sistono differenti ragioni sul perché molte persone trovino allegorico
Il Signore degli Anelli e la storia recente può essere quella
più immediata. Non può certo esser negato che fenomeni non culturali
e legati alla letteratura abbiano portato, con un certo accordo,
ad un crescente interesse per il romanzo, alimentando il suo successo.
Ci sono indubitabilmente numerose cose che possono essere viste
come paralleli di eventi storici o con una certa visione della vita,
sebbene Tolkien chiarisca che l'allegoria, che userebbe personaggi
ed eventi del romanzo soltanto per portare il proprio messaggio
e non per il bene della storia, non fu mai sua intenzione. Vedendo
la maniera in cui molte persone abusavano del suo libro per le loro
interpretazioni, nella prefazione alla seconda edizione de Il
Signore degli Anelli, egli scrisse: "Per quanto riguarda ogni
significato nascosto o 'messaggio', nessuno di loro è nelle intenzioni
dell'autore. Esso [il romanzo, N.d.T.] non è ne' allegorico né d'attualità."
(SdA, xvi).
Le origini delle allegorie
Tolkien porta come argomento contro la spesso sentita allegoria
della II Guerra Mondiale, che l'abbozzo della storia prese la sua
via prima del 1939. Per quanto riguarda l'allegoria, egli nota,
"Cordialmente non amo l'allegoria in nessuna delle sue manifestazioni.
[.] molti confondono 'applicabilità' con 'allegoria'; sebbene una
risieda nella libertà del lettore, l'altra nel proposito di dominio
dell'autore." (SdA, xvii). Altrove, Tolkien prende un'altra
posizione a riguardo di questo trattamento del suo lavoro: "Una
descrizione allegorica di un evento non fa questo elemento allegorico
di per sé." (Moseley, 76; citato da "Pearl and Sir Orfeo").
Può darsi che "questo rifiuto dell'allegoria si possa vedere come
un invito a vedere se essa possa andare bene" (Moseley, 76);
principalmente, però, era la visione della storia di Tolkien a negare
un significato allegorico. "La storia, pensava Tolkien, è variabile
nella sua applicabilità. Ma se si comprende a fondo, la si può vedere
ripetersi da sé." (Shippey, 152; mio corsivo). Proprio
questa ripetizione della storia può leggersi da Il Signore degli
Anelli; non il modello di una storia specifica, ma il ritratto
di un comune pezzo di storia umana di cui la guerra è un principale
fattore formativo. In questo modo, il romanzo è allegorico, ma non
per una certa e singola circostanza, bensì per il flusso e gli eventi
della storia umana per intero. Ridurre il romanzo ad un interesse
singolo è differente dal fare applicazioni con eventi simbolici,
nella maniera in cui "il simbolico permette al lettore ed alla sua
cognizione di prender parte alla creazione del significato, l'allegorico
nega questa possibilità" (Moseley, 72). Poiché la storia
si ripete nello stesso modo, il ricorso è naturalmente possibile,
così come lo è per molti eventi nella vita reale; una nuova guerra
può sempre esser comparata con e vista come un parallelismo di una
prima di essa.
Ma le istanze non possono essere escluse leggendo Il Signore
degli Anelli: " Il vero punto sta nel fatto che le teorie di
Tolkien sulla natura, il male, la fortuna e sulla nostra percezione
del mondo generano una sorta di sottoprodotti di istanze moderne
e politiche." (Shippey, 155). Qualsiasi allegoria o ricorso
deve in ogni caso esser trattata con cautela, e molte allegorie
possono, nel senso indicato dall'autore, esser rifiutate così pienamente
che rimarrebbero soltanto sfocati parallelismi, come sono in procinto
di dimostrare.
Allegorie storiche
Il tipo di allegoria più comune per Il Signore degli Anelli è
quella di chiamare Tolkien uno scrittore di guerra ed il libro una
riflessione su di una guerra storica, a scelta la Prima o la Seconda
Guerra Mondiale, oppure la Guerra Fredda. La I Guerra Mondiale è
qui principalmente vista semplicemente come un'influenza su Tolkien,
dettandogli, con la sua esperienza nella Somme, la descrizione del
paesaggio e dell'ambiente di Mordor e provocando la sua demonizzazione
del progresso e della tecnologia. Tolkien ammise che Sam Gamgee
fosse modellato su differenti soldati della guerra del 1914, i soldati
semplici e gli attendenti (comp. Kessler, 1f.). Come in entrambe
le guerre, il nemico ne Il Signore degli Anelli non è visto
come una massa di individui e uomini, ma come un'entità collettiva.
