Il Kalevala
di Rita "Mistaya" Nardelli

isto che il nostro amato professore si è ispirato a molte saghe nordiche, tra cui il prezioso 'Kalevala', di cui non esiste alcuna copia in lingua italiana attualmente in commercio, ho deciso di farvi questo riassunto, che poi tanto riassunto non è, almeno per dare un'idea, a chi non lo conoscesse, della trama e dei temi trattati.
La maggior parte di questo scritto è, come ovvio, tratto direttamente dalla versione poetica; in alcune parti però, per sopperire alla mancanza di informazioni, mi sono rifatta alle versioni in prosa (per es. l'introduzione in corsivo all'ultima parte del riassunto) oppure ho dato una mia interpretazione personale ad alcuni passaggi: non me ne vogliate.

INFORMAZIONI GENERICHE

Il Kalevala o 'Terra di Kaleva' è l'epopea nazionale finlandese, e Kaleva è il nome del progenitore della stirpe finnica.

Questa opera fu completata nel 1849 da Elias Lönnrot, un medico finlandese studioso di filologia, di letteratura e di folclore. Egli viaggiò per la Finlandia e i Paese limitrofi raccogliendo il suo materiale fra la gente semplice del popolo e dai cantastorie: questi erano per lo più canti brevi tramandati per via orale, ma quasi tutti avevano in comune gli stessi personaggi. Lönnrot così decise di dare organicità a questa mitologia, trasmessa fin ad allora solo oralmente e in modo frammentario, e cominciò la sua opera di componimento, finché nel 1835 completò un poema unico in 32 runot. In seguito portò avanti il suo lavoro di elaborazione fino a giungere ad una seconda e definitiva versione del suo scritto: un poema di 50 runot composto da circa 23.000 versi.

In breve il poema narra le avventure di tre eroi: Väinämöinen (l'eroe saggio, il cantore sempiterno), Ilmarinen (il fabbro eterno, l'ingegnoso) e Lemminkäinen o Kaukomieli (il guerriero scapestrato e aggressivo), e della rivalità tra due reami, il reame del Sud o Kalevala e il reame del Nord o Pohjola.

IL POEMA

RUNO PRIMO - Proemio

"Or prendiamoci le mani,
intrecciam dito con dito,
sì che ben possiam cantare
e del nostro meglio fare:
perché sentan questi amici
ed ascoltino i benigni
nella stirpe che su viene
e nel popol che cresce
questi canti tramandati,
questi versi messi in luce (30)
di Väinö dalla cintura,
d'Ilmari dalla fucina,
di Kauko tolti alla spada
ed all'arco d' Joukahainen,
dai confini di Pohjola,
di Kaleva dalle lande.
Li cantava prima il babbo
affilando la sua scure:
li insegnava a me la mamma
mentre il fuso ritorceva: (40)
quando bimbo, sul piancito
ruzzolavo sui ginocchi,
sbarazzino, con la bocca
piena di latte accagliato.
Non mancavan canti al Sampo,
non a Louhi gli scongiuri:
invecchiò coi canti il Sampo,
sparver Louhi e gli scongiuri,
morì Vipunen coi versi
e coi giuochi Lemminkäinen. (50)
(.)
Stetter lungo tempo i versi
in quel freddo nascondiglio: (80)
ch'io dal freddo ora li tolga,
ch'io dal gelo i canti levi,
porti il bussol nella stanza,
la cassetta sulla panca,
sotto la trave maestra,
sotto il tetto rinomato?
Aprirò dei versi l'arca
ed il bussolo dei canti?
Il gomitol ch'io sdipani
e disfaccia la matassa? (90)"

La Vergine dell'aria, Ilmatar, discese nel mare dove, fecondata dal vento e dall'onda, divenne la Madre delle acque. Una folaga, un uccello delle paludi, fece un nido sulle sue ginocchia e depose le uova ed esse, scivolando fuori dal nido, si ruppero e dai loro frantumi si formarono la Terra, il Cielo, il Sole, la Luna e le Nubi. Da Ilmatar, nacque Väinämöinen , che fu portato in grembo per trent'anni e nacque già uomo. Egli vagò a lungo sulle onde dei mari, finché un giorno non giunse sulla terraferma.
Väinämöinen vedendo la terra priva di alberi chiese a Sampsa Pellervo, il Nato dalla Terra, di gettarne i semi: nacquero e crebbero in forza pini, betulle, eriche, faggi, salici, abeti e ogni altro tipo di albero; solo la quercia non aveva messo radici. Dal mare sorsero cinque fanciulle che ararono i campi; poi venne l'eroe Tursas che piantò una ghianda. Dalla ghianda nacque una quercia, essa crebbe e si distese a tutta la terra, e il suo fogliame impedì la vista della Luna e del Sole. Väinämöinen chiese allora aiuto alla madre e questa gli mandò dal mare un eroe che abbatté la quercia e la Luna ed il Sole finalmente ritornarono a splendere. A chi prese per se un ramo della quercia toccò fortuna eterna, chi ne spezzò una cima acquisì scienza magica e chi prese le foglie ottenne amore eterno.
Gli uccelli cantavano sugli alberi; le erbe, i fiori e le bacche crescevano sulla terra e davano i loro frutti; solamente l'orzo non cresceva ancora. Così Väinämöinen si mise a passeggiare tristemente sulle rive del mare e vi trovò sette semi di grano; dopodiché egli prese la scure e cominciò ad abbattere gli alberi del bosco per dissodare il terreno, lasciando solo una betulla, perché gli uccelli vi si posassero. L'aquila, riconoscente, accese a Väinämöinen un fuoco, con il quale il bosco venne bruciato, dopodiché questi seminò l'orzo, e pregò, dapprima gli spiriti più vicini e umili, poi i più alti e eccelsi e infine lo stesso Ukko, il dio supremo padre di tutti, affinché il suo orzo crescesse prosperoso.

