Dostoevskij, Tolkien & Eliot: il deserto, l’eroe, il potere e la grazia
di Federico Maria Giani

Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dèi, dicono,

[ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima

Che gli uomini negassero gli dèi e al contempo adorassero gli

[dèi, professando anzitutto la Ragione,

E poi il Denaro, e il Potere, e ciò che chiamiamo Vita, o Razza,

[o Dialettica. (i)

 

Uomo che cerca il bene ha due scelte davanti a sé: inchinarsi davanti all’infinitamente grande, come direbbe Dostoevskij, o negare che il bene viene da Dio, inchinandosi perciò ai prodotti della propria mente, la Ragione, la brama di Denaro o di Potere.

Umiltà da un lato e superbia dall’altro. Quest’ultima fa sì che la ricerca di bene, di felicità, sia una partita persa in partenza: il bene non è più una realtà incontrabile ma un concetto astratto slegato da ogni realtà. Scrive Eliot:

Essi cercano sempre d’evadere

Dal buio esterno e interiore

Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe

[bisogno d’essere buono.

Ma l’uomo che è adombrerà

L’uomo che pretende di essere. (ii)

La felicità che l’Uomo sogna di potersi costruire da solo per evadere dal suo stesso male non è che un inganno, presto o tardi la realtà dei fatti torna ad essere evidente.

Ne I demoni si incontra l’episodio di un rivoluzionario del circolo socialista locale che, esponendo le proprie teorie riguardo ad un ipotetico sistema perfetto, conclude:

– Mi sono imbrogliato nei miei propri dati, e la mia conclusione è in diretto contrasto con l’idea originaria da cui parto. Partendo dalla libertà illimitata, concludo a un illimitato dispotismo.[…] (iii)

Non si può cercare il bene, la libertà o qualunque altra cosa prescindendo dalla loro fonte prima, da Dio; non si può, in altri termini, puntare ad un fine giusto percorrendo una strada sbagliata, come vorrebbe invece fare Saruman (iv):

[…] la nostra ora è vicina: il mondo degli Uomini che dobbiamo dominare. Ma abbiamo bisogno di potere, potere per ordinare tutte le cose secondo la nostra volontà, in funzione di quel bene che soltanto i Saggi conoscono. Ascoltami, Gandalf, vecchio amico e collaboratore! […] Questa è dunque la scelta che si offre a te,a noi: allearci alla Potenza. Sarebbe una cosa saggia, Gandalf, una via verso la speranza. La vittoria è ormai vicina, e grandi saranno le ricompense per coloro che hanno prestato aiuto. Con l’ingrandirsi della Potenza anche i suoi amici fidati d’ingigantiranno; ed i Saggi, come noi, potrebbero infine riuscire a dirigerne il corso, a controllarlo. Si tratterebbe soltanto di aspettare, di custodire in cuore i nostri pensieri, deplorando forse il male commesso cammin facendo, ma plaudendo all’altra mèta prefissa: Sapienza, Governo, Ordine […]. Non sarebbe necessario, anzi non vi sarebbe un vero cambiamento nelle nostre intenzioni; soltanto nei mezzi da adoperare”. (v)

Saruman vorrebbe costruire il bene dimenticandolo però durante la costruzione: ma il bene non accetta compromessi.

Voi, avete voi costruito bene, o vi siete dimenticati della pietra l [angolare?

[…]

“La nostra patria è nei Cieli”; sì, ma quello è il modello e il l [tipo della vostra patria sulla terra.

[…]

O Signore, liberami dall’uomo che ha intenzioni eccellenti e cuore impuro: giacché il cuore inganna sopra ogni altra cosa l [ed è disperatamente malvagio. (vi)

Il Grande Inquisitore di Dostoevskij è simile a Saruman. Questo personaggio è il protagonista di un racconto inventato da Ivàn, che egli espone al fratello Aljòša all’interno de I fratelli Karamàzov. In questa breve storia lo scrittore russo evidenzia bene lo scarto fra il bene cercato in Dio e quello fuori di Dio, il bene cercato nel Bene o fuori del Bene.

Ivàn immagina che Cristo, sceso in terra al tempo dell’Inquisizione spagnola, incontri il Grande Inquisitore e abbia con lui una conversazione.

L’Inquisitore, in quello che si rivela essere un monologo, racconta a Cristo come, dopo la sua ascensione al cielo, la Chiesa sia cresciuta e, abbandonato Dio, si sia inchinata al Diavolo, accettando da lui le proposte che Cristo aveva rifiutato nel passo evangelico delle tentazioni nel deserto.

