Le guerre della Prima Era - I
di Elinyon

a prima testimonianza di guerre tra gli Elfi ed i loro nemici giurati, gli orchi, si ha con la prima battaglia, che avvenne prima ancora del ritorno dei Noldor da Valinor. Ne "Il Silmarillion" si dice che ad un certo punto Thingol, abituato a commerciare con i Nani di Nogrod, concepì l'idea di forgiare armi per difendere il suo popolo, laddove nessun Elfo, nella Terra di Mezzo, aveva mai avuto bisogno di tali mezzi. Invece i Nani erano già abili fabbri ed armieri, e questo era dovuto alla diversa concezione che il loro creatore ne aveva avuto: Ilúvatar aveva concepito gli Elfi come un popolo pacifico, e dunque non aveva infuso in loro l'impulso di forgiare armi ed armature; Aulë, invece, sapendo che le ere a venire sarebbero state ardue, fece i Nani "tali e quali sono tuttora [.] e desiderava pertanto che fossero forti e inflessibili", e questa sua concezione si riflette nell'idea dei Nani di creare armi.

La prima battaglia

Questa prima battaglia vede coinvolti Thingol, Denethor e Círdan con le rispettive popolazioni, ed un piccolo contingente di Nani. Gli orchi di Morgoth escono da Angband in due ampie schiere; una si dirige ad occidente, e sbaraglia Círdan, costringendolo a ritirarsi nelle due fortezze di Eglarest e Brithombar; l'altra muove verso oriente, ma è intercettata da Thingol, uscito dalle sue terre, e dagli Elfi dell'Ossiriand, chiamati dal loro alleato Elwë. Così gli orchi, presi da due lati, sono rapidamente sconfitti, ma la vittoria riportata dagli Elfi ha un caro prezzo: alcuni di quei mostri circondano Denethor e la sua guardia del corpo, i quali, essendo armati alla leggera, non possono far fronte al ferro delle corazze e delle lance degli orchi. Purtroppo Thingol giunge troppo tardi: come riesce a farsi strada tra i nemici, compiendone carneficina, Denethor è già morto.

Questa battaglia non ha un significato importantissimo in sé, eppure vi sono alcune osservazioni da fare: essa causa la chiusura del Doriath con la Cintura di Melian, e la separazione dei Laiquendi in una stirpe a sé stante; inoltre, mostra bene ciò che ho accennato all'inizio: gli Elfi non sono stati creati come un popolo guerriero, perciò fanno fatica, all'inizio, a respingere gli orchi, che invece Morgoth ha voluto spietati e forti.

La seconda battaglia, Dagor-nuin-Giliath (La Battaglia-sotto-le-stelle)

Poco tempo è passato dal ritorno dei Noldor nella Terra di Mezzo, e Fëanor ha condotto i suoi nel Mithrim, sulla riva dell'omonimo lago, ad accamparsi per la notte. Prima che il campo sia pronto, però, giungono molti orchi dai passi degli Ered Wethrin, che colgono di sorpresa Fëanor ed i suoi figli; ma nonostante questo, le difese sono subito pronte, e pochi Elfi, nei quali non si è ancora "appannata nei loro occhi" la luce di Aman, dei due Alberi, sconfiggono un numero molto maggiore di orchi. Non vale a nulla anche il tentativo degli eserciti posti all'assedio di Brithombar ed Eglarest di soccorrere i loro simili, perché Celegorm, intuita la mossa, con una piccola schiera tende un agguato agli orchi che sopraggiungono, e li getta nelle paludi del Serech. Nel frattempo però Fëanor, non contento della sua vittoria, si lancia all'inseguimento dei suoi nemici, "e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi del pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l'ora della sua vendetta." Fëanor, mosso dall'ira, dalle sue passioni, si stacca dai suoi, e con pochi fidati compagni raggiunge i nemici; ma presto viene sopraffatto dai Balrog, e da Gothmog stesso, intanto giunti da Angband; le sue spoglie vengono risparmiate solo dal provvidenziale arrivo dei suoi figli.