Con il passare del tempo Väinämöinen crebbe in sapienza magica e divenne famoso fra gli uomini. Le sue gesta giunsero fino alle terre del Nord, e fecero nascere nel cuore di Joukahainen, un famoso menestrello di quelle terre, una profonda invidia. Egli decise di partire verso il Sud per sfidare il più saggio in una gara di canti magici. Ebbe così luogo la sfida, Joukahainen risultò nettamente inferiore a Väinämöinen e perdette la contesa; umiliato nel canto, il giovine lo sfidò a combattere con la spada: Väinämöinen, adirato dalla sua sfrontatezza, lo imprigionò con un canto dentro una palude; egli implorò che la sua vita fosse risparmiata e come pegno promise di dare in moglie la propria sorella, Aino, al Vecchio Saggio; questi, essendo solo, accettò con gioia l'offerta e liberò il giovane. Joukahainen tornò a casa di malo umore e raccontò alla madre la sua storia ed ella si rallegrò nell'udire che il famoso Väinämöinen sarebbe diventato suo genero, ma la figlia non era d'accordo perché si riteneva troppo giovane per il matrimonio e non voleva sposare un vecchio, si disperò e si mise a piangere.
Il giorno seguente Aino, riccamente ornata, si recò nel bosco per incontrare Väinämöinen, egli le chiese di divenire sua moglie, ma la ragazza, vedendolo così vecchio, si strappò di dosso i nastri e i gioielli e scappò via piangendo e, una volta a casa, si confidò con la madre che, invece di consolarla, la rimproverò e le ordinò di rallegrarsi per un simile onore e le disse di correre a indossare gli abiti e i gioielli più belli nascosti nella casa del tesoro di famiglia. Aino si smarrì nella foresta e giunse infine in riva al mare in una spiaggia sconosciuta; lì su una rupe vide danzare tre fanciulle, ma queste non erano altro che spiriti dell'acqua che avevano la funzione di attirare gli sprovveduti, la giovane si arrampicò così sullo scoglio per raggiungerle, ma la roccia rotolò in acqua e la ragazza morì affogata. Nessuno voleva portare la notizia alla madre, né la volpe, né l'orso, né il lupo, infine andò una lepre. la madre pianse a lungo la sua figliuola perduta e gli uccelli cantarono il suo dolore, così i lamenti giunsero trasportati dal vento a Väinämöinen. Egli si disperò, costruì una barca e cercò di ripescare dal mare Aino, divenuta ormai una serva di Vellamo, moglie di Ahto, re dei mari. Attese a lungo, finché un giorno egli pescò uno strano pesce, un salmone, e mentre si accingeva a tagliarlo a pezzi per mangiarselo, questi, che era in realtà Aino, gli guizzò dalle mani nel mare e così il Saggio perse la sua occasione. Egli tentò con le parole e con le reti di riprendersi quel pesce, ma più non vi riuscì.

Väinämöinen afflitto, fece ritorno a casa, e sua madre ascoltando il suo grido di dolore per la perdita subita, gli consigliò di chiedere in sposa la ragazza di Pohjola , figlia della potente strega di Pohjola , Lohui. Così il Saggio sellò il cavallo e partì. Ma Joukahainen, pieno d'odio verso Väinämöinen , decise di vendicarsi per la sorte della sorella e lungo il cammino gli tese un'imboscata, scagliandogli contro un dardo avvelenato. Mancò però il bersaglio colpendo così il cavallo che rovinò a terra e Väinämöinen fu scaraventato nelle acque e trascinato da una violenta tempesta in alto mare. Per parecchi giorni egli nuotò, e proprio mentre le sue forze erano allo stremo, fu tratto in salvo dall'aquila, tuttora riconoscente a lui che nel dissodare il bosco aveva risparmiato la betulla affinché crescesse per lei, lo prese sul dorso e lo portò a Pohjola.
Väinämöinen fu accolto con molti onori nella casa di Louhi. Trascorsero un po' di giorni ed egli cominciò a sentire nostalgia di Kalevala, ma la vecchia gli disse che sarebbe potuto andarsene solo dopo averle fabbricato il Sampo. Il Sampo era un mulino magico, saldato dalle punte delle bianche ali dei cigni, dal latte di giovenca sterile, da un singolo grano d'orzo e da un fiocco di lana di pecora, capace di produrre in gran quantità oro, grano e sale. Come ricompensa gli avrebbe anche dato la propria figlia in moglie. Väinämöinen le disse che egli non era in grado di forgiare il Sampo, ma che conosceva chi poteva fare un simile lavoro, e promise che, una volta tornato a casa, avrebbe mandato il fabbro Ilmarinen a fabbricarlo e che avrebbe lasciato a questi l'onore di conquistare sua figlia; allora la signora di Pohjola gli donò slitta e cavallo affinché ritornasse velocemente in patria.

Durante il viaggio di ritorno Väinämöinen vide la fanciulla di Pohjola , e, abbagliato dalla sua bellezza, le chiese la mano. La fanciulla gli rispose che sarebbe diventata sua moglie solo se questi, con le schegge del fuso, le avesse fabbricato una barchetta e se fosse riuscito a far scendere tale barca nell'acqua senza toccarla in alcun modo. Egli si mise duramente al lavoro, ma con la scure si ferì gravemente al ginocchio; non riuscendo ad arrestare la fuoriuscita di sangue, si mise a vagare in cerca d'aiuto e questo gli fu più volte negato, finché non si imbatté in un vecchio mago che lo curò con un canto di potere che narrava l'origine del ferro, perché, come ben noto, per curare una ferita si doveva conoscere la natura e l'origine di ciò che l'aveva causata.
Una volta guarito, egli fece ritorno in patria e, recatosi da Ilmarinen, figlio di Lokka Kalevatar, cercò di convincerlo a recarsi a Pohjola . Questi rispose che non aveva intenzione di andarci; allora Väinämöinen decise di ricorrere ad un incantamento, e con un canto di potere fece arrivare un forte vento che sollevò e trasportò Ilmarinen, contro la sua voglia, a Pohjola . Qui, il fabbro, venne accolto con gioia e fu invitato a fucinare il Sampo. Dopo un duro lavoro e vari tentativi falliti, il Sampo venne finalmente forgiato, e la signora di Pohjola lo rinchiuse al sicuro nel monte roccioso. Il fabbro richiese la fanciulla in ricompensa dell'opera compiuta, ma ella si oppose dicendo di non poter ancora lasciare casa sua perché troppo giovane. Ilmarinen, deluso, ritornò in patria e raccontò la sua disavventura all'amico Väinämöinen.