Così facendo la Chiesa non è più Chiesa, è divenuta un’altra cosa: Cesare, l’impero temporale, il potere, occupata a dominare l’Uomo, cui toglie la libertà donandogli però tutto ciò di cui ha materialmente bisogno.

“Essi ci ammireranno e ci terranno in conto di dèi per aver acconsentito, mettendoci alla loro testa, ad assumerci il carico di quella libertà che li aveva sbigottiti e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di essere liberi! Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo. Li inganneremo di nuovo, perché allora non Ti lasceremo più avvicinare a noi. […] E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono così terribile, che aveva procurato loro tanti tormentiavevamo noi ragione d’insegnare e di agire così? Parla! Forse che non amavamo l’umanità […]?Forse Tu vuoi udirlo proprio dalle mie labbra, ascolta dunque: noi non siamo con Te, ma con lui, ecco il nostro segreto! […] Ma di chi la colpa? Oh, quest’opera è finora soltanto agli inizi, ma è cominciata! Ancora a lungo si dovrà attendere il compimento e molto ancora soffrirà la terra, ma noi raggiungeremo la mèta, saremo Cesari, e allora penseremo all’universale felicità degli uomini.” (vii)

Nell’udire questo racconto il fratello Aljòša esclama scandalizzato:

– Ma… è assurdo! – (viii)

Come nel caso di Saruman si parla di un compromesso con l’Ideale iniziale, con il Fatto originario: ma il compromesso è un tradimento, una menzogna.

Il Plutocrate di Eliot, personaggio che in una scena appare come mediatore fra il Coro, le Camicie Rosse e le Camicie Nere, espone il suo compromesso:

Ho qui da offrire un’alternativa,
Sperando che possa essere apprezzata da tutti.
In fin dei conti, infatti, nel cuore siamo tutti d’accordo;

Le cose che noi vogliamo sono davvero le stesse.

Perché, allora, non provare a trovare una formula?
E io, che sono l’anima stessa della moderazione,
E il genuino spirito della conciliazione,
Ho preso a esplorare tutte le strade
Per trovare i termini su cui possiamo accordarci.
Noi tutti, lo so, abbiamo interessi vari

E vi è anche la Chiesa da considerare.

Così mi sono fatto una piccola immagine
E debbo dire che la trovo davvero nitida,
Una cosa che sono certo piacerà a tutti.
Assomiglia all’Oro, ma il suo vero nome è POTERE. (ix)

Il frutto della negazione di Dio è un’assurdità: è assurdo che, pretendendo di amare l’umanità, di condurla ad un futuro glorioso, la si voglia sottomettere alla Ragione e al Potere, a dei limiti.

L’amore, lo si è già detto, è l’unica cosa che non imprigiona l’Uomo in se stesso: nell’amore nessuna strada è più a senso unico, c’è sempre la possibilità di tornare indietro, di tornare a seguire Dio piuttosto che la propria assurda costruzione mentale.

– […] l’inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. […] Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt’a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito […]. Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea(x)

Ma l’Uomo orgoglioso, Ivàn, Melkor, Sauron, rifiuta il perdono e la possibilità che gli viene offerta, persistendo disperatamente nei suoi intenti.

Anche Frodo, che inizialmente non credeva Gollum degno di pietà, incontrandolo, riconosce il suo diritto, a lui, essere viscido e maligno:

[…] non toccherò questo essere. Infatti, ora che lo vedo, mi fa pietà.”

[…]

“No, non ti uccideremo”, disse Frodo. “Ma nemmeno ti lasceremo libero. Sei un covo di malvagità e malizia, Gollum. Sarai costretto a venire con noi affinché ti possiamo sorvegliare, tutto qui. Ma dovrai fare tutto quanto è in tuo potere per aiutarci: i favori vanno ricambiati”. (xi)

gli offre addirittura una seconda possibilità, un’occasione per riscattarsi, perché riconosce in lui i suoi stessi limiti, ne prova pietà e lo vuole aiutare.

Perfino Sam, all’occasione, arriva a provare pietà di Gollum:

La mano di Sam esitò. La sua mente era eccitata dalla collera e dai cattivi ricordi passati. Sarebbe stato giusto uccidere quell’essere infido e cattivo, giusto e più volte meritato; e sembrava anche l’unica cosa sicura da farsi. Ma in fondo al cuore qualcosa lo tratteneva. Non poteva colpire quella cosa distesa nella sabbia, disperata, distrutta, miserevole. Lui stesso aveva portato l’Anello, solo per poco tempo, ma poteva vagamente immaginare l’agonia della mente e del corpo di Gollum, incatenato all’Anello, dominato, incapace di ritrovare nella vita mai più pace o sollievo. Ma Sam non aveva parole per esprimere ciò che sentiva. (xii)

Ma nonostante tutto ciò che gli viene offerto, Gollum cercherà fino all’ultimo di strappare di mano l’Anello a Frodo, fino a che non ci riuscirà, determinando la propria morte.