Questa battaglia mostra bene il lato passionale degli Elfi Noldorin, quello che li porta a fuggire da Valinor, quello che li distingue dai miti e saggi Vanyar, quello che pian piano scomparirà nella terza era, quando ormai rimarranno ben pochi di questa gloriosa stirpe, nella Terra di Mezzo. Colti di sorpresa, gli Elfi si difendono, e l'ardore con cui combattono riesce a supplire all'enorme inferiorità numerica ed al fattore sorpresa degli orchi. Vi è poi l'accenno alla luce di Aman: a differenza dei Sindar, i Noldor, pur non essendo guerrieri di natura, imparano bene: difatti divengono forti grazie al loro contatto con i Valar, e le prodezze degli Elfi di quei tempi sono ineguagliabili. Questo è dunque uno dei più importanti caratteri degli Elfi, ciò che li rende eccellenti guerrieri: la giusta ira, la passione che li muove.

La terza battaglia, Dagor Aglareb (la Battaglia Gloriosa)

Sono passati sessant'anni dalla Dagor-nuin-Giliath, ed i Noldor hanno creato molti regni, stabilizzando le proprie difese e preparandosi a nuovi scontri. Credendo che gli Elfi siano troppo occupati in affari interni per prepararsi ad una battaglia, Morgoth con grandi eruzioni di fiamme preannuncia lo scontro, ed in seguito manda tre schiere di orchi fuori da Angband: una, attraversato il Passo di Sirion, irrompe nel Beleriand occidentale, un'altra, attraverso il Varco di Maglor, tra i Monti Azzurri ed i Colli di Maedhros, giunge nel Beleriand orientale; ma queste due piccole schiere sono presto inseguite e distrutte da contingenti di Elfi, probabilmente da Círdan, ad ovest, e da altri Noldor ad est. La terza schiera, invece, attacca frontalmente il Dorthonion, ed il suo assalto viene probabilmente contenuto dai gemelli Angrod ed Aegnor; poi, Maedhros e Fingolfin, che "non stavano certo dormendo", prendono in una morsa gli orchi, che devono battere in ritirata; ma la rapidità degli Elfi, sia a piedi sia a cavallo, permette loro di raggiungere i nemici proprio alle porte di Angband, e di eliminarli rapidamente.

Questa è la prima vittoria decisiva riportata dagli Elfi su Morgoth, e mostra i primi segni di superiorità tattica e logistica degli Elfi: ancora una volta, gli orchi attaccano quando le difese degli Eldar non sono perfette, ma il fatto che essi siano divisi in molti regni alleati gioca a loro favore, perché così le bande che compiono scorrerie sono rapidamente bloccate ed eliminate; inoltre, si nota la supremazia della cavalleria elfica, che permette a Maedhros e Fingolfin di giungere rapidamente in aiuto di Angrod ed Aegnor, ed anche di percorrere la grande piana di Ard-Galen in fretta, spacciando così gli orchi prima che essi possano tornare dal loro padrone.

La quarta battaglia, Dagor Bragollach (la Battaglia della Fiamma Improvvisa)

Dopo la Dagor Aglareb si hanno circa 400 anni di pace, turbata solo poche volte da brevi scorrerie di orchi (significativo è l'attacco portato da Glaurung, il padre dei draghi, ancora non completamente formato, a Fingon, 200 anni dopo la Terza Battaglia, che però è quasi fatale per la nuova creatura di Morgoth). Alla fine di questi, caratterizzati da un lunghissimo assedio ad Angband, portato con truppe stanziate nell'Ard-Galen, in una notte d'inverno i tre picchi di Thangorodrim eruttano nuovamente, ma questa volta molti Elfi sono intrappolati nei fiumi di lava, mentre nubi di fumo si alzano dal terreno (Ard-Galen viene dunque rinominata Anfauglith, la Polvere Soffocante). Questa Quarta Battaglia è in verità la prima vera battaglia del Beleriand: le tre precedenti erano state poco più che scaramucce, in cui Morgoth aveva solo saggiato il potere dei suoi nemici; ed inoltre, si ha per la prima volta il carattere costitutivo delle battaglie del Beleriand, e cioè che esse non si limitano ad uno scontro, in un luogo preciso, ma sono delle vere e proprie campagne militari, con una serie di eserciti e di battaglie che si articolano lungo vari giorni.