Due eroi quindi cercarono di conquistare la ragazza di Pohjola ma fallirono, il terzo fu Lemminkäinen, figlio di Lempi. Egli era un giovane dongiovanni e scapestrato, avvezzo all'arte della guerra, che viveva con la madre che lo amava molto. Un giorno egli decise di sposarsi e si recò a Saari per trovare moglie. Le fanciulle di Saari dapprima lo derisero, ma ben presto si ricredettero e lo corteggiarono assiduamente. Solamente Kyllikki, la ragazza più bella del villaggio, lo ignorava, cosicché alla fine egli la rapì a forza e la portò a casa sua. Ella pianse e s'angustiò soprattutto per il carattere bellicoso di Lemminkäinen; questi allora le promise che non sarebbe mai più andato in guerra, purché lei gli promettesse che non sarebbe mai più andata a danzare nel villaggio. Così si sposarono; ma Kyllikki dimenticò ben presto il suo giuramento e, mentre Lemminkäinen era a pesca, si recò al villaggio a danzare; il marito venutone a conoscenza si adirò, la ripudiò e decise di andare a chiedere in sposa la fanciulla di Pohjola. La madre cercò in tutte le maniere di trattenere il figlio dal partire perché aveva brutti presentimenti e disse che egli a Pohjola avrebbe trovato soltanto la morte; ma lui, che si stava pettinando, ignorò la sua supplica e gettò via adirato il pettine, affermando che solo quando da quel pettine fosse gocciolato del sangue, anch'egli sarebbe morto. Lemminkäinen si armò e si mise in viaggio; mentre la sposa rimaneva ancora presso casa sua.

Era un lungo e periglioso viaggio, e dopo parecchi mesi giunse a Pohjola. Qui Lemminkäinen ingaggiò una lotta di potere con alcuni stregoni e con un canto li stregò e li sconfisse, risparmiando dall'incantò solo la Vecchia Louhi e un brutto mandriano, Märkähattu, quest'ultimo perché ritenuto un mandriano innocuo.
Lemminkäinen le chiese in sposa la figlia, ma Louhi gli impose, come prima prova per meritarla, di raggiungere di corsa con i pattini l'alce di Hiisi. Egli si mise in cammino tranquillamente, considerando la prova di scarsa difficoltà, ma ben presto si dovette ricredere. Nelle foreste del Nord trovò l'alce, ma più la inseguiva e più essa fuggiva e si prendeva gioco di lui; alla fine però la sapienza magica e l'abilità di Lemminkäinen prevalsero e l'alce fu catturata.
Come seconda prova gli fu imposto di imbrigliare il cavallo di fuoco di Hiisi. Anche questa volta Lemminkäinen considerò la prova semplice, ma si accorse ben presto che non era così. Per giorni inseguì il cavallo, ma catturarlo non era semplice, perché appena egli lo raggiungeva, la bestia spariva per poi ricomparire in un altro posto. Il terzo giorno, il cavallo sparì completamente; Lemminkäinen lo cercò a lungo, finché in lontananza dietro i monti non vide uno strano riflesso color del fuoco. Cavalcò verso le montagne e con stupore vi trovò la bestia con il mantello color del sole e la criniera fiammeggiante, l'eroe provò ad avvicinarsi ad essa, ma il calore era troppo. Con un possente canto scatenò una tempesta per spegnere il fuoco; il cavallo, spaventato, si fece imbrigliare e l'eroe placò gli elementi: così Lemminkäinen superò vittorioso la seconda prova.
Per terza e ultima prova gli venne imposto di uccidere il cigno che nuota eternamente sul fiume di Tuonela, ossia il Regno di Tuoni, la Morte. Lemminkäinen s'incamminò verso il fiume; però qui lo attendeva, nascosto fra i giunchi, Märkähattu, il mandriano da lui disprezzato, che lo colpì con una freccia-serpente. L'eroe non conosceva l'incantesimo contro il morso del serpente e il veleno lo uccise velocemente. Il suo corpo fu afferrato dal fiume, dove fu fatto a pezzi dal figlio di Tuoni.
Nel momento in cui Lemminkäinen spirò, il pettine cominciò a gocciolare sangue e vedendolo Kyllikky gridò dall'orrore; la madre, ritenendola responsabile della morte del figlio la scacciò di casa, preparò la slitta e partì in tutta fretta verso Pohjola. Dopo un lungo e aspro viaggio giunse alla casa di Louhi e le chiese dove fosse andato a finire il suo amato figliolo: la Vecchia sulle prime non disse nulla, poi minacciata di morte dalla madre furiosa, confessò a quali prove aveva sottoposto il giovine e che si era recato, come ultima prova, al fiume Tuonela per uccidervi il cigno. La donna si diresse quindi verso il fiume e, con un grande rastrello di rame forgiato da Ilmarinen, scandagliò le sue acque, finché non ritrovò tutti i pezzi del corpo del figlio; li ricompose, e con l'aiuto di scongiuri e di unguenti ricavati dal miele, riuscì a farlo tornare in vita e insieme fecero ritorno a casa.

RUNO DECIMOQUINTO

"Ed ora Kauko lascio stare,
Lemminkäinen spensierato
per un pezzo co' miei versi:
volgo tosto il verso altrove,
piego il canto ad altre cose,
lo indirizzo a nuova strada." (650)

Väinämöinen cominciò a ripensare alla ragazza di Pohjola e decise di costruire una grande barca per andare a chiederla in sposa. Invocò Sampsa Pellervoinen, il dio dei boschi, affinché gli fornisse il legno migliore e iniziò la sua opera; ma quando venne il momento di varare la barca, il Saggio si accorse che, per renderla indistruttibile, mancavano tre parole magiche.
Pazientemente il Vecchio si mise a cercarle; chiese a chiunque, ma quando capì che non avrebbe trovato nel nostro mondo ciò che cercava, decise di andarne in cerca nel Regno di Tuoni. Si camuffò e scese nell'Oltretomba; qui però il suo travestimento durò ben poco, venne scoperto e riuscì a malapena a fuggire.
Scampato al pericolo, l'eroe ritornava cupo a casa, quando incontrò un pastore che, apprese le sue pene, gli disse che esisteva qualcuno che conosceva ancora tutte le formule magiche ed era il gigante Antero Vipunen, che si trovava oltre una strada di aghi acuminati e di spade affilate. Väinämöinen si recò da Ilmarinen e si fece costruire un paio di scarpe di ferro, poi partì verso la tana del mostro. Attraversata la pericolosa strada, l'eroe lo trovò immerso nel suo sonno eterno e lo svegliò; il gigante irritato serrò le mascelle e lo inghiottì. Väinämöinen, all'interno cominciò a colpirlo con la spada e il mostro lo pregò di lasciarlo in pace, ma l'eroe rispose che non sarebbe uscito fino a quando egli non gli avesse rivelato tutti i canti magici che sapeva; allora il gigante cantò e il Saggio apprese le tre parole.
Väinämöinen ritornò al cantiere e, una volta completata la barca, s'imbarcò verso il nord. Fu visto però dalla sorella di Ilmarinen, Anniki, la figlia della notte, che scoprì dov'era diretto e il perché, e corse ad avvertire il fratello che un altro aspirava alla mano della ragazza di Pohjola . Subito il fabbro salì a cavallo e inseguì la barca lungo la riva. La signora di Pohjola, vedendo avvicinarsi gli spasimanti, consigliò alla figlia di scegliere Väinämöinen, che era il più saggio; ma la ragazza disse che preferiva scegliere Ilmarinen, perché era giovane e inoltre aveva fucinato il Sampo. Väinämöinen sconsolato se ne ritornò a Kalevala, rinunziando per sempre a ogni sposa.