Questi, però, sono soltanto meri parallelismi, e di sicuro non comprendono
l'intero complesso del romanzo. Ciò che più conta, si può dire di
sicuro che Tolkien sarebbe partito schivando la tradizione Germanica,
essendo stata profondissima l'influenza della I Guerra Mondiale.
E' frequente l'utilizzo del romanzo come allegoria della Seconda
Guerra Mondiale, ed e' vero che stretti parallelismi possono esser
tracciati in numerose cose. Denethor e Saruman ricordano al lettore
attento i governi-fantoccio, Vichy e collaborazioni come quella
di Quisling. Visto come un'allegoria, Warren Lewis disse: "Una gran
parte di esso può esser letto in senso attuale - la Contea al posto
dell'Inghilterra, Rohan come la Francia, Gondor al posto della Germania
del futuro, Sauron come Stalin." (Kessler, 3). Una miscela
di Seconda Guerra Mondiale e Guerra Fredda si ritrova spesso in
questo campo dell'allegoria, e alcuni studenti in "Inghilterra e
USA estraggono dai libri di Tolkien una mitologia politica per questo
tempo di una Guerra Fredda che potrebbe facilmente trasformarsi
in una combattuta" (Moseley, 72); mentre altri adottano il
disprezzo di Tolkien verso il progresso per i propri movimenti Verdi.
Differenti eventi e condizioni nel romanzo portano verso molteplici
interpretazioni riguardanti la II Guerra Mondiale: principalmente
comparando Sauron ad Hitler e l'Anello con la bomba atomica. Il
paragone per cui gli orchi sono un prodotto d'incroci genetici,
va in questa direzione, ricordando gli esperimenti condotti dal
Dr. Mengele sugli Ebrei di Auschwitz.
Ma tutte queste allegorie in cui Sauron sarebbe Hitler, alleato
con Saruman che starebbe per l'URSS ed in guerra contro l'alleanza
occidentale di Gondor e Rohan sono destinate a sgretolarsi, non
per ultimo a causa degli errori e deficit storici dei rispettivi
autori. La personificazione di Hitler che incarnerebbe tutto il
male della Germania nazista non è altro che il più trascurabile
sbaglio. Skeparnides, per esempio, prova soltanto quanto tempo sia
passato dall'ultima volta in cui e' stato a scuola ed ha imparato
qualcosa a proposito della Seconda Guerra Mondiale, datando l'invasione
tedesca della Russia, l'Operazione Barbarossa, al 1943, quando
questa era avvenuta nel 1941 (comp. Skeparnides, l. 101).
Michael Tagge non fa di meglio, né risulta storicamente più corretto,
quando afferma che "Hitler [sic!] tentò una varietà di esperimenti
genetici al fine di produrre la razza Ariana." (Tagge,
l. 57f.; mia enfasi). Né Hitler di per sé prese parte ad un
solo esperimento, né il nazismo voleva "creare la razza Ariana"
- niente potrebbe esser più lontano dalla verità, poiché il nazista
sicuro di sé credeva fermamente che i tedeschi fossero l'ultima
incarnazione della suprema razza Ariana: perché quindi avrebbero
dovuto provare a riprodurla? I terribili esperimenti del Dr. Mengele
avevano differenti "mire". Un altro grave errore di questo autore
è stato dichiarare che, " In Europa, gran parte delle lingue sono
romanze, tranne che quella tedesca. Il tedesco e' molto differente
da qualsiasi altro linguaggio europeo." (Tagge, l. 151 f.).
Tolkien, come filologo, dovrebbe rivoltarsi nella tomba. Tagge qui
ignora completamente le relazioni dei linguaggi Germanici (!) Tedesco,
Inglese, Norvegese, Svedese, Islandese ed altri, tra cui l'Yiddish.
Le stesse differenti allegorie possono, indipendentemente dal resto,
esser rifiutate, come quella menzionata ne The Road to Middle-earth:
l'Anello che starebbe per la bomba atomica, essendo stato preso
ed usato contro Sauron, messo in schiavitù e Barad-dûr occupata.
Saruman è in grado di ottenere la conoscenza per costruire per suo
conto un Grande Anello a Mordor. Qualcuno potrebbe dire che i parallelismi
sono corretti, essendo Sauron i poteri dell'Asse, le genti libere
l'alleanza occidentale e Saruman l'URSS (comp. Shippey, 316).