Dopo la letale eruzione, Glaurung esce in tutta la sua maestosa potenza, e dopo di lui i tremendi Balrog, e dopo ancora orde di orchi, in numero tale che "i Noldor mai avevano visto né immaginato". L'assedio di Angband viene infine rotto, dopo quasi mezzo millennio, e vi è grande sterminio di Noldor, Sindar ed uomini. Angrod ed Aegnor, assaliti nel Dorthonion, resistono strenuamente, ma rimangono uccisi dalla potenza di una delle tre orde che Morgoth aveva liberato, quella centrale; la schiera occidentale si getta verso lo Hithlum, dove Fingolfin e Fingon resistono fino all'ultimo, e nei pressi del Passo di Sirion si accende una furiosa lotta tra Finrod Felagund, re del Nargothrond, e gli orchi; e poco prima che sia troppo tardi per il re, accerchiato alle paludi del Serech, giunge Barahir, fratello di Bregolas, caduto in battaglia al fianco di Angrod ed Aegnor, e salva Finrod da morte certa. Questo è dunque quanto è accaduto nel Dorthonion, per quanto attiene ai figli di Finarfin.

Gli stessi figli di Fëanor certo non hanno vita facile: una volta forzato il passo di Anglon, Celegorm e Curufin vengono sconfitti, e sono costretti a ritirarsi verso il Nargothrond. Maedhros, da parte sua, combatte come un leone, e la fortezza sul monte Himring resiste ad ogni assalto nemico, e molti Elfi vi si riuniscono, in modo da fortificare nuovamente il passo di Aglon. Purtroppo, però, la cavalleria elfica viene pesantemente sconfitta da Glaurung, e gli orchi passano in forze attraverso il passo di Maglor, devastando il Thargelion, impadronendosi anche del Monte Rerir, una grande fortezza, e del lago Helevorn; e dunque, Maglor è costretto a fuggire da Maedhros, invece Amrod, Amras e Caranthir si riunirono su Amon Ereb, il bastione più meridionale delle genti degli Eldar.

Ad occidente, invece, Fingolfin ed i suoi figli resistono con maggior facilità, ad Eithel Sirion; e nonostante muoiano due grandi condottieri umani, Hador Chiomadoro e suo figlio Gundor, la vittoria è nelle mani degli Elfi. Fingolfin, però, ricevendo notizie della disfatta dei figli di Fëanor e di quelli di Finarfin, il re Fingolfin parte alla volta di Thangorodrim, deciso a sfidare Morgoth in persona, e così accade: la sfida tra il re di tutti i Noldor della Terra di Mezzo ed il Valar più potente è aspra, ma nonostante il coraggio e la potenza di Fingolfin il duello volge a favore di Melkor. Vediamo l'opposizione chiara tra Morgoth, imponente e terribile, le cui armi non gettano riflessi, ma ombra, che cala lento ma inesorabile la sua mazza, Grond, e Fingolfin, più basso ed esile, vestito di bianco ed argento, le cui armi, invece, brillano come stelle; e la sua spada Ringil è rapida e letale. La rapidità di Fingolfin provocò a Morgoth ben sette ferite, ma alla fine, questi riuscì a colpire, mettendo in ginocchio il re, finché l'Elfo non cadde bocconi, e Morgoth lo schiacciò. Con un ultimo sforzo disperato, però, Fingolfin riesce, con un netto fendente, a tranciare il piede di Morgoth, esaurendo così le sue forze.