A Ilmarinen furono imposte, dalla madre della sposa, delle prove da affrontare per ottenere la mano della ragazza e, con l'aiuto di quest'ultima, riuscì a superarle facilmente: per prima cosa arò il campo delle vipere con un vomere a punta d'oro; poi catturò l'orso di Tuoni e il lupo di Manala con una briglia d'argento e infine si impadronì del grosso luccio nel fiume di Tuonela con un uccello d'acciaio.
Vinta, la Vecchia dovette arrendersi ed ebbero così inizio i preparativi del matrimonio: venne macellato un gigantesco bue per il banchetto nuziale, venne stillata la birra, si preparano cibi e si mandarono messaggeri a invitare gente alle nozze; solamente Lemminkäinen, per via del suo carattere iracondo, non fu invitato.
Infine giunse il giorno delle nozze, e lo sposo col suo corteo venne accolto con gioia a Pohjola.
I festeggiamenti furono magnifici: furono offerti cibo e bevande a volontà, mentre Väinämöinen cantava e ringraziava la gente di casa.
Alla sposa furono ricordati i suoi molti doveri: di accudire la casa, di occuparsi del marito, della famiglia dello sposo e degli animali e fu presa da tristezza per la libertà perduta. Allo sposo fu ricordato di comportarsi bene verso la sposa e di picchiarla solo se questa si fosse mostrata indocile. Infine partirono e dopo tre giorni giunsero a Kalevala.
Lo sposo, la sposa e il corteo furono ricevuti in casa di Ilmarinen dove venne offerto da mangiare e da bere in abbondanza e anche qui Väinämöinen allietò gli ospiti cantando e ringraziando gli invitati.
Lemminkäinen, che aveva un udito molto fine, sentì trasportato dal vento del Nord, un suono di canti e danze, e capì che a Pohjola si teneva un gran banchetto; offeso per non essere stato invitato alle nozze, decise comunque di recarvisi, senza badare alla madre che lo implorava di non partire. Dopo quattro giorni giunse nel luogo delle nozze, ma la festa era finita e il fabbro se n'era già andato con la sposa. Nella casa di Louhi c'era ancora un gruppo di guerrieri che bevevano l'ultima birra; il nuovo arrivato chiese con arroganza del cibo per sé e per il suo cavallo e il signore di Pohjola, che era tra i presenti, gli disse che non era il benvenuto e lo sfidò con la spada. L'eroe di Kalevala ebbe la meglio e mozzò il capo all'altro; tutti gridarono e s'infuriarono, ma egli era già salito sulla slitta e si era dato velocemente alla fuga.
Arrivato a casa riferì alla madre cos'era successo: lei lo rimproverò e poi lo consigliò di andare a nascondersi in un isolotto situato oltre i nove laghi, dove più volte era fuggito anche il padre di lui, avendo il medesimo carattere. Lemminkäinen partì e infine giunse nell'isolotto: vi rimase per tre anni e corteggiò molte ragazze e mogli, finché, stanchi dei continui tradimenti, gli uomini dell'isola si infuriarono, affilarono le scuri e decisero di linciarlo, così egli fuggì in barca.
Dopo un lungo peregrinare e varie disavventure giunse alle rive del suo paese, dove vide casa sua incenerita e i campi devastati e deserti. Si mise a piangere disperato, temendo che anche la sua adorata madre fosse morta, ma così non era e Lemminkäinen la ritrovò nel bosco. Ella gli raccontò di come la gente del Nord era venuta ed aveva incendiato i loro averi, il figlio promise di vendicarsi. Lemminkäinen partì così in guerra contro Pohjola con il suo antico compagno d'armi Tiera. Louhi, venutane a conoscenza, per fermarli mandò loro contro l'aspro Gelo, suo figlio, che imprigionò fra i ghiacci la loro barca, e avrebbe anche gelato i due eroi, se Lemminkäinen con il suo canto potente non lo avesse contrastato; ma la sortita era persa, e i due decisero di ritornare sui loro passi: errarono lungamente e in grande miseria, attraverso luoghi solitari e squallidi, tra paludi e acquitrini, finché non fecero ritorno al loro paese e per un lungo periodo non pensarono più alla guerra.

In principio tra Ilmarinen e la sposa andava tutto bene, ma con il tempo la ragazza si dimostrò degna figlia di sua madre perché aveva un brutto carattere, era d'indole superba e avara. Un giorno iniziò a lamentarsi perché, quando il marito andava alla fucina, lei se ne stava tutta sola a casa; allora, per accontentarla, il fabbro decise di regalarle un servo: lo acquistò da Untamo, un guerriero di un paese vicino, e non fu buona cosa.
Kullervo, si chiamava il servo, ed ecco la sua storia:
un tempo vi erano due fratelli, Untamo e Kalervo, fra di loro non vi era un buon rapporto e poco a poco la loro inimicizia si tramutò in guerra. Untamo radunò i suoi uomini, incendiò i campi del nemico e rese schiava la sua famiglia. Dopo poco tempo la moglie di Kalervo partorì un figlio che venne chiamato Kullervo. Egli non era un bambino normale, già nella culla meditava vendetta; crebbe velocemente e a tre anni poteva fare il lavoro di un uomo adulto. Più volte lo zio tentò di ucciderlo senza riuscirvi: provò ad annegarlo, a bruciarlo ad impiccarlo; così, non potendolo trucidare, decise di sfruttarlo come schiavo e gli diede un lavoro, ma ogni attività che cominciava andava in rovina. Infine Untamo, perduta la pazienza, lo vendette come servo ad llmarinen.
Kullervo era un forte e bel ragazzo, così colpì l'attenzione della ragazza di Pohjola. Una mattina ella lo mandò a condurre la mandria al pascolo e, per fargli un dispetto, come spuntino gli fece cuocere un grosso pane e vi mise dentro una pietra spalmata di burro con lo scopo di rompere i bei denti del giovane. Kullervo ignaro partì all'alba con la mandria e, quando il sole era alto nel cielo, decise di mangiare e sfilò il coltello dalla cinta. Era un coltello di ottima fattura, l'unico suo bene, unico tesoro rimastogli della sua gente, che aveva ereditato dal padre e a cui teneva moltissimo. Prese il pane, e vi conficcò il coltello, con un secco colpo questo si ruppe. La sua ira, preceduta dal dolore per la perdita subita, fu immensa e decise di vendicarsi trucemente per l'affronto subito: spinse le mandrie nel pantano, dove furono divorate dai lupi e dagli orsi, poi chiamò a raccolta le belve ormai sazie. Queste lo seguirono e vennero rinchiuse nelle stalle.
La mattina seguente la moglie del fabbro vi si recò da sola per mungere le mucche: così morì la ragazza di Pohjola, colpita nell'oscurità dalle zampe degli orsi e dilaniata dai lupi.


