Dostoevskij, Tolkien & Eliot: il deserto, l’eroe, il potere e la grazia
di Federico Maria Giani

Ma ecco che le nuvole furono spazzate via dal vento e un rossotramontosquarciò l’occidente. Vedendo quell’improvviso chiarore fugare la penombra Bilbo si guardò attorno, e lanciò un grido altissimo: aveva scorto un’apparizione che gli fece balzare il cuore in petto, scure sagome ancora piccole che si stagliavano maestose contro quel chiarore lontano.

“Le aquile! Le aquile!” egli urlò. “Arrivano le aquile!”. (i)


el mezzo della battaglia più terribile alla quale avesse mai preso parte Bilbo accade all’improvviso un evento inaspettato, ciò che Tolkien, con un neologismo, chiama “eucatastrofe” (ii) :

eucatastrofe […] la gioia del lieto fine, o più esattamente la “buona catastrofe”, l’improvviso “capovolgimento” gioioso […], una grazia improvvisa e miracolosa […]. Questo non smentisce l’esistenza della discatastrofe, del dolore e del fallimento: la loro possibilità è anzi necessaria alla gioia della salvazione; smentisce però, nonostante le molte apparenze del contrario, l’universale sconfitta finale, e pertanto è evangelium, in quanto permette una fugace visione della Gioia, Gioia al di là delle mura del mondo, acuta come un dolore. (iii)

È ciò che accade a Boromir: nel momento più terribile, più tragico, il bene prevale comunque, e la caduta diventa l’occasione per compiere ancora un’ultima volta il bene.

Lo stesso accade verso la conclusione de Il Signore degli Anelli, quando la discatastrofe suprema è imminente: finalmente arrivato al Sammath Naur, la Voragine del Fuoco dove avrebbe dovuto gettare l’Anello, Frodo reclama per sé il malefico oggetto infilandolo al proprio dito.

La Missione è fallita, il Portatore dell’Anello ha ceduto al suo potere.

Ma subito accade il più inaspettato degli avvenimenti: Gollum, entrato di soppiatto, si lancia addosso a Frodo e lotta contro di lui per il possesso dell’Anello. Staccatogli il dito con un morso, gli sottrae l’Anello, ma, gioendo per il fortunato ritrovamento, si sbilancia e cade nella Voragine.

[…] ricordi le parole di Gandalf: Persino Gollum potrebbe avere ancora qualcosa da fare? Se non fosse stato per lui, Sam, non avrei distrutto l’Anello. La Missione sarebbe stata vana, proprio alla fine. Quindi perdoniamolo! La Missione è compiuta, e tutto è passato. […]” (iv)

La pietà di Frodo lo ha salvato: aver risparmiato Gollum ha dato modo a Gollum stesso di compiere l’ultima sua parte nell’intera vicenda. Se Frodo non avesse riconosciuto in quell’essere i suoi stessi limiti e non ne avesse provato pietà risparmiandolo, ovvero se non lo avesse amato, la sua Missione sarebbe realmente fallita.

L’avvenimento che porta a compimento la Missione è totalmente inaspettato, avviene nel momento più disperato e ad opera della persona più impensabile: è l’eucatastrofe. Eucatastrofe che lascia realmente intravedere la possibilità di un disegno buono, di un progetto che opera tramite ognuno di noi, ma che contemporaneamente valica i nostri limiti.

Poi Ilúvatar parlò e disse: “Potenti sono gli Ainur, e potentissimo tra loro è Melkor, ma questo egli deve sapere, e con lui tutti gli Ainur, che io sono Ilúvatar, e le cose che avete cantate io le esibirò sì che voi vediate ciò che avete fatto. E tu, Melkor, t’avvedrai che nessun tema può essere eseguito, che non abbia la sua più remota fonte in me, e che nessuno può alterare la musica a mio dispetto. […] ” (v)

Nel Silmarillion infatti Dio stesso rivela che niente di ciò che accade è fuori del suo disegno, e anche il male di Melkor, che vorrebbe seguire una sua logica, che sembrerebbe confermare la discatastrofe finale, in realtà è contenuto, abbracciato, nel disegno buono di Dio.

[…] È difficile da spiegarsi, e non saprei essere più chiaro ed esplicito: Bilbo era destinato a trovare l’Anello, e non il suo creatore. In questo caso, anche tu eri destinato ad averlo, il che può essere un pensiero incoraggiante.” (vi)

Un destino buono per un Uomo sempre in bilico fra Bene e Male:

E il Cuore dell’Uomo
Che trema e che ondeggia fra essi, scegliendo e venendol
[scelto,
Valoroso, ignobile, oscuro e colmo di luce
Oscillando fra la Porta dell’Inferno e la Porta del Paradiso.

E le porte dell’Inferno non prevarranno.
Oscurità ora, poi
Luce. (vii)

L’Oscurità può anche sembrare prevalente ora, ma sarà la Luce a vincere, non bisogna temere perché la coscienza di questo disegno buono sull’Uomo, di essere destinati cioè non alla discatastrofe ma all’eucatastrofe, apreun nuovo orizzonte, così che anche quello che sembrava un male, una condanna, diventa occasione di felicità, perché vissuta già nel bene.