Tuttavia, questo non risulta evidente ne Il Signore degli Anelli:
è solo che, avendo dato al romanzo il significato d'una allegoria
della Seconda Guerra Mondiale, questo è come lo sviluppo avrebbe
dovuto essere; il fatto che non prenda questa strada, prova come
errata tale allegoria. Non doveva essere in alcun modo un romanzo
di guerra, e certamente non un romanzo contro la guerra. Inoltre,
quando Tagge scrive che "La battaglia di Mordor, la distruzione
dell'Anello e la conseguente fine della guerra mi ricordano gli
ultimi atti della II Guerra Mondiale, quando gli USA gettarono la
bomba atomica su Hiroshima" (Tagge, l. 97 ff.), trascura due cose
importanti. In primo luogo, la bomba su Hiroshima fu solo la prima,
seguita da quella su Nagasaki; in questo modo, il parallelismo non
puo' esser mantenuto. Più importante, il fatto di gettare l'Anello
nel fuoco sottoscrive un atto di vite salvate, la riduzione del
potenziale di distruzione, mentre il bombardamento del Giappone
fu l'esatto opposto. Skeparnides senza volerlo dice precisamente
qual'è la quintessenza di tutto ciò: che la Guerra dell'Anello è
"un parallelismo diretto tanto delle guerre mondiali quanto della
storia umana." (Skeparnides, l. 96 f.). Il Signore degli
Anelli, come un parallelo della storia umana in generale, non
può naturalmente esser ridotto ad essere un parallelo d'un singolo
evento, ed in alcun modo si può presumere che Tolkien lo abbia fatto.
Allegorie ideologiche
Tolkien è stato spesso anche accusato di, o ammirato per, convogliare
un'istanza ideologica o filosofica attraverso il suo presunto romanzo
allegorico. Rosemary Jackson definì l'elevata fantasy tolkieniana
"un veicolo conservatore per la repressione istintuale e sociale"
(Moseley, 72) ed una omologazione di una borghesia bancarottiera.
Qualsiasi cosa il ritratto di genere e classe ne Il Signore degli
Anelli possa aver causato in alcuni lettori, non può esser negato
che il romanzo sia talmente vicino allo stile medievale ed antico
che queste non possono essere argomentazioni contro Tolkien - e
neppure si possono accusare per questo i poeti medievali. Lo stesso
vale per Skeparnides, che chiama Tolkien, e Shakespeare insieme
a lui (!), un "sovrintendente [.] del suo sistema di valori morali
maschili" (Skeparnides, l. 31 f.).
Un'istanza del tutto diversa arriva dal musicista ed attivista pagano
norvegese Varg Vikernes, attualmente ancora incarcerato per omicidio.
Egli proclama che Tolkien dipinse il lato malvagio come uno specchio
del paganesimo, e paragona Barad-dûr con il trono di Odino Hlidhskjalf,
l'Anello con Draupnir e l'occhio-che-tutto-vede di Sauron
con l'unico occhio di Odino (comp. Moynihan, 150). Laddove
i Vagabondi sembrano a lui come i Berserker Norreni, egli Uruk-Hai
come gli Ulfhethnar - lupi mannari -, gli Elfi gli appaiono
"tipicamente Giudaici", "arroganti, che dicono ´Noi siamo gli eletti´"
(Moynihan, 150). Questo deriva dalla peculiare visione di
bene e male di Vikernes, differente dalla normale, occidentale,
filosofia Cristiana: " Sebbene Burzum [il nome del suo gruppo musicale
- l'autore] significa tenebre, in realtà è la luce di Odino. Le
tenebre sono la luce." (Moynihan, 151). E' vero che l'elemento
lupino che appare nella fazione di Sauron è tipicamente pagano e
che i lupi erano sacri ad Odino; e qualcuno potrebbe anche seguir
oltre la visione radicale di Vikernes paragonando lo struggimento
degli Elfi per Valinor a quello del popolo Ebraico per Sion.
Ma ciò che anche Vikernes deve notare è la "paganità" presente anche
nel lato del bene: Gandalf, simile ad un Odino girovago, i Nani
con le loro rune ed i Rohirrim con la loro immagine Anglosassone,
e proprio per questo, Germanica. Ancor più prominente contro la
tesi di Vikernes è il credo attuale di Tolkien: "egli aveva poca
tolleranza verso i reali miti pagani o per i mitizzatori ingenui"
(Shippey, 178); e Tolkien, come Cristiano, fu di certo non
meno opposto al paganesimo a causa dei suoi interessi nel nord:
"Egli non aveva dubbi che il paganesimo fosse debole e crudele"
(Shippey, 179), negando l'immagine frequente di "nobile pagano".
Elementi allegorici nel romanzo
Una visione più moderata e comprensibile è quella per cui Tolkien
non scrisse intenzionalmente un'allegoria, ma potrebbe, come essere
umano, non aver tenuto completamente fuori elementi allegorici.