Kullervo fuggì dalla casa di Ilmarinen, ed errò nelle selve solitarie, dove apprese dalla vecchia dea del bosco che la sua famiglia era ancora in vita. Secondo le sue indicazioni, li cercò e li trovò sui confini della Lapponia: sua madre, piangendo dall'emozione, gli disse che lo credeva morto e che, per una brutta fatalità, anche l'altra sua figlia maggiore, andata a cogliere bacche, era scomparsa tempo prima. Egli cominciò a lavorare presso i suoi genitori, ma il suo aiuto non serviva loro a nulla, così il padre lo mandò a pagare i tributi al villaggio.
Dopo aver pagato le tasse, sulla strada del ritorno incontrò, a lui ignota, la sorella smarrita: la vide così bella che decise di sedurla e i giovani giacquero insieme nella foresta.
Dopo poco tempo i due vennero a sapere chi erano realmente: la sorella, piena di vergogna, si gettò nel fiume, mentre Kullervo si affrettò a casa, raccontò alla madre dell'orribile sorte che gli era piombata addosso e pensò di porre fine anch'egli ai suoi giorni. La madre lo distolse dall'intento e lo consigliò di cercare, nascosto in qualche remoto luogo, sollievo dal rimorso; però il giovane decise prima di ogni altra cosa di vendicarsi per la sua malasorte su Untamo.
Kullervo si preparò alla guerra e partì. Giunse alla casa di Untamo e distrusse ed incendiò ogni cosa. Dopodiché fece ritorno in patria e vi trovò la casa deserta: tutti i suoi familiari erano morti, non vi era altra creatura vivente, all'infuori del vecchio cane nero Musti, col quale egli se ne andò a caccia nel bosco per procurarsi cibo. Camminando tra gli alberi si ritrovò per caso in quel luogo, dove aveva sedotto la sorella, e tormentato dal rimorso si gettò sulla sua spada e pose fine alla sua vita.

RUNO TRENTESIMOSESTO

"Afferrò Kullervo allora
la tagliente spada aguzza; (320)
la guardava, la volgeva
e domande le faceva;
domandò se desiasse,
le piacesse di gustare
la colpevole sua carne
e l'infame sangue suo.
Ben comprese il suo pensiero,
dell'eroe comprese i detti
la sua spada, e gli rispose:
'Come non dovrei godere (330)
di gustar colpevol carne,
di ber sangue dell'infame,
io che pur dell'innocente
bevo sangue e gusto carne?'.
Il figliuolo di Kalervo,
dalle calze blù, Kullervo,
ficcò l'elsa dentro il suolo,
la pigiò nello scopeto:
voltò poi la punta al petto,
si gettò contro la punta; (340)
questa fu la fine sua,
in tal modo trovò morte.
Tal del giovane la fine,
di Kullervo eroe la morte,
questo il chiuder de' suoi giorni,
il morir dell'infelice."

Terribile fu il dolore di Ilmarinen per la perdita dell'amata sposa. Pianse per molti mesi, finché decise di costruirsi una donna d'oro e d'argento, una sposa immortale, che non poteva essere divorata dalle belve. Per giorni e giorni lavorò alla fucina e all'alba di un giorno d'estate la sposa fu pronta; ma ben presto si accorse che questa non era altro che una fredda statua senza vita e sconsolato andò dall'amico Väinämöinen. Offrì la statua al cantore e questi, non sapendo che farsene, consigliò al fabbro di fonderla e di fabbricarne altre cose utili; oppure di portarla, così com' era, ad altri Paesi dove gli sposi fossero avidi d'oro.
Ilmarinen si sentiva però terribilmente solo, così decise di recarsi a Pohjola, per chiedere in sposa, a Louhi, l'altra sua figlia. Alla richiesta del genero, la strega rispose con disprezzo e scherno, così il fabbro adirato ne rapì la figlia e ritornò in patria in gran fretta.
Durante la traversata, anche la ragazza continuò a prendersi gioco di lui; finché l'eroe, stanco dei continui insulti, la trasformò in un gabbiano, e la lasciò volare via, libera come desiderava.
Giunto a casa, anch'egli come Väinämöinen, decise di rinunziare per sempre ad ogni sposa.

Trascorsero molti anni e la terra di Kaleva prosperò: il grano crebbe in abbondanza, i laghi e i fiumi brulicarono di pesci e i boschi di selvaggina; ma giunse infine, un freddo e crudo inverno.
Väinämöinen cantava desolato per i campi, mentre il raccolto appassiva e le bestie e il popolo si ammalavano; nacque così nel suo cuore il desiderio di riconquistare il Sampo per portare nuovamente prosperità nel suo Paese.
Dopo aver molto riflettuto, ne parlò all'amico Ilmarinen che si trovò d'accordo con lui. Così i due Eroi decisero di partire per Pohjola.
Nuove spade furono forgiate e si preparò la nave che sarebbe servita per il lungo viaggio.
Una fredda mattina gli ormeggi vennero sciolti e gli Eroi partirono alla volta di Pohjola con una schiera di giovani audaci. Alla spedizione si unì anche il forte Lemminkäinen, ancora pieno di rancore per gli affronti subiti dalla signora di Pohjola.
Per un giorno intero remarono lungo la costa; nel secondo cominciarono a risalire la corrente di un fiume e qui la nave si fermò di colpo. Gli Eroi si chiesero cosa fosse successo, Lemminkäinen si tuffò in acqua per vedere cosa aveva bloccato la nave: essa si era arenata sul dorso di un grosso luccio. L'Eroe chiese allora che gli venisse gettata una spada, fu una dura lotta, ma alla fine l'uomo ebbe la meglio, il luccio fu ucciso e canti di gioia s'innalzarono sul ponte della nave.
Tirato a bordo il grosso pesce fu fatto a pezzi per essere mangiato e, dalle sue mascelle, Väinämöinen creò l'arpa finlandese, il kantele. Quando il kantele fu completato, il Cantore si sedette sulla prua, poggiò lo strumento sulle ginocchia e suonò: salirono dal mare i pesci, scesero dal cielo gli uccelli, accorsero le bestie dai boschi, gli spiriti degli elementi apparvero e dal profondo del mare emerse perfino Ahto. Il canto giunse fino alle case di Tapio, il dio dei boschi, che uscì dalla suo castello d'avorio, con la sua schiera di spiritelli che si misero a danzare sulle dolci note.
Estasiati, tutti quelli che ascoltavano il canto e il suono dolcissimo del kantele, si misero a piangere; anche il Saggio si commosse e le lacrime incominciarono a scendere dai suoi occhi: esse cadendo nel mare si tramutarono in perle azzurre.