Questa, come ho già accennato, è la prima grande battaglia combattuta dagli Elfi, ed è quella che forse meglio sintetizza le caratteristiche delle guerre elfiche: la divisione in molti regni alleati, che combattono insieme, il sincretismo delle varie tecniche di guerra (ci sono i Sindar, che amano combattere con imboscate, i Noldor, che sono forti e veloci, gli Umani, che sono travolgenti e desiderosi di ottenere meriti presso gli Elfi e, a volte, anche se non in questo caso, i Nani, che sono lenti, resistenti e ben corazzati). Ora, però, inizia a farsi vedere il divario che c'è tra Morgoth e gli Elfi, non ben preparati ad un attacco del genere: Morgoth è un oscuro signore che trama nell'oscurità, e che è in grado di creare i mostri e le creature belliche più devastanti (basti vedere i draghi oppure i Balrog); d'altra parte, gli Elfi devono contare solo sulla loro stessa forza, sia fisica sia di volontà, e sulla benevola magia che intesse le loro armi. Infatti, è magia quella che permette alla splendente Ringil, la spada di Fingolfin, di mozzare un piede a Morgoth con un solo fendente, ed è magia delle più potenti invero. Vediamo per la seconda volta in azione la furia di battaglia: Maedhros, il cui spirito è simile ad una fiamma, dopo i tormenti subiti, riesce a scacciare gli orchi con il suo impeto, da una parte, ma dall'altra la furia di Finrod e di Fingolfin porta il secondo alla morte, ed il primo ad un passo da essa, per aver corso eccessivi rischi.

La Quinta Battaglia, Nirnaeth Arnoediad (la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime)

È il 473 della Prima Era. Sono passati altri diciotto anni dalla Dagor Bragollach, e sotto l'impulso delle gloriose gesta di Beren e Luthien, riusciti a recuperare un Silmaril dalla Corona di Ferro di Morgoth, Maedhros decide di riprendersi ciò che è stato rubato a Fëanor suo padre, e di compiere così il giuramento dei Figli di Fëanor. Maedhros riesce così a formare una coalizione incredibile, veramente impressionante per forza, potenza ed abilità: Maedhros ed i suoi fratelli, assieme a schiere di Nani e di uomini (comandati da Uldor, un gruppo, e da Bór un altro) devono penetrare nell'Anfauglith da est, ed attirare Morgoth fuori da Angband, mentre Fingon, a capo di una coalizione fatta dagli uomini del Dor-lómin e del Brethil, da Elfi delle Falas e dello Hithlum, ed anche da piccoli gruppi provenienti da Nargothrond (con Gwindor) e dal Doriath (con Mablung e Beleg), deve attendere nascosto tra gli Ered Wethrin, ed attaccare in seguito. Purtroppo Morgoth, avvedutosi del piano d'attacco degli Elfi, mette in atto un piano diabolico: per prima cosa, corrompe alcuni uomini della schiera di Uldor, e questo stesso trattiene Maedhros con false notizie, in modo che egli ritarda di molto il suo arrivo; ma proprio mentre le cose stanno per mettersi male, giunge Turgon da Gondolin, con ben 10.000 Elfi armati e vogliosi di combattere; e la speranza si rinnova nel cuore di Fingon. Entra in gioco però la seconda parte del malefico piano di Morgoth: alcune bande di orchi, in apparenza grandi, ma in verità solo una parte di quelle che Morgoth ha pronte, sfidano gli Elfi appostati nello Hitlum, giungendo fino agli avamposti di Eithel Sirion; lì, prendono un prigioniero, Gelmir del Nargothrond, e lo decapitano, scatenando la furia di molti Elfi, e di Gwindor soprattutto, fratello del morto. Dunque, nonostante Maedhros ancora non sia giunto, dopo quattro giorni di attesa Fingon ed alcuni Gondolindrim cavalcano sull'Anfauglith, spacciando completamente il contingente che li ha sfidati; ma l'avanguardia, giunta sino sulle scale di Angband, è completamente eliminata, con l'eccezione di Gwindor, preso prigioniero da Morgoth.

Il giorno seguente, la speranza si riaccende: giunge Turgon da Eithel Sirion, e giunge infine anche Maedhros, e l'esercito degli Elfi è al completo; ma entra ora in gioco la terza, diabolica parte del malefico piano di Morgoth. Uldor, Ulfast ed Ulwarth, gli uomini traditori, attaccano la retroguardia di Maedhros, essendo nel suo esercito, e nel contempo orde di Orientali giungono dalle colline, e seminano il panico nelle schiere di Maedhros, che sono costrette a ritirarsi; d'altra parte, i Nani riescono a mettere in fuga Glaurung, nonostante perdano il loro re Azhagâl.