C’è però un altro personaggio de Il Signore degli Anelli che viene ammaliato dall’Anello: è Boromir, componente della Compagnia, figlio del Sovrintendente di Gondor, valente condottiero e impavido guerriero.

Boromir cade preda della tentazione dell’Anello, una tentazione apparentemente saggia:

[…] Cosa c’impedisce di pensare che il Grande Anello sia venuto nelle nostre mani per servirci proprio nell’ora del bisogno? Adoperandolo, i Liberi Signori dei Liberi potrebbero sicuramente sconfiggere il Nemico, ed è ciò che egli teme maggiormente credo.

Gli Uomini di Gondor sono valorosi, e non si arrenderanno mai; ma potrebbero subire una completa disfatta. Il valore ha bisogno innanzitutto di forza, quindi di un’arma. Che l’Anello sia la vostra arma, se ha tutti i poteri che gli attribuite. Prendetelo, e partite verso la vittoria!” (xiii)

Ma l’Anello, la tentazione del potere, corrompe il cuore di chi lo desidera perché esso è il mezzo sbagliato: come può uno strumento malvagio condurre a realizzazione un’opera buona?

Purtroppo Boromir continuerà a bramare di poter usare l’Anello per la salvezza di Gondor, fino a quando non cederà tentando di toglierlo a Frodo. Quando si rende conto di essersi lasciato dominato dalla sua stessa brama è ormai troppo tardi: Frodo fugge con Sam, e a lui rimane solo la disperazione per aver comportato il probabile fallimento della Missione lasciando il Portatore dell’Anello senza Compagnia.

In realtà, una possibilità di riscatto è data anche a Boromir: difendere Merry e Pipino (xiv) dall’improvviso attacco da parte degli Orchetti all’accampamento della Compagnia. Nello scontro Boromir rimane mortalmente trafitto da alcune frecce, ma riesce a rivelare l’accaduto ad Aragorn:

“Ho cercato di togliere a Frodo l’Anello. Chiedo perdono. Ho pagato. […] Addio Aragorn! Và tu a Minas Tirith e salva la mia gente! Io ho fallito”.

“No!”, disse Aragorn, prendendogli la mano e posando un bacio sulla sua fronte. “Hai vinto. Pochi hanno conosciuto un simile trionfo. Rasserenati! Minas Tirith non soccomberà!”. (xv)

Il pentimento, e l’ultima azione di sacrificio, riscattano Boromir.

È incredibile come l’amore, la pietà o il pentimento possano salvare un Uomo, come possano farlo trionfare anche nell’apparente sconfitta del suo limite.

 

Note

(i) T.S. Eliot, La Roccia - Un libro di parole –pag. 121(Biblioteca di via Senato ed. Milano)

(ii) T.S. Eliot, Cori da “La Rocca” – pag.89 (“I libri dello spirito cristiano” – ed. Rizzoli)

(iii) F.M. Dostoevskij, I demoni – pag. 375 (Gli Struzzi ed. Einaudi)

(iv) Saruman è il capo degli Istari, ordine di stregoni cui appartiene Gandalf.

(v) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell’Anello – pag. 328 (ed. Rusconi)

(vi) T.S. Eliot, La Roccia - Un libro di parole –pagg. 55, 95(Biblioteca di via Senato ed. Milano)

(vii) F.M. Dostoevskij, I fratelli Karamàzov – pagg. 270, 274 (i grandi libri ed. Garzanti)

(viii) F.M. Dostoevskij, I fratelli Karamàzov – pag. 277 (i grandi libri ed. Garzanti)

(ix) T.S. Eliot, La Roccia - Un libro di parole –pag. 113(Biblioteca di via Senato ed. Milano)

(x) F.M. Dostoevskij, I fratelli Karamàzov – pagg. 279-280 (i grandi libri ed. Garzanti)

(xi) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - Le due Torri – pagg. 745-746 (ed. Rusconi)

(xii) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re – pag. 1127 (ed. Rusconi)

(xiii) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell’Anello – pag. 337 (ed. Rusconi)

(xiv) Merry e Pipino, due hobbit amici di Frodo e Sam, sono parte della Compagnia.

(xv) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - Le due Torri – pag. 508 (ed. Rusconi)

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