RUNO QUARANTESIMOPRIMO

" 'Venga ognuno ad ascoltare (13)
quel che prima non ha udito:
la letizia delle rune
e dell'arpa il chiaro suono.' [..]
Al suonar di Väinämöinen (31)
non vi fu nella foresta
chi movesse quattro piedi,
chi corresse, chi saltasse,
senza che venisse a udire,
di quel giubilo a gioire. [.]
Non vi fu nell'aria uccello (71)
svolazzante con due ali,
che sue spire non movesse,
che suoi giri non facesse
per udir quel dolce suono,
per gioir di quella gioia. [.]
Non vi fu creatura allora (117)
che vivesse dentro l'acqua,
che nuotasse con sei pinne,
non vi fu branco di pesci,
senza che corresse a udire,
di quel giubilo a gioire."

La nave proseguì il suo cammino: Väinämöinen era al timone, Ilmarinen comandava i remi e Lemminkäinen la vela. Giunsero infine gli Eroi a Pohjola e Väinämöinen annunciò che erano venuti per dividere la prosperità del Sampo e che se, non avessero ottenuto ciò che volevano con le buone, l'avrebbero conquistato con le cattive.
La signora di Pohjola non cedette e radunò la sua gente per opporre l'estrema resistenza.
Väinämöinen prese a suonare il kantele e ad intonare un canto molto potente. Tutt' intorno si diffuse profonda l'armonia della sua voce e uno strano torpore s'impadronì delle genti di Pohjola . Essi giacquero ben presto tutti addormentati, e gli eroi di Kalevala si misero indisturbati alla ricerca del Sampo, che trovarono nascosto nel monte di rame e che caricarono, dopo lunghe fatiche, sulla loro barca.
Nessun suono o movimento proveniva dalla casa di Louhi e gli eroi salparono per portare l'abbondanza del Sampo, non solo a Kalevala come voleva Lemminkäinen, ma a tutto il resto del mondo. Lemminkäinen si mise a cantare, però il suo canto stonava con l'armonia creata da Väinämöinen, e le cicogne, turbate dal cambiamento, si alzarono in volo verso Nord gracchiando e Väinämöinen sapeva che non era stata una scelta saggia.
Gli uccelli si misero a gridare sopra la casa della signora di Pohjola, la strega e i suoi combattenti si destarono e, accortasi del ratto del Sampo, la vecchia ricorse alla magia per ostacolarli, finché potesse radunare la sua schiera e raggiungerli. Dapprima invocò Uutar, figlia della nebbia, e mandò contro i rapitori una fitta foschia che Väinämöinen riuscì a diradare; poi mandò loro contro Turso, figlio di Ukko, ma venne anch'esso placato e infine invocò il potente Ukko che scatenò un uragano.
Ahto, destato, scosse le acque fin dal profondo. La nave fu sollevata e ricadde in gorghi profondi, girò su stessa più volte. Le onde s'innalzarono, spazzando la tolda, trascinando in acqua uomini e oggetti. Un'onda si alzò più alta delle altre, investì Väinämöinen e strappò dalle sue ginocchia il kantele. L'eroe cercò di riprendere la sua arpa, ma ormai era troppo tardi: essa era già sparita fra i flutti e mai più ne fu costruita una degna della sua gloria. Si narra che Ahto la ritrovò e che egli la suoni tuttora nelle sale di Ahtola, ma solo i pesci, gli uomini annegati e la sua signora, Vellamo, possono ascoltarne la celestiale musica.
Giunse infine da Nord la strega. La nave di Kaleva aumentò la velocità e Väinämöinen, per rallentare l'inseguimento, lanciò un incantesimo alle sue spalle e dai flutti emersero due scogli. La nave di Pohjola vi rovinò contro, ma Louhi mutò la sua forma, divenne un'aquila e raggiunse le genti di Kaleva. Il Saggio tentò di convincerla che la prosperità che portava il Sampo poteva essere divisa, ma lei non accettò compromessi e si ebbe sul mare un titanico scontro. La vittoria scelse le genti di Kalevala.
Vittoria assai amara però, perché nella collisione il Sampo cadde in mare, dove si ruppe e andò in frantumi. I pezzi più grossi sprofondarono e formarono le ricchezze del mare, i più piccoli furono spinti dalla risacca sulla spiaggia: del che Väinämöinen gioì, sperandone nuova prosperità per la sua amata terra.
Louhi minacciò di distruggere ogni benessere in Kalevala, ma Väinämöinen ignorò le sue intimidazioni. Amareggiata per aver perduto la sua potenza, la Vecchia fece ritorno alle sue terre per tramar vendetta.