Nella schiera occidentale, similmente, Fingon e Turgon vengono assaliti da una forza nemica circa tre volte la loro, e Gothmog riesce a penetrare fino al Re dei Noldor stesso, ed inizia con lui un duello; morte le guardie del corpo dell'Elfo, Fingon combatte con forza e coraggio, ma giunge un secondo Balrog, che con la sua frusta di fuoco lo intrappola, e Gothmog colpisce con la sua ascia, frantumando il candido elmo dell'elfo; "e una fiamma bianca sprizzò" da esso, quando l'ascia colpisce.

Morto anche Fingon, la battaglia è finita, e Turgon viene convinto da Húrin e Huor, suoi amici, a fuggire e tornare a Gondolin, in modo che essa sia l'ultimo baluardo degli Elfi; ed Ecthelion e Glorfindel coprono i lati dell'esercito, mentre Húrin, Huor e gli uomini del Dor-lómin difendono la ritirata, compiendo il più grande gesto che mai uomo abbia tentato, nella storia degli Edain.

Questa Nirnaeth Arnoediad è un po' il culmine di tutte le battaglie, ed è anche l'ultima combattuta dai del Beleriand nel tentativo di sconfiggere Morgoth; i due scontri successivi, cioè la Battaglia di Gondolin e la Guerra dell'Ira sono una a solo scopo difensivo, l'altra è invece portata dai Valar, e dagli Elfi di Valinor. La Battaglia delle Innumerevoli Lacrime è, se vogliamo, la battaglia "dei se": infatti, molte sono le incognite, i fatti che, se si fossero svolti diversamente, avrebbero cambiato il destino di quella battaglia. Per esempio, possiamo pensare che, se invece di piccoli gruppi dal Doriath e da Nargothrond, fossero giunte tutte le truppe di cui i due regni dispongono (cioè se Finrod fosse stato ancora vivo, per intenderci), e se anche Turgon avesse svuotato completamente Gondolin, le cose sarebbero state un po' diverse. Ma soprattutto, se Uldor ed i suoi non avessero tradito, anche solo se non fossero mai arrivati, e quindi se Maedhros ed i suoi fossero già al punto stabilito il primo giorno, e dunque se non vi fosse il tradimento degli uomini, tutto sarebbe stato diverso: Maedhros ed i suoi uomini avrebbero sconfitto i draghi e si sarebbero ricongiunti con l'esercito di Fingon e Turgon, molto più forte di quello che è stato veramente: non 10.000 da Gondolin, ma forse il doppio, ed altrettanti da Nargothrond e dal Doriath: i guerrieri della schiera ovest avrebbero superato il numero di 50.000 quasi di sicuro, e nemmeno Gothmog avrebbe potuto fare alcunché contro la potenza di un simile esercito. Ma purtroppo, la battaglia ha preso una piega diversa, ed è stata la più grande disfatta della storia elfica.

In questa battaglia si evidenzia bene il ruolo del tradimento, l'arma principale di Morgoth, anche in battaglia: è quello il vero motore della sconfitta degli Elfi. Notiamo poi che gli uomini stanno prendendo sempre più importanza, sia con sia contro gli Elfi; ed anche i Nani hanno un grande ruolo, nella lotta contro Glaurung: ed è proprio la loro resistenza al fuoco, le maschere che portano e la resistenza delle loro armi ed armature che permette loro di sconfiggere il grande drago, pur perdendo il loro re.

Sono talmente tante le cose che si potrebbero dire riguardo a questa gloriosa battaglia, che non basterebbero le poche pagine di questo scritto; mi limiterò a far notare, oltre a quanto ho già detto, come si accentui la sproporzione tra gli Elfi, pochi ma eccellenti, sia per cuore, sia per qualità di combattimento, e gli orchi, che sono orde di schiavi, e rischiano di perdere nonostante tutti i trucchi di Morgoth. Ed è ora che si inizia a sottolineare l'importanza degli Uomini, che poi vedremo come elemento costitutivo della Terza Era: è il tradimento di Uldor ed i suoi che permette la vittoria di Morgoth, che non sarebbe altrimenti avvenuta. Possiamo infine dire, ed a ragione, che questa è la più grande e complessa delle battaglie combattute nella Terra di Mezzo, sebbene in quanto ad importanza finale e ad impiego di soldati sia seconda alla Guerra d'Ira; in essa si raggiunge il picco della gloria e della potenza degli Elfi, che però nulla può contro la schiacciante malvagità di Morgoth, che in quanto Valar decaduto ha dei poteri di certo superiori a quelli di Fingon e dei suoi.