Per Skeparnides, il risultato del conflitto "porta un potente messaggio
allegorico" (Skeparnides, l. 90 f.), ed asserisce che un
mondo fittizio come quello della Terra di Mezzo può esser costruito
soltanto in base alle caratteristiche del mondo reale. Ancora una
volta, il punto debole di tale discorso è che, in contrasto con
l'affermazione di Tolkien, cerca di provare l'esistenza di allegorie
all'interno del romanzo come intenzionali ed inevitabili. Questo
è sbagliato, come l'autore dovrebbe affermare, mentre il punto per
cui questi parallelismi potrebbero essere qui involontariamente,
inseriti inconsciamente da Tolkien, è un argomento che non si ritrova
nei saggi discussi più sopra.
Michael Tagge cerca di provare la sua affermazione: "Se la 'fantasy
si basa su fatti concreti' (Ready, 177), allora Il Signore degli
Anelli poggia completamente su eventi storici, terre, religione,
governi e altre opere di autori differenti" (Tagge, l. 151 f.)
presentando l'esempio della gente di Forodwaith, creata in base
al modello degli Eschimesi.
Come spero di aver chiarito più sopra, questi parallelismi non sono
modellati sulla realtà, ma semplicemente appaiono sempre là dove
vengono descritti esseri umani; nel caso specifico, chiunque vivesse
in un deserto di ghiaccio, si comporterebbe come gli Eschimesi e
la gente di Forodwaith.
Alcune risposte sulla questione dell'allegoria
Appare da tutti questi assunti, interpretazioni ed allegorie principalmente
una cosa: che "il senso di un significato nascosto nel libro guida
i lettori imponendo molte interpretazioni allegoriche su di esso,
le quali ci parlano però più dei loro bisogni e valori che del libro
in sé" (Moseley, 76). Questa è attualmente la quintessenza
di ciò che sta dietro all'inventare allegorie: ognuno le rende pronte
alla propria filosofia. Questo e' certamente riduttivo, poiché una
buona allegoria dovrebbe chieder di assorbire " ogni singolo dettaglio
[.] nello schema di significati paralleli di una singola notazione
e questo non può esser fatto con la sua [i.e. di Tolkien] opera"
(Moseley, 77). Come Mordor ed il suo male, il concetto è
"cosmico nel significato più che contemporaneo " (Moseley, 77).
È come Tolkien disse in Beowulf, " un vasto simbolismo è
vicino alla superficie, ma [...] non fa breccia né diviene allegoria"
(Shippey, 152). Questo si adatta allo stesso modo a Il
Signore degli Anelli dove l'allegoria avrebbe inevitabilmente
significato che il romanzo dovesse avere un solo significato; questo
da solo prova quanto tutte le allegorie siano errate - e seppur
Tolkien avesse avuto un'intenzione allegorica, tutti questi assunti
risulterebbero comunque sbagliati, tranne quell'unico a cui Tolkien
aveva realmente voluto dare significato.
Per quanto riguarda l'applicabilità della storia umana e della mitologia
umana, è precisamente "un affare pericoloso tracciare in modo definitivo
un 'significato profondo' Tolkieniano da queste varie ´applicabilità´"
(Shippey, 155).
Gli argomenti del romanzo sono fin troppo cosmici per essere allegorici
- il bene contro il male si trova fin troppo sovente -, ciononostante
l'ampio spettro lascia al lettore abbondanza d'occasioni per la
sua applicabilità, soltanto non potrebbe assumerli come il singolare
significato intimo di esso. Paralleli possono ben adattarsene, ma
è altro il caso se siano conformi alle intenzioni di Tolkien - la
maggior parte di essi non lo sono. In ogni conflitto, se ne può
allineare uno o un altro lato al Il Signore degli Anelli;
pure di più se non si concorda con la Tolkieniana concezione di
bene e male. È probabilmente soltanto l'incredulità del popolo nella
grandezza d'immaginazione di Tolkien che conduce ad accusarlo di
scrittura allegorica, pregiudiziale, oppure copiata dalla realtà.
A mio modesto parere, dare al romanzo tali significati allegorici come quelli descritti sopra, mi ricorda una abitudine degli antichi Romani che pensavano che gli dei forestieri non fossero altro che i loro propri dei, soltanto sotto differenti nomi. Quindi essi li ridenominavano alla maniera delle loro divinità, distruggendo ciò che degli dei forestieri non s'adattava ai loro schemi. V'è una espressione adeguata per ambedue le abitudini: evidente riduzionismo.
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