La guerra era finita e Kalevala prosperava florida e sana, ma Väinämöinen era triste perché aveva perduto la sua amata arpa. Tentò di recuperarla dal mare, ma non vi riuscì in alcun modo e si mise a piangere. Mentre, in riva al mare, si disperava, sentì come un lamento che rispondeva al suo. Si girò e guardò, ma non vi era nessuno; ma il lamento si ripeté, accanto a lui vi era solo una vecchia betulla e osservandola meglio vide che delle lacrime scendevano lungo la sua corteccia. Väinämöinen le chiese il motivo di sì tanto dolore e lei gli rispose che, nonostante fosse una nobile piante, si sentiva poco valorizzata; il Saggio allora le sorrise e le chiese se era disposta a donargli il suo legno affinché fosse costruita una meravigliosa opera. La betulla cessò di piangere e acconsentì.
Il Cantore tagliò il grosso tronco, lo piallò e lo modellò; poche ore dopo la cassa armonica era compiuta. Vicino vi era un quercia, egli ne staccò le ghiande e ne fece le chiavette.
Nel boschetto trovò una bella fanciulla che stava intonando un canto in attesa del fidanzato, il Cantore le chiese una ciocca di capelli per far le corde del Kantele e lei gliene diede sette.
Così fu costruito un nuovo kantele, sul quale il Cantore riprese a suonare: la divina melodia si innalzò e si distese una quiete profonda nelle foreste, ogni mormorio e ogni fruscio vennero meno, gli uccelli si posarono sui rami, e tutto il popolo della foresta si avvicinò al Cantore.
Perfino i vecchi alberi della foresta sentirono la linfa scorrere più rapida sotto il tronco rugoso. E le piante più giovani e flessibili si inchinarono di fronte al Saggio e fecero cadere sulla sua cetra una pioggia di foglioline verdi. Immobile sembrava tutto il creato, immerso nella vasta armonia. Celestiale ne era il suono, anche se mai tale melodia avrebbe eguagliato la gloria e la potenza del canto scaturito dal primo kantele, ormai perduto.

RUNO QUARANTESIMOQUARTO

" Suonò Väinö con le dita,
cantò l'arpa con le corde:
rimbombaron massi e monti,
echeggiarono le rupi, (260)
saltellaron sopra l'onde
sassi, e ciottoli sull'acque,
s'agitaron lieti i pini
ed i tronchi sulle lande. [...]
E s'udì quel suon soave
Al di là di sei villaggi:
nè vi fu colà creatura
che a sentir non accorresse,(290)
ad udir quel dolce suono,
quella kantele armoniosa.
Quanti ha il bosco d'animali
s'accosciaron sulle zampe,
per udir quel dolce suono,
per gioir di quella gioia:
gli augelletti volatori
si posarono su' rami
ed i pesci d'ogni sorta
s'accostarono alla riva: (300)
anche i vermi di sotterra
sulla polvere strisciando
si torcevan per udire
quella dolce melodia,
la kantele della gioia,
il suonar di Väinämöinen. [.]
S'egli va per la pineta,
se fra i larici passeggia,
un inchino fanno i pini,
riverenti, a terra i cembri,
lascian gli aghi lor cadere,
ed al suol curvano i rami.
Se passava pel boschetto,
per la selva dissodata, (330)
il boschetto ecco scherzare,
alto la selva esultare,
un con l'altro i fior baciarsi
e gli steli giù piegarsi."

La signora di Pohjola udì il canto e, furiosa, mandò contro Kalevala malattie e carestie con l'aiuto di Loviatar, mostruosa figlia di Tuoni generatrice di pestilenza e morte; ma Väinämöinen, con la magia, riuscì a limitarne i danni e a guarire il suo popolo.
La rabbia aumentò a dismisura nel cuore della Vecchia, e questa volta aizzò contro i suoi nemici il potente Otso, il grande orso delle foreste del Nord; ancora una volta il Saggio riuscì a impedirne il proposito e con un potente canto riuscì a domare e ad abbattere la bestia.

Piena di rancore la Strega attraversò a gran velocità le lande e ghermì il Sole e la Luna, che erano discesi per ascoltare la celestiale musica di Väinämöinen, e li nascose dentro il monte. Rubò anche il fuoco dalle stanze di Kalevala.
Improvvisi discesero la tenebra e il gelo sul mondo, uno ad uno i fuochi si spensero e un silenzio pauroso invase le lande. Persino nelle grandi aule di Ukko, nel suo Regno delle Nuvole, cadde la notte. Il dio supremo si meravigliò del cielo buio e decise di fare una luce nuova: sfoderò la sua spada di diamante e ne sprizzò una scintilla che raccolse nel cavo della mano e l'affidò alla Vergine dell'aria, ma il fuoco le cadde dalle mani.
Precipitò la scintilla per gli spazi celesti, spezzando le volte del cielo, e gli uomini, immersi nell'oscurità, la videro solcare il cielo, per poi precipitare a Nord, nel lago di Alu. Väinämöinen e Ilmarinen si diressero verso questo luogo per ghermirla; li però scoprirono che un pesce l'aveva inghiottita. La Vergine dell'aria tessé per loro una rete di lino con la quale il pesce fu catturato; ma, una volta aperto il pesce, la fiamma guizzò via, ustionando il viso e le mani a Ilmarinen.
Il fuoco dilagò incendiando boschi e terre, verdi praterie e case, finché non venne afferrato da Väinämöinen, ma la sua forza era quasi spenta e a poco valse la loro fatica.
Ilmarinen allora decise di forgiare un nuovo sole e una nuova luna e si mise al lavoro, ma il Saggio era dubbioso a proposito. Terminata la sua opera, il Fabbro prese il globo d'argento e il globo d'oro, che avrebbero dovuto sostituire il Sole e la Luna, e ascese alla vetta di un monte: ma quanto anche l'ultima sua fatica fu compiuta, si accorse che la sua creazione non mandava luce.
Väinämoinen, interrogando le sorti, venne a conoscenza del nascondiglio del Sole e della Luna. Si recò a Pohjola infuriato; combatté quelle genti e le sconfisse, mentre Louhi corse a nascondersi.
Il Saggio vide che gli astri erano dentro il monte, ma l'atro era chiuso da sette porte sprangate da sette travi; vi si gettò contro, cantò, ma a nulla valsero i suoi sforzi, quindi decise di far ritorno in patria per chiedere a Ilmarinen di fabbricargli degli arnesi per scassinare le porte.
Ma, mentre il fabbro si diede al lavoro, la signora di Pohjola, impaurita dalla furia degli Eroi, liberò il Sole e la Luna e si ritirò nella sua terra.
Väinämöinen vedendo gli astri brillare in cielo, cominciò a cantare di gioia, li salutò e augurò loro di splendere per l'eternità e li pregò di portare sempre prosperità alla terra.
Terminò così la contesa fra Kalevala e Pohjola.

Da allora Kalevala prosperò: le stagioni si susseguirono, le messi crebbero in abbondanza e la popolazione aumentò.
Gli Eroi ormai erano vecchi e non viaggiavano più. Cacciatori e guerrieri onoravano le imprese di Lemminkäinen, giovani menestrelli costruivano il kantele per glorificare Väinämöinen e fabbri forgiavano nuove opere su insegnamento di Ilmarinen.
Ma si sa, niente continua senza cambiamenti: i mercanti tornavano da paesi lontani e raccontavano di nuove saghe e di nuovi eroi; narravano soprattutto di uno che aveva fatto la morte di un peccatore per mettere fine al peccato, e dissero che questo eroe era in realtà un re, e re era ancora nonostante fosse morto, e che poteva regnare anche in Kalevala, se solo la gente lo avesse accettato. Molti abbracciarono la nuova fede
.

