Storia politico militare della Terra di Mezzo La Prima Era: guerre, armi e battaglie di Giordano "Naerfindel" Gelmi |
ultima grande azione bellica che impegna gli Elfi del Beleriand, e che costituisce il preludio alla chiusura della I Era, è la caduta di Gondolin. Si tratta di un evento che segna profondamente l'immaginario delle epoche successive, per gli atti di valore compiuti, per il terribile tradimento che ne è alla base e non ultimo per l'immagine che la città nascosta costituiva per le genti del Beleriand, che in essa vedevano l'ultimo rifugio, ma anche l'ultima speranza di riscatto contro Morgoth. Per questo è naturale che la rovina del regno di Turgon abbia sgomentato Eldar ed Edain come pochi altre eventi hanno fatto. Prima di analizzare questo evento, è bene fare una puntualizzazione circa le fonti disponibili. Delle vicende legate a Gondolin si tratta sia nel Silmarillion, sia ne I Racconti Incompiuti, sia ne I Racconti Perduti. La versione più suggestiva è La Caduta di Gondolin contenuta ne I Racconti Perduti e giocoforza a quella versione si deve attingere la maggior parte delle informazioni. Va sottolineato però che quella versione fa riferimento ad una delle prime fasi del lavoro di Tolkien sulla storia della Terra di Mezzo, e per questo presenta differenze notevoli con racconti e opere successive, come la stesura definitiva del Silmarillion o I Racconti Incompiuti. Nell'esposizione dei fatti mi limiterò dunque a prendere in considerazione quegli elementi che non sono palesemente in contrasto con il mondo della I Era quale è delineato nelle altre opere del professore e nel quale i lettori sono abituati a muoversi. Fare altrimenti vorrebbe dire creare contrasti stridenti tra quelli che appaiono, in alcuni passaggi, due mondi molto lontani. Dopo la Nirnaeth Arnoediad Turgon e gli abitanti di Gondolin non volevano più aver parte delle calamità che stavano intanto colpendo gli Elfi e gli Uomini. Come viene specificato nel Silmarillion Turgon era fuggito a stento agli occhi di Morgoth dopo la battaglia (S 302). Morgoth temeva Turgon, ma i suoi sforzi di trovare l'ultimo rifugio dei Noldor del Beleriand era sempre stato vano. La sorveglianza delle Aquile era infatti attenta, soprattutto dopo la quinta battaglia (S 286), e le spie provenienti da Anach e dal corso del Sirion erano respinte da Thorondor e le Aquile (S 287 e 303) che tenevano d'occhio il guado del Brithiach (RI 67). La città è però svelata, in modo involontario, da Hurin (S 303), che una volta liberato da Angband ha alle calcagna delle spie che lo seguono ovunque (S 286). Le grida di Hurin ai piedi del Crissegrim fanno capire a Morgoth con esattezza dove è nascosta la dimora di Turgon (S 287). I servi e le creature di Morgoth tuttavia ancora non volano (RI 68) e ciò è un fatto importante: informazioni più precise riguardo Gondolin sono difficili, se non impossibili, da raccogliere. Il fatto che Gondolin fosse così vicina ad Angband, dovette costituire una sorpresa per Morgoth, tanto più che gli Eldar e gli Uomini stessi credevano che Turgon dimorasse lungi dalle battaglie del nord (RI 60). Per le genti del Beleriand, Eldar e Edain, Gondolin rappresenta, su finire del V secolo della I Era, l'unica speranza di un riscatto contro Morgoth. Di questo sentimento è ad esempio interprete Tuor, il quale davanti ad Ulmo spera che si avveri la speranza degli Eldar, vale a dire che Turgon si decida finalmente a scendere in guerra (RI 50). Ulmo invece è ben conscio dell'avvicinarsi della maledizione di Mandos, e per questo invia Tuor a Turgon. Ma l'avvertimento del Vala è vano, e la replica di Turgon a Tuor è secca: il re di Gondolin rifiuta di scendere in campo a fianco dei figli di Feanor e di condurre le proprie schiere al mare. Anzi, poco dopo l'arrivo di Tuor si ha una chiusura totale di Gondolin nei confronti del mondo esterno, chiusura che durerà fino alla caduta (S 302). Le uniche notizie dall'esterno sono quelle riferite da Thorondor, inerenti per lo più la caduta degli altri regni degli Eldar (S 302); ma neanche questo basta a far sì che Gondolin scenda finalmente in campo. Si tratta di realismo o di una presa di distanza voluta riguardo le sorti del Beleriand? Cosa avrebbe potuto fare Gondolin contro le schiere di Morgoth? C'era o non c'era, almeno fino a che il Doriath e Nargothrond esistevano, la possibilità che gli Eldar e gli Uomini potessero far arretrare il nemico e sconfiggerlo? Alla luce di quanto avverrà con la caduta di Gondolin, pensando a quante forze Morgoth dovrà mettere in campo per espugnare la città e quanto tenace si rivelerà la resistenza dei Noldor, credo che la risposta all'ultima domanda sia affermativa. E credo che l'amarezza e il pianto di Tuor di fronte al trono di Turgon siano la spia che persino un Uomo poteva rendersi conto, avendolo visto con i propri occhi, quale fosse il potenziale dei Gondolindrim. Gondolin aveva un sistema difensivo di primo ordine. L'unica via per penetrare nel Tumladen era attraverso l'Orfalch Echor. Ma ciò significava dover passare attraverso le sette porte e fare i conti con un passaggio angusto, nel quale un manipolo di Gondolindrim avrebbe resistito a lungo, anzi, avrebbe respinto quasi sicuramente un attacco proveniente da quella direzione. Da quanto narrato ne I Racconti Incompiuti, sembra di capire che i custodi delle sette porte dovessero essere poco meno di mille, con rappresentanti sia dei Noldor sia dei Sindar (RI 75-79). La città stessa doveva presentarsi facilmente difendibile se ciò che risalta quando Tuor se la trova davanti sono le mura di roccia, le scale alte e tortuose e gli alti torrioni (RP 195). Tanto più che quando Maeglin tradisce il suo popolo mette in risalto, oltre naturalmente i soldati e le armi a disposizione, l'altezza delle mura, il valore delle porte (RP 207); lo stesso Maeglin era inoltre convinto che con un assalto e un semplice assedio Gondolin non sarebbe caduta (RP 208). Solo ne I Racconti Perduti si specifica quale fosse la tattica suggerita da Maeglin a Morgoth per avere ragione della città, vale a dire avvolgerla con fiamme e morte (RP 208); fiamme che, secondo la versione contenuta del Silmarillion, sarebbero stati i Draghi a fornire. I soldati di Gondolin erano molto ben armati. Volendo tralasciare le cotte lucenti che essi indossano quando vanno alla Nirnaeth, si possono ricordare le virtù degli archi e dei possenti arcieri di Gondolin (RP 205); l'uso dell'arco era pratica comune e notevole era anche la riserva di frecce (RP 201). La materia prima per forgiare le armi non mancava, essendo i monti circostanti la città ricchi di vene metallifere. Lo stesso Maeglin era dedito allo opera nelle miniere (S 304). Con i metalli si potevano così forgiare spade, asce, lance e alabarde, cotte, elmi e scudi (RP 200-201). È proprio lavorando sui monti nelle miniere che Maeglin cade nelle mani dei nemici ed è condotto da Morgoth. Pur essendo uno spirito ardito, egli trema dinanzi al trono del Vala decaduto, e si compra la vita e la libertà rivelando a Morgoth come fare per entrare a Gondolin e per assalirla (S 304). Sia dal Silmarillion, sia da I Racconti Incompiuti, si deduce che il diabolico piano che porta alla caduta della città è elaborato proprio da un suo abitante. E infatti Maeglin viene rimandato indietro per favorire l'assalto dall'interno. Il presagio della caduta di Gondolin è però vivo nel pensiero di Idril, la figlia di Turgon che aveva sposato Tuor, attirandosi il rancore di Maeglin che aspirava a lei per arrivare al trono. Ella, sola tra tutti, intuisce che Maeglin nasconde qualcosa, inoltre già qualche tempo prima del tradimento del cugino, aveva ideato e voluto una via di fuga, che permettesse all'occorrenza di fuggire dalla città passando sotto la piana di Tumladen (S 303-304; RP 205-206). Era stato difficile, per lei e per Tuor, trovare degli uomini fidati che scavassero, all'insaputa di tutti e soprattutto di Maeglin, una via di fuga nella roccia del colle e sotto la piana, anche perché si trattava di un lavoro lungo e faticoso essendo la roccia del colle dura come ferro e nella valle come acciaio temprato (RP 206). L'opera è comunque terminata quando a Gondolin fiorisce la primavera dell'anno 510. Quando suona l'ora estrema di Gondolin, essa giunge inaspettata. Gli Elfi stanno festeggiando la notte che annuncia il sorgere del giorno di Porte dell'Estate (S 304-305), quando da nord, anziché da est, si vede il cielo arrossarsi. Si tratta del fuoco dei Draghi, i quali sono molto aumentati di numero e diventati ancor più terribili rispetto ai tempi di Glaurung, che calano come fiumi di fuoco giù per i declivi e arrossando le montagne e la neve (RP 212). Oltre ai Draghi, l'attacco viene portato con Balrog, Orchi e lupi (S 304); Morgoth ha scatenato tutto il suo potenziale. Nulla ostacola l'avanzata dei nemici che giungono senza difficoltà fino ai piedi della città (S 305). L'assedio di Gondolin ha dunque inizio. Esso è narrato in forma compiuta solo ne I Racconti Perduti, in quanto il Silmarillion si limita a darne un rapido sommario. Vale la pena di far notare che agli episodi più noti ai quali il Silmarillion dedica qualche annotazione in più, va aggiunto anche quello relativo alla sortita, compita nelle prime fasi dell'assedio, dalla schiera di Rog, episodio che nelle intenzioni del professore doveva comparire nell'edizione finale dell'opera, ma che il figlio Christopher ha eliminato (per i motivi che espone in una nota in RP 258). Turgon convoca tutti i principi degli Eldalie per delineare una strategia di difesa. Tuor è convinto che sia necessario compiere una sortita, prima che fuori le mura faccia troppo caldo, in modo da allentare la presa del nemico sulla città (RP 215). Inoltre questa manovra dovrebbe permettere ai Noldor di cercare di salvare donne e bambini, dividendosi in più schiere che cerchino rapidamente di portare i Gondolindrim fuori dalla città. Ma Maeglin, volendo che un numero maggiore possibile di Noldor muoia nell'assedio, insiste per rimanere all'interno delle mura, ritenendo la città inespugnabile; e per convincere Turgon usa l'argomento dei tesori e delle ricchezze accumulate, che cadrebbero nelle mani dei nemici (RP 215). Turgon, ormai avvinto dalla sorte dei Noldor, segue il consiglio di Maeglin, contro la volontà di tutti. I Gondolindrin e i signori delle dodici casate della città nascosta si apprestano dunque ad attendere l'assalto sulle mura (RP 216). Gondolin viene interamente circondata e i Draghi creano tutto attorno alla città un anello di fiamme, mentre fumo nero e vapore ammantano le mura e oscurano il cielo. La temperatura all'interno comincia a salire, rendendo difficoltosa l'opera dei difensori (RP 216). I Draghi non riescono tuttavia a scalare il colle, ed è un gran bene perché contro di loro le frecce sono inutili. L'attacco si concentra attorno alla porta nord, che infine cede sotto la spinta dei Draghi (RP 216-217). Nella città irrompono gli Orchi, affrontati da Rog e Galdor che li accolgono a colpi di mazza, mentre gli arcieri li bersagliano dall'alto. I nemici però sono troppi e i Noldor arretrano; la parte nord della città è occupata (RP 217), e nel contempo piovono frecce incendiarie. Gondolin comincia a bruciare. Nel frattempo Tuor affronta e uccide Maeglin, che tentava di uccidere Earendil e rapire Idril (S 305, RP 218-219). Tuor può così mandare la propria sposa verso il passaggio sotterraneo e chiede a Voronwe di fargli da scorta (RP 219). L'episodio della via di fuga solleva una questione poco chiara. Si dice infatti che Maeglin aveva avvertito Morgoth di porre una guarnigione al di fuori dell'Orfalch Echor, in modo che i possibili fuggitivi venissero intercettati e sterminati (RP 217-218); Maeglin aveva infatti scoperto, proprio all'ultimo, l'esistenza del passaggio segreto. La questione è delicata perché sposta l'attenzione sul problema delle guardie ai sette cancelli di Gondolin: che fine fecero nel corso della battaglia? E' escluso che al momento dell'attacco potessero essersi precipitati nella città, essendo d'obbligo per loro sorvegliare le porte. L'ipotesi più verosimile è che si siano trovati tagliati fuori dalla città. A quel punto il loro destino si sarebbe deciso, essendo isolati e intrappolati, attaccabili sia dalla piana di Tumladen, sia eventualmente da una schiera che gli attendesse ai piedi del Crissaegrim. I Gondolindrim provano a sfondare in direzione della porta nord, per recuperare il terreno perduto. In questo frangente si situa l'eroica sortita di Rog e dei suoi uomini. Gli Elfi affrontano i Balrog con le loro mazze e li costringono a indietreggiare. Rog e i suoi arrivano fino alla porta e la oltrepassano inseguendo i nemici fin sulla piana di Tumladen; ma è solo un piano di Gothmog che prende forma. I Balrog e un Drago circondano Rog e i suoi e ne fanno strage; nessuno si salva (RP 219-221). Rog e la sua gente erano non solo dei grandi combattenti ma anche dei fabbri dall'arte sopraffina; con la loro scomparsa si perde la maestria e arte del forgiare le armi che erano state un vanto di Gondolin (RP 214). Le mura nord della città sono ormai conquistate: gli arcieri che difendono la porta vengono assaliti dai nemici e precipitati giù dalle mura (RP 221). Tuttavia fino a questo momento gli assedianti hanno subito perdite molto più gravi e più pesanti dei difensori, più di quanto gli stessi assediati avessero sperato (RP 221). Giunge Ecthelion che, aiutato da Tuor, riesce a respingere gli Orchi e arriva nei pressi della porta (RP 221-222). I difensori combattono in condizioni disperate poiché devono far fronte ai nemici che premono nei pressi della porta, ma alle loro spalle gran parte della città è ormai in fiamme a causa delle frecce incendiarie. L'assalto successivo da parte dei nemici è quello decisivo. Cadono le torri di guardia della porta nord: arrivano infatti i Draghi e uno abbatte un tratto di mura a ovest della porta. Oltre agli Orchi, anche i Balrog riescono così ad entrare all'interno della cinta muraria (RP 222). Tuor ed Ecthelion uccidono alcuni signori degli Orchi, ma la loro schiera non può nulla contro l'assalto congiunto di Balrog e Draghi (RP 222-223). I due sono costretti a ripiegare e grande è la strage di uomini compiuta da uno dei Draghi. Mezza città è oramai conquistata (RP 223). La resistenza si sposta in centro città, presso la Piazza del Pozzo: a nord resiste Tuor, mentre ad ovest è Galdor a impedire che gli Orchi entrino nella piazza dall'Arco di Ingwe (RP 223). Galdor trova anche il tempo di salvare Ecthelion e Tuor, orami allo stremo delle forze (RP 223-224). Ciò che resta delle compagnie dei principi di Gondolin si fonde ora in un nuovo battaglione (RP 224). La Piazza del Pozzo è però poco difendibile, quindi gli Elfi ripiegano su per la Strada degli Alberi fino alla Piazza del Re (RP 224). Quando vi giungono da oriente arriva anche la schiera di Glorfindel; una battaglia si è svolta presso il Mercato Grande, con gli Elfi sorpresi da Orchi guidati da Balrog proprio mentre cercavano di recare soccorso alla porta nord (RP 224); anche la parte orientale della città è dunque occupata. Tuor e Glorfindel sgomberano la piazza e fanno barricate tranne a sud, da dove poco dopo giunge in aiuto anche la schiera di Egalmoth. Ci si prepara a resistere fino all'ultimo (RP 225). L'attacco nemico è devastante: sulla piazza irrompono sette Draghi e Balrog da ovest, nord e est. Sulle barricate per i Noldor è una carneficina (RP 225-226). Un Drago sfonda da nord e Tuor si ritrova addosso Gothmog, il capitano della schiere di Angband. Lo salva, sacrificandosi, Ecthelion che riesce a ferire il mostro e a farlo cadere nella fontana della piazza, nella quale trovano entrambi la morte (RP 226). Se ne va così uno dei più implacabili flagelli degli Elfi, uccisore sia di Feanor sia di Fingon. Perduto il generale, il nemico vacilla. A questo punto è Turgon stesso ad attaccare con la guardia reale. I nemici fuggono e gli Elfi riescono a gettare un Drago nella fontana, uccidendolo (RP 226-227). Ma è solo un'illusione di un attimo; nuove forze nemiche irrompono sulla piazza. Turgon è ormai consapevole di aver attirato la sciagura sulla città, avendo avuto a dispetto i consigli di Ulmo. Decide pertanto di non combattere più, perché ormai Gondolin è perduta. Ordina a tutti di mettersi in salvo e di essere fedeli a Tuor (RP 227). Gli rimangono accanto solo gli Elfi della guardia reale. E' mezzanotte (RP 228): un giorno è durata l'agonia di Gondolin. Perduta ogni speranza di salvare la città, Tuor rivela ai superstiti l'esistenza del passaggio sotterraneo; vi è incertezza se possa passare tanta gente tutta insieme, ma gli Eldar decidono di tentare. Grazie alla resistenza delle guardie di Turgon i fuggitivi riescono ad allontanarsi del centro della città. Glorfindel copre la fuga dalle retrovie, mentre Idril, dal Luogo degli Dei, assiste impotente alla fine della Torre del Re, che crolla assalita da Draghi e Balrog, e alla morte del padre (RP 229-230). Ormai gli incendi divampano ovunque e per gli Eldar è vitale riuscire a raggiungere al più presto la via di fuga (RP 231). La schiera dei fuggitivi raggiunge la scala della via segreta, sotto la casa di Tuor; si inizia a scendere. Nelle vicinanze non ci sono nemici, cosicché la fuga non viene notata. La galleria è poco profonda, e si sente il calore asfissiante che le creature di Morgoth sono riuscite a sprigionare sulla piana (RP 232); in due ore di traversata, un decimo degli esuli muore (RP 232). Allo sbocco della galleria bisogna percorrere un tratto all'aperto, sette leghe circa (RP 233, S 305), che conduce fino ai declivi che salgono al Cirith Thoronath. E' una fortuna che le schiere di Morgoth, bramose di ricchezze, siano dedite al saccheggio della città: la piana di Tumladen è poco vigilata (RP 232-233), e sono anche le nebbie e i vapori sprigionatisi durante l'assedio che fanno da scudo agli esuli (RP 233, S 305). Tuor salva Earendil da un assalto di Orchi che vengono sterminati tutti tranne due: le notizie della fuga giungeranno a Gondolin, ma troppo tardi (RP 234). Cirith Thoronath è un sentiero angusto, con un precipizio a sinistra e una parete di roccia a destra (S 305-306, RP 237). Gli Eldar procedono lentamente, ostacolati dal fatto che al passo vi è la neve per tutto l'anno (RP 236). Galdor guida la schiera, Tuor e Egalmoth stanno al centro, mentre alla retroguardia vi è Glorfindel (RP 236). Morgoth tuttavia aveva posto sentinelle lungo sui Monti Cerchianti, proprio per evitare che nessuno sfuggisse al sacco di Gondolin, però molte unità erano state poi inviate all'assedio rivelatosi molto più duro del previsto (RP 238 e S 306). Ecco giungere dunque una compagnia errante, Orchi con un Balrog (RP 237). Gli Orchi vengono gettati nell'abisso, grazie all'intervento di Thorondor (RP 238-239, S 306) e Galdor riesce a sfondare verso il passo. Il Balrog però balza a metà gruppo. Glorfindel allora ingaggia col mostro un duello su di uno sperone roccioso proteso sull'abisso. L'Elfo riesce ad avere la meglio e lo fa cadere di sotto, ma il Balrog afferra Glorfindel per i capelli facendolo precipitare con lui (RP 239, S 306). Gli Orchi vacillano e fuggono, mentre Thorondor recupera il corpo di Glorfindel cui viene eretto in fretta e furia un tumulo proprio al passo di Cirith Thoronath (RP 240, S 306). Gli esuli di Gondolin sono orami in salvo, e a tappe forzate e perigliose fuggono nella valle di Sirion diretti verso sud. La notizia che una piccola parte degli abitanti del Regno Celato è sfuggita al saccheggio e al massacro giunge tardi alle orecchie di Morgoth (S 306), ma egli poco se ne cura avendo eliminato l'ultimo nucleo di resistenza ancora presente sul suolo del Beleriand. Morgoth crede, giustamente dal suo punto di vista, che ormai la conquista del Beleriand sia cosa fatta e che non vi sia più speranza per Eldar ed Edain. Vi è ormai solo un gruppo di superstiti arroccati sull'isola di Balar e alle foci del Sirion, sbandati e senza speranza; eppure è proprio dal disastro del Doriath e di Gondolin che la speranza rinasce.
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