Raskòlnikov uscì dalla baracca e, sedutosi su alcune travi accatastate, si mise a contemplare il fiume largo e deserto. […] seduto sulle travi, teneva gli occhi fissi su quella lontana visione. Non pensava a nulla, ma nell’animo suo vibrava un’angoscia indefinibile, tormentosa. (viii)

Raskòlnikov ha confessato il suo delitto, è stato condannato a sette anni di lavori forzati in Siberia. A che pro vivere per il bene futuro se nel presente la sua prospettiva è tutto un castigo, un male?

A un tratto sentì la presenza di Sònja. Ella gli s’era avvicinata, silenziosamente, e s’era seduta a fianco a lui. (ix)

È ancora una volta Sònja a determinare il cambiamento: la coscienza del suo amore per lui fa nascere in Raskòlnikov stesso un grande amore per lei.

Nei suoi occhi brillò una felicità infinita; ormai non dubitava più dell’amore di lui; sentiva che quell’amore era immenso e che era giunto quel tale momento…

Volevano parlare, ma non poterono. Nei loro occhi luccicavano le lacrime. Erano tutt’e due pallidi e magri, ma in quei visi smunti e scolorati già splendeva l’aurora d’un avvenire rinnovellato, di una completa risurrezione per una nuova vita. Li aveva risuscitati l’amore, innumerevoli fonti vivificatrici erano nel cuore di Rodiòn [Raskòlnikov] per il cuore di Sònja

Si prefissero di aspettare e di avere pazienza. Avevano ancora sette anni di attesa; quanti intollerabili dolori, quanta felicità sconfinata promettevano quegli anni! Ma egli era risuscitato, e lo sapeva, lo sentiva in tutto il suo essere, e Sònja, Sònja ormai viveva della vita di lui! (x)

Quando tutto sembrava finito, decretato, stabilito, tutto cambia. Non solo il futuro, allora più promettente che mai, è bene, ma anche il presente lo è è perché vissuto con nella coscienza del bene cui si è destinati.

E che cos’erano poi tutte, tutte quelle pene del passato? Tutto, anche il suo delitto, anche la condanna e l’esilio gli sembravano ora, nella gioia del ritorno alla vita, un fatto esteriore, estraneo, un fatto accaduto ad un altro.

[…]

…ora comincia una nuova storia, […] una nuova realtà, fino allora completamente ignorata. (xi)

Si apre il nuovo orizzonte di speranza: il deserto è scomparso, è sconfitto. La fede di Sònja ha risollevato entrambe alla gioia.

Ma potrebbe ancora sorgere l’obiezione di star vivendo una speranza che verrà troncata dalla morte: quale limite più grande, più invalicabile di questo?

Ebbene, è in appendice a Il Signore degli Anelli, nell’ultimo dialogo fra Arwen e Aragorn (xii) svoltosi prima della morte di lui che troviamo la risposta a quest’ultima comprensibilissima e umana riserva:

[…] se questo [la morte] è, in verità, il dono dell’Uno agli Uomini, è assai amaro da ricevere”.

“Così sembra”, egli disse. “Ma non lasciamoci sopraffare dalla prova finale, noi che anticamente rinunciammo all’Ombra e all’Anello. In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione. Guarda! Non siamo vincolati per sempre a ciò che si trova entro i confini del mondo, e al di là di essi vi è più dei ricordi. Addio!”. (xiii)

 

Note

(i) J.R.R. Tolkien, Lo hobbit - o la Riconquista del Tesoro –pag. 321(ed. Adelphi)

(ii) Eucatastrofe è una parola composta dalle parole greche eu- bene e catastrofe soluzione.

(iii) J.R.R. Tolkien, Albero e Foglia - Sulle Fiabe – pagg. 91-92 (ed. Bompiani)

(iv) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re – pag. 1131 (ed. Rusconi)

(v) J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion - Ainulindalë – pagg. 13-14 (ed. Bompiani)

(vi) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell’Anello – pagg. 89-90 (ed. Rusconi)

(vii) T.S. Eliot, La Roccia - Un libro di parole –pag. 115(Biblioteca di via Senato ed. Milano)

(viii) F.M. Dostoevskij, Delitto e castigo – pagg. 640-641 (ed. Famiglia Cristiana)

(ix) F.M. Dostoevskij, Delitto e castigo – pag. 641 (ed. Famiglia Cristiana)

(x) F.M. Dostoevskij, Delitto e castigo – pagg. 641-642 (ed. Famiglia Cristiana)

(xi) F.M. Dostoevskij, Delitto e castigo – pagg. 642-643 (ed. Famiglia Cristiana)

(xii) Arwen, principessa elica di alto lignaggio, andò in sposa ad Aragorn, principe discendente degli antichi Re e componente della Compagnia dell’Anello. In seguito alla distruzione dell’Anello Aragorn poté rivendicare il trono del regno di Gondor, riportando in seguito il reame alle antiche glorie.

(xiii) J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli - Appendice A – pag. 1268 (ed. Rusconi)

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