A quel tempo vi era una giovine, Marjatta, una ragazza buona, gentile e amata da tutti. Un giorno, mentre era al pascolo con le greggi e stava seduta su di un colle, udì una voce che la chiamava da un cespuglio: era una bacca che la pregava di essere mangiata. La ragazza la inghiottì e rimase incinta.
Nascose la sua gravidanza fino al nono mese, quando sopraggiunsero le doglie; la sua famiglia, non essendo la giovane sposata, la cacciò di casa.

RUNO CINQUANTESIMO

" Marjatta, vaga figlia,
da prudente gli rispose:
'Io non sono meretrice,
non davver del fuoco druda:
d'un grand'uomo sarò madre,
d'una nobile progenie,
al di sopra dei potenti,
forse più di Väinämöinen.' " (200)

Marjatta mandò la sua serva Piltti a cercare aiuto nel villaggio, ma nessuno era disposto a darglielo. La giovane trovò infine riparo in una stalla e lì, riscaldata dall'alito dei cavalli, partorì. Poco dopo s'addormentò con il figlio tra le braccia. Al suo risvegliò egli non c'era più; disperata si mise in cerca del figlio. Chiese alla Stella e alla Luna, ma esse non sapevano dove fosse finito il pargolo. Interrogò allora il Sole, ed egli le rivelò che era caduto in un pantano; il bimbo fu così ritrovato dopo una lunga cerca.

RUNO CINQUANTESIMO

" Pur pensò d'andare innanzi,
corse rapida qual palla:
le si fe' la Stella incontro,
alla Stella s'inchinava:
'O tu, Stella che Dio fece!
Non sai tu del mio figliuolo?
Dov'è il mio piccolo caro,
la mia dolce mela d'oro?'(380)
Seppe dir così la Stella:
'Lo sapessi, no 'l direi:
egli me pure ha creato
per passare tristi giorni,
per risplendere nel freddo,
scintillare in mezzo al buio.'
Pur pensò d'andare innanzi,
corse rapida qual palla:
le si fe' la Luna incontro,
alla Luna s'inchinava: (390)
'O tu, Luna che Dio fece!
Non sai tu del mio figliuolo?
Dov'è il mio piccino caro,
la mia dolce mela d'oro?'
Così seppe dir la Luna:
'Lo sapessi, no 'l direi:
egli me pure ha creato
per passare tristi giorni;
vegliar, sola, nelle notti
e di giorno sonnecchiare'. (400)
Pur pensò d'andare innanzi,
corse rapida qual palla;
le si fece incontro il Sole,
essa al Sole s'inchinava:
'O tu, Sole che Dio fece,
Non sai tu del mio figliuolo?
Dov'è il mio piccino caro,
la mia dolce mela d'oro?'
Le rispose il sol garbato:
'Certo so del tuo figliuolo: (410)
egli ha me pure creato
per passare giorni lieti,
camminar d'oro al fruscio
e d'argento al tintinnìo.
Ben so già del tuo figliuolo,
di tuo figlio, poveretta!
Il tuo caro figliuoletto,
la tua mela d'oro bella,
nel pantano è fino al petto,
nella landa fin l'ascella.' " (420)

Un vecchio sacerdote, Virokannas, venne invitato a battezzarlo, ma egli si rifiutò di farlo perché il bambino era senza padre e chiese che il caso fosse esaminato da qualcuno. Venne chiamato Väinämöinen che, prevedendo che il miracoloso fanciullo sarebbe diventato molto potente e avrebbe oscurato la sua fama, pronunziò contro questo sentenza di morte; ma il bambino, sebbene avesse solo mezzo mese, disse al Saggio che il suo giudizio era il giudizio di uno sciocco e di un poveretto smemorato. Il sacerdote compiacente battezzò così il fanciullo.
Sdegnato Väinämoinen se ne andò per sempre, salì su una barca di rame e prese il largo, e nel partire cantò per l'ultima volta predicendo che si sarebbe ancora una volta avuto bisogno di lui per fabbricare al popolo un nuovo Sampo, una nuova Kantele e una nuova luce.

RUNO CINQUANTESIMO

" Egli stesso sedè a poppa,
mosse sopra l'acqua chiara:
parlò ancora nel partire,
cantò nell'allontanarsi: (490)
'Lascia pur passare il tempo,
giorni andare, altri venire
e di me bisogno avranno,
me di nuovo cercheranno
per rifare un nuovo Sampo,
fabbricar nuovo strumento,
ricondurre nuova luna,
nuovo sole liberare
quando sole e luna manchi
e dal mondo fugga gioia'. " (500)

Veleggiò fino al punto dove terra e cielo s'incontrano e lì, forse, ancora aspetta: ma la kantele e i suoi grandi canti ha lasciato in eredità al suo amato popolo.

CHIUSA

"Più non vive la mia mamma,
più non veglia la mia vecchia:
la diletta non li impara [I canti, N.d.C.],
non li sente la mia cara:
sol gli abeti ad ascoltare
stanno, e i pini ad imparare;
le betulle col fogliame
ed i sorbi con le rame. [.] (560)
Nonostante, ad ogni modo,
ai cantor mostrai le tracce:
potai rami, tagliai foglie,
per mostrar loro la via:
or di qua la via comincia,
si distende nuova strada
per cantori più sublimi,
per poeti più fecondi
nella stirpe che su viene
e nel popolo che cresce." (620)


Bibliografia

Il Kalevala, Finlandia Terra d'Eroi - di Elena Primicerio - Edizione Giunti - 1961
Racconti Finlandesi - di Ursula Synge - trad.di Liliana Calimeri - Editrice La Scuola - 1987
Kalevala, poema nazionale finnico - di P.E.Pavolini - Sansoni Editore - 4^ediz. abbreviata - 1984
The Kalevala - di J.M.Crawford - 3th edition - 1910
http://digilander.libero.it/kalevala/ (un particolare ringraziamento a Paola 'Sinivarja' Brancato)

 

           
Home    |    Progetto Tolkien    |    Chi Siamo     |    Copyright    |    Aiuto   |   Scrivici
© 1999- 2004 Eldalie.it Spazio Offerto da Gilda Anacronisti