La Guerra d'Ira

Nonostante non sia considerata alla stregua delle Grandi Battaglie del Beleriand, la Guerra d'Ira è, in effetti, la sesta di queste lotte. Di essa si hanno pochissime testimonianze negli scritti che abbiamo: tra le traduzioni italiane abbiamo soltanto il breve passo che il Silmarillion le dedica; né i Racconti Incompiuti, Ritrovati o Perduti ne parlano diffusamente, nonostante in questi ultimi vi sia un accenno alla "Marcia di Inwë"; ma non abbiamo notizie soddisfacenti.

Sappiamo soltanto che non fu un capolavoro di strategia come, per esempio, la Nirnaeth Arnoediad, anzi fu abbastanza lineare e, direi, banale: sbarcati nella Terra di Mezzo, gli eserciti dei Noldor di Finarfin e dei Vanyar di Ingwe, con tutta la loro possanza marciano verso l'Anfauglith; ed a loro si uniscono molti uomini, ma nessuno dei Quendi della Terra di Mezzo. Il Silmarillion ci riporta che i Valar battagliarono molto a lungo, e Morgoth svuotò completamente Angband, facendo uscire i Balrog rimasti (due erano deceduti a Gondolin, secondo la versione del 1930), i lupi, tutti gli orchi, e non solo: anche i draghi, di ogni stirpe, il cui re e signore era Ancalagon il Nero, fortissimo discendente di Glaurung. Giunse allora Eärendil sul Vingilot, la nave dei cieli, ed accorsero le Grandi Aquile di Thorondor, e grande fu la battaglia nei cieli; alla fine, prima che sorgesse il sole, Eärendil ebbe la meglio, ed Ancalagon cadde dal cielo, rovinando su Angband; e la sua tremenda caduta frantumò i tre picchi di Thangorodrim. E quando sorse il sole, l'esercito dei Valar ebbe la meglio su tutti i fronti, e tutti i draghi caddero; Morgoth venne catturato, nella più profonda delle sale di Angband, ed incatenato nuovamente; e fu poi spedito nel Vuoto Atemporale, oltre le Mura del Mondo, costantemente vigilato dalle scolte.

"Qui termina il SILMARILLION. Se in esso si è passati dall'eccellenza e dalla bellezza alla tenebra e alla rovina è perché tale era, fin da tempi antichissimi, il destino di Arda Corrotta; e se un mutamento si verificherà, e la Corruzione sarà cancellata, lo possono sapere solo Manwë e Varda, i quali però non l'hanno rivelato, né se ne trova traccia nelle sorti di Mandos". Questa è la frase che conclude il racconto, ed in essa si allude, seppur velatamente, alla più grande battaglia che il mondo conoscerà: la Dagor Dagorath, la Battaglia delle Battaglie, in cui tutti i guerrieri torneranno in vita, sia quelli del bene, sia quelli del male, e lo scontro sarà tremendo; Morgoth stesso tornerà in Arda, e darà battaglia ai Valar; in duello, Finwë, Eönwë e Túrin Turambar lo sconfiggeranno, e sarà proprio quest'ultimo ad infliggergli il colpo di grazia, compiendo così il destino e la vendetta suoi, e della famiglia di Húrin Thalion. Ma di questo abbiamo pochissime notizie, tutte provenienti da un testo che non è stato tuttora tradotto, sfortunatamente, e che io non ho ancora avuto il piacere di leggere.

Queste sono le grandi battaglie della Prima Era, quelle in cui gli Elfi hanno avuto una parte fondamentale; se in quelle successive non ne avranno più molta, questo è dovuto al fatto che quello è il loro destino: di lasciare il posto ai fragili umani.

 

Federico Vigorelli Porro

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