nella nota 19 a pagina 82 e riportata però in maniera errata. La traduzione corretta è: “Alae! [“Guarda!”?] Le montagne dell’Echoriath, le montagne della mia casa!”.

L’esclamazione iniziale (Alae!) non è conosciuta, ma potrebbe essere ragionevolmente tradotta con “Guarda!”. La frase successiva è composta dal sostantivo irregolare ered = “montagne” (singolare orod), dalla preposizione en = “del”, dal nome proprio di montagne Echoriath, ancora da ered, dal mmi e-mbar < en bar, formato ancora da en e dal sostantivo bar < bâr = “casa, dimora”, e dall’aggettivo nín = “mio”, posto dopo il sostantivo a cui si riferisce come corretto e che non subisce il mmo come tutte le parole in n-.

 

Lacho calad! Drego morn! [RI96]: il grido di battaglia della Casa di Hador, tradotto nel testo con“Fiammeggia Luce! Fuggi Notte!”.

Il grido è formato dall’imperativo lacho = “fiammeggia!” declinato dal verbo lacha- = “ardere, fiammeggiare”, dal sostantivo calad = “luce”, dal secondo imperativo drego = “fuggi!”, declinato dal verbo drega- = “fuggire”, e dal aggettivo morn = “nero, scuro”, usato qui come sostantivo per “Notte”; più appropriato sarebbe stato il sostantivo fuin = “tenebra, oscurità”. Bisogna notare che calad e morn, come oggetti di un verbo dovrebbero subire il mmo, per cui dovrebbero diventare galad e vorn, anche se spesso il mmo m > v è ignorato.

 

Al di fuori de ISdA, la fonte più importante di testi Sindarin, oltre ad essere anche il più lungo testo in qualsiasi lingua elfica, è la “Lettera del Re”, parte dell’epilogo a ISdA, che Tolkien successivamente decise di eliminare. Con questa lettera, Aragorn, ormai re di Gondor, annuncia a Sam una sua imminente visita ai confini della Contea, e lo invita a presentarsi al ponte sul Baranduin insieme a sua moglie e a tutti i suoi figli; questo testo fu poi pubblicato nel volume “Sauron Defeated”, non pubblicato in Italia. Nel seguito riporto il testo originale e la mia traduzione dall’inglese.

Elessar Telcontar: Aragorn Arathornion Edhelharn, aran Gondor ar Hîr i Mbair Annui, anglennatha i Varanduiniant erin dolothen Ethuil, egor ben genediad Drannail erin Gwirith edwen. Ar e aníra ennas suilannad mhellyn în phain: edregol e aníra tírad i Cherdir Perhael (i sennui Panthael estathar aen) Condir i Drann, ar Meril bess dîn; ar Elanor, Meril Glorfinniel, ar Eirien sellath dîn; ar Iorhael, Gelir, Cordof, ar Baravorn, ionnath dîn. A Pherhael ar am Meril Suilad uin aran o Minas Tirith nelchaenen uin Echiur.

“Elessar Telcontar (nomi Quenya): Aragorn figlio di Arathorn, Gemma-elfica, re di Gondor e Signore delle Terre Occidentali, si avvicinerà al Punte sul Baranduin nell’ottavo giorno di Primavera, ovvero secondo il calendario della Contea il secondo giorno di Aprile. Ed egli desidera lì salutare  tutti i suoi amici. Specialmente egli desidera vedere Mastro Samwise (che dovrebbe essere chiamato Fullwise), Sindaco della Contea, e Rosa sua moglie; e Elanor, Rose, Cioccadoro e Daisy le sue figlie; e Frodo, Merry, Pipino e Hamfast, i suoi figli. Per Samwise e Rosa il saluto del Re di Minas Tirith, il trentunesimo giorno di Stimolo.” (Ho mantenuto la versione originale Samwise e non Samvise per lasciar intendere il gioco di parole tra parentesi.)

Il testo è lungo e complesso, perciò lo analizziamo frase per frase.

 

Note dell’autore

Il presente saggio rappresenta un tentativo di fornire un’analisi dei pochi testi Sindarin a noi noti; non ha la pretesa di essere completo, ne di essere del tutto corretto.

Per compilare questo saggio, ho impiegato diverse fonti, materiale reperito in rete (che si basa sulle opere di Tolkien pubblicate in inglese e che da noi non sono state ancora tradotte, e forse mai lo saranno. Per questo ringrazio Helge Fauskanger, autore dell’Ardalambion e Gianluca Comastri  che lo ha tradotto in italiano), e le opere di Tolkien che sono pubblicate in Italia.

Questo saggio non è stato compilato per scopi di lucro, ma solo per diffondere un interessante aspetto del fantastico mondo che Tolkien ha creato; chiunque può usufruirne e riprodurlo (interamente o in parte) purché non a fini di lucro e citandone l’autore.

Per commenti, suggerimenti, consigli e critiche scrivete a: beowyf